Solo nel primo giorno di sciopero 100mila lavoratori degli stabilimenti della Volkswagen hanno incrociato le braccia. La lotta dal potente sindacato dei metalmeccanici tedeschi, l’IG Metall, sarà una delle più dure, come hanno annunciato. La crisi che sta vivendo il marchio tedesco, spiegano dal sindacato, dipende prima di tutto da valutazioni sbagliate da parte del Consiglio di amministrazione, al quale si somma una situazione politica fragile e le conseguenze della guerra in Ucraina.
Qual è la situazione negli stabilimenti Volkswagen e cosa volete ottenere con la vostra mobilitazione?
La Volkswagen ha messo in pericolo la sicurezza del lavoro e il futuro dei suoi stabilimenti rescindendo i contratti collettivi. L’azienda prevede di licenziare migliaia di dipendenti e di chiudere definitivamente tre siti. I lavoratori hanno reagito a queste azioni. Solo nel primo giorno hanno scioperato 100mila lavoratori. Abbiamo presentato un piano che garantisce, per il futuro, posti di lavoro in tutti gli stabilimenti senza licenziamenti di massa. La Volskwagen si sta opponendo a questa proposta. Per questo motivo con gli scioperi proviamo a esercitare della pressione.
Quali sono le performance dell’azienda?
La Volskwagen deve concentrarsi sulla vendita di più automobili. Non bisogna però dimenticare che l’azienda continua a realizzare profitti miliardari e anche il marchio principale è in attivo. Inoltre, i 4,5 miliardi di euro di dividendi affluiscono principalmente alle famiglie Porsche e Piëch. Tra il 2021 e il 2023 Volskwagen ha distribuito ai suoi azionisti circa 22 miliardi di euro. Dov’è il contributo del Consiglio di amministrazione e degli azionisti? Il peso degli investimenti non deve ricadere solo sulle spalle dei lavoratori. Ma, contemporaneamente, la Volkswagen deve investire nel suo futuro: in buoni prodotti, processi di produzione moderni e software. Ciò richiede notevoli sforzi interni. La situazione attuale non deriva da errori commessi dai dipendenti ma da valutazioni e decisioni errate da parte del Cda.
Quali ripercussioni potrebbe avere la situazione Volkswagen sul resto dell’industria automobilistica tedesca?
Quando la Volkswagen tossisce, intere regioni si ammalano di polmonite. Dallo snack bar all’artigiano fino al commercio al dettaglio. Interi settori dipendono in modo significativo, direttamente o indirettamente, dall’industria automobilistica in generale e dalla Volkswagen in particolare. La lotta per i posti di lavoro alla Volkswagen è quindi anche una lotta per i nostri distretti e le nostre regioni. Per non parlare dell’impatto immediato sull’industria dei fornitori.
La crisi della Volkswagen segna la fine di un modello industriale?
Ci sono, ovviamente, riforme urgenti che devono essere avviate in Germania. Ma i problemi della Volskwagen nascono da una cattiva gestione. Non è colpa dei dipendenti se l’azienda non è entrata nella partita della mobilità elettrica, o nel considerare l’ibrido una tecnologia di nicchia, ma il Cda. Non sono stati i dipendenti a mancare l’ingresso nella mobilità elettrica o a considerare la tecnologia ibrida una nicchia, ma il consiglio d’amministrazione. I dipendenti non sono responsabili dello scandalo diesel con le sue conseguenze sull’immagine e anche sulle conseguenze finanziarie, ma il consiglio. Il modello di business tedesco ha sempre putato su ciò che è migliore, non più economico. Ed è abbastanza significativo che i dirigenti più pagati del paese non abbiano idee più creative di tagli netti ai posti di lavoro per riportare la Volkswagen sulla strada vincente.
Che peso sta avendo l’instabilità politica nella crisi della Volkswagen?
È chiaro che l’attuale situazione politica non è vantaggiosa. Allo stesso tempo la stagnazione politica ha già portato a condizioni difficili in passato. Da un lato con il cancellierato di Angela Merkel ha lasciato investimenti arretrati, dall’altro i partner della coalizione del governo a semaforo hanno più discusso che portato avanti le riforme necessarie. Dobbiamo fare tutto il possibile per garantire che la Germania rimanga un paese industriale. Ciò richiede degli investimenti. Il mantenimento del pareggio di bilancio, noto in Germania come lo “zero nero”, è mortale in questo contesto. Dobbiamo investire massicciamente nelle infrastrutture, nell’istruzione, nella digitalizzazione e nelle energie rinnovabili.
Quanto ha influito e incide tuttora la guerra in Ucraina sul settore automobilistico?
La guerra di aggressione di Putin contro l’Ucraina ha cambiato molte cose. Le difficoltà dell’economia tedesca sono legate, in larga parte, alla dipendenza energetica dalla Russia. Inizialmente sono state le aziende che producevano in Ucraina ad essere colpite. Ma poi l’intera catena del valore ne ha risentito. Questo a causa dell’aumento dell’energia e dei materiali. Problemi che però non toccano unicamente Volkswagen. L’alta inflazione ha poi ridotto il potere di acquisto dei consumatori.
Quale futuro attende la Volkswagen e l’industria automobilistica tedesca?
La Volkswagen continua a costruire le migliori auto del mondo e per questo ha bisogno della forza lavoro migliore al mondo. I nuovi modelli, come l’ID7 e l’ID7 Tourer, sono veicoli fantastici che stanno vincendo premi internazionali. La forza di un’azienda non si misura dal prezzo delle sue azioni, ma dal modo in cui tratta i suoi dipendenti. Non sono stati i dati del mercato azionario a rendere grande la Volkswagen: è stato il sudore dei dipendenti. Un’azienda senza dipendenti è solo un guscio vuoto. Sono le persone che danno vita alla Volkswagen. Le idee, il coraggio, la passione necessarie non solo per costruire automobili ma per dare forma al futuro. Sono sempre state le persone a rendere grande la Volkswagen. E saranno sempre le persone a far battere il cuore di questa azienda, indipendentemente da chi siano, da dove vengano o come vivano. I Consigli di amministrazione vanno e vengono, la forza lavoro resta. Le scelte intelligenti da parte dei Cda e condizioni politiche che preservano l’anima industriale della Germania possono essere il giusto mix per guardare con ottimismo al futuro.
Tommaso Nutarelli