Nel ragionare sui numeri del fenomeno voucher va considerato un altro profilo della faccenda: ti pago due voucher e il resto delle ore in contanti al nero oppure anche meno. Alla luce di questo fenomeno i numeri dovrebbero essere ben superiori a quelli sui quali si ragiona.
I voucher sono nati come mezzi di pagamento atteso che le tariffe dovevano essere quelle dei contratti di lavoro; poi si è passati cominciando con accordi in agricoltura alla misura un’ora=un voucher; adesso non è più scontato che un’ora di lavoro vale un voucher.
La nostra associazione, che rappresenta famiglie datori di lavoro di colf, badanti e baby sitter, nel gennaio del 2015 mette a punto un documento dal seguente titolo: RAGIONAMENTI INTORNO AL SISTEMA NORMATIVO (Contratti e Leggi) RELATIVO AL RAPPORTO DI LAVORO DOMESTICO. Tra le proposte al primo punto la seguente:
“Paga oraria conglobata. Nei casi di Colf a ore è molto diffusa l’abitudine al patto non scritto della paga oraria conglobata. Questa soluzione genera una vertenza a fine rapporto nella quale il lavoratore chiede e ottiene il pagamento delle voci differite della retribuzione (tredicesima, ferie, festività, Tfr) calcolate sulla paga oraria che si era convenuto essere omnicomprensiva.
E’ ragionevole prevedere in contratto la paga oraria conglobata se risultante da atto scritto e sulla base di minimi previsti dallo stesso contratto nazionale.
Si potrebbe anche promuovere un sistema di voucher dedicati a questo settore sulla base di valori equivalenti alle tariffe contrattuali e relativi contributi.”
Ci si riferiva alla esperienza francese che adesso è molto discussa ed è vero che ha dato buona prova.
Quello dei servizi alla famiglia è un mercato enorme fatto soprattutto di donne, prevalentemente immigrate e con quantità di sommerso prossime alla metà del fenomeno complessivo: dai dati Inps risultano assicurate nel 2015 886.125 persone delle quali straniere il 75,86%, femmine l’87,78%. Stima Censis sul nero nel 2014 876mila soggetti.
Adesso qualche parola in più, ma il solito scarso impegno da tutti i soggetti che dovrebbero metterci mano (partiti, sindacati, istituzioni, ecc.). Sembra che il lavoro nero in questo mondo non sia considerato una patologia, ma una medicina: se le famiglie si arrangiano con il lavoro nero della badante va bene così.
Nell’anno passato ci siamo cimentati nel tentativo di portare a norma (anche alla luce del job act) uno spicchio di questo mondo regolamentando con accordo nazionale i co.co.co. per una qualifica definita “operatore di aiuto”. Interviene soprattutto nelle emergenze difficilmente programmabili quali per esempio ricoveri ospedalieri o dimissioni da un ospedale di persone che non se la cavano da sé. E’ una attività promossa spesso da imprese cooperative o agenzie anche organizzate in reti di franchising. La possono promuovere anche amministratori di condominio.
Tale soluzione funziona con soddisfazione dei lavoratori, delle imprese e delle famiglie che trovano risposta con regolarità a situazioni che le mettono in grandi difficoltà.
Quindi vuol dire che ragionando sui problemi senza eccessi di furbizie e assumendosi responsabilità si può progredire anche nelle situazioni più difficili e problematiche.
Aldo Amoretti