Nella vicenda dell’Ilva di Taranto, sequestrata dalla magistratura, non si ricada nell’errore di separare la questione ambientale dalla questione occupazionale, pensando che le soluzioni possano essere disgiunte. Lo chiede il Wwf Italia, che auspica che si possa stringere un patto di ferro che da una parte diminuisca l’inquinamento e parallelamente porti avanti la riconversione industriale. “La ‘condanna’ dell’Ilva – aggiunge il Wwf – si chiama morte perché a questo sono destinati quelli che sono continuamente esposti a carichi inquinanti verso i quali ci sono stati interventi tardivi e non ancora sufficientemente efficaci. La magistratura, venti anni dopo l’inizio del caso, ha attuato un atto dovuto dopo lunghissime indagini e perizie. Certamente tutto ciò doveva arrivare ben prima, visto che l’area industriale dell`Ilva è stata dichiarata prima sito a alto rischio ambientale e poi sito di bonifica di interesse nazionale senza che, prima di tutto la proprietà, avviasse un processo di risanamento e riconversione industriale”. Secondo l’associazione ambientalista, il “ricatto occupazionale per troppi anni ha avuto la meglio sull’impatto ambientale che è ricaduto sulla città”. Meglio sarebbe stato se l’autorizzazione unica ambientale rilasciata congiuntamente da molti enti, tra cui il ministero dell’Ambiente e la Regione Puglia, “fosse stata data chiedendo in via preventiva interventi di riduzione degli impatti”. “Oggi la strada si fa più difficile e – ammette il Wwf – inevitabilmente occorre oggi garantire l’aspetto sociale e quindi l’occupazione purché si abbia l’assoluta certezza che sin da subito si pongano in essere procedure e misure per diminuire emissioni e carichi inquinanti, purché si riprenda con forza il tema della riconversione dello stabilimento che in assenza di alternative ha purtroppo il destino segnato nell’ambito di un mercato globale”. |