L’orgoglio Bankitalia emerge all’improvviso, a metà circa delle considerazioni finali. Ignazio Visco alza gli occhi dalle pagine che sta leggendo, fissa la platea (in prima fila, ad ascoltarlo, c’e’ anche Mario Draghi, seduto accanto a Mario Monti) e avverte: ‘’faro’ qualche considerazione meno istituzionale’’. Poi, a braccio, fuori testo, il governatore scandisce: “La Banca d’Italia in questi anni è stata criticata, a volte con modi anche aspri, ci hanno accusato, sulle crisi bancarie, di non aver capito cosa stesse accadendo, di essere intervenuti tardi. Non sta a me giudicare: ma posso assicurarvi che l’impegno del direttorio è stato massimo”.
No, non e’ stata con le mani in mano, Bankitalia; non e’ rimasta a guardare, ne’ tantomeno ha fatto finta di non vedere. Anzi. “Abbiamo irrogato sanzioni nella misura massima prevista dall’ordinamento. Nei casi di mala gestio le ipotesi di reato sono state segnalate all’autorità’ giudiziaria con tempestività, avviando la collaborazione con la magistratura già nel corso degli accertamenti ispettivi”. Inoltre, “la crisi ha colpito soprattutto quelle banche che, anche a causa di carenze negli assetti di governo societario e di comportamenti imprudenti, a volte illeciti, nell’erogazione del credito, la avevano affrontata già deboli”. È il caso, ricorda, delle “quattro banche poste in risoluzione alla fine del 2015 e dei gruppi per i quali sono attualmente in corso interventi di rafforzamento patrimoniale”.
E se le cose non sono andate come dovevano, le responsabilità sono diffuse. Nelle parole del governatore, infatti, ce n’e’ per tutti: per i politici privi di competenza economica e finanziaria, come del resto buona parte della popolazione; per le istituzioni europee e le lentezze farraginose di certe burocrazie; per le stesse regole Ue, non sempre adeguate; e per banchieri, colpevoli di gestioni disinvolte. Perché la crisi delle banche, sottolinea Visco, e’ certamente legata alla crisi economica, ma non solo: spesso hanno pesato anche i comportamenti illeciti all’interno delle banche stesse.
Per questo, afferma Visco, “Oggi più che mai è importante partire da una valutazione delle persone che guidano le banche”, specialmente “quando si consolidano posizioni di dominio assoluto”, perché a quel punto “aumenta il rischio che si sfrutti la propria intoccabilita’ per abusi e favoritismi: e questo può portare, in un arco di tempo piuttosto breve, a situazioni di dissesto”. Pero’ resta che da meno di due anni Bankitalia può rimuovere i singoli manager: prima esisteva solo la destituzione dell’intero Cda, strumento drastico e non privo di conseguenze, a cui ricorrere con cautela. Ora, finalmente, “se ci si accorgerà che gli azionisti ritardano a prendere i provvedimenti necessari, si interverrà”.
E tuttavia, prosegue a braccio il governatore, resta che “i casi di cattiva gestione, se non di vero e proprio malaffare si ripetono purtroppo con una certa regolarità, indipendentemente da chi sta al governo”. Segue elenco puntuale di grandi crisi del passato: “Negli anni 70 abbiamo avuto Italcasse, Sindona, il Banco Ambrosiano. Poi a ridosso del processo di privatizzazione, negli anni 90, il Banco di Napoli, il Banco di Sicilia, Sicilcassa”. Crisi, scandali, al cui confronto quelli attuali sono quasi scherzi. E tuttavia, ieri come oggi, “occorrono strumenti per minimizzarne gli effetti”, che possono essere “particolarmente gravi, soprattutto dopo una doppia recessione, quando l’andamento dell’economia aggrava gli errori strategici e le gestioni non attente o disinvolte, come e’ accaduto nei casi che abbiamo visto in questi anni”.
Ma ci sono, questi strumenti? In parte si, in parte no. “Da noi, rispetto al passato, le leve della Vigilanza per affrontare le crisi oggi sono meno efficaci- spiega Visco-: l’utilizzo dei fondi pubblici è limitato a pochi casi eccezionali e persino l’intervento del Fondo di tutela dei depositi è considerato un improprio aiuto di Stato”. Il fatto e’ che “tra stabilità ed efficienza, inclusa la minimizzazione, che va ricercata, dell’intervento pubblico a fini di tutela della concorrenza, le norme ormai privilegiano quest’ultima”, ha sottolineato il Governatore.
E ancora: la gestione delle banche in crisi, dice il Governatore, “richiede tempi rapidi e stretta cooperazione tra i soggetto coinvolti. Sono queste le modalità che in passato hanno consentito in Italia di superare fasi di tensione, anche gravi, senza danni per i risparmiatori e per il sistema creditizio nel suo complesso”. Le cose nell’Unione europea, però, vanno diversamente: “gli interventi in caso di crisi sono affidati a una molteplicità di autorità e istituzioni, nazionali e sovranazionali, tra loro indipendenti, con processi decisionali poco compatibili con la rapidità degli interventi. Manca un efficace azione di coordinamento”.
Con il passaggio alla vigilanza europea e il recepimento delle norme europee sulle modalità di risoluzione delle banche, sottolinea Visco, “ il mondo è cambiato. Sarebbero stati necessari più gradualismo e la non retroattività di alcune novità normative. Invece, non abbiamo ottenuto né l’uno né l’altra”.
Pesa, anche, l’ignoranza, per dirla in breve: “non solo non vi è stata piena consapevolezza, a livello politico, nei media, da parte della clientela, della trasformazione in atto, ma anche e soprattutto abbiamo visto che, anche al momento della vendita al dettaglio, ben prima che si parlasse dei rischi di risoluzione, la comprensione del rischio connesso con obbligazioni subordinate, la cui offerta era del tutto legittima e prevista dalle regole internazionali sul capitale delle banche, era già molto bassa. Per non parlare di quella connessa con i rischi in capo alle azioni così capillarmente diffuse tra i soci delle banche popolari” ha sottolineato il Governatore. Colpa, questa, della generalizzata disinformazione sui temi economici e finanziari sulla quale Visco da tempo lancia motivatissimi allarmi. E a proposito di scarsa ed errata informazione, il governatore ne approfitta per precisare anche il reale livello di ‘’disastro’’ delle nostre banche, ovvero i Npl, i crediti deteriorati, non sono un abisso da oltre miliardi, come vuole la vulgata comune, ma pressappoco la meta’ ovvero 173 miliardi. Anche questo per colpa dell’ignoranza, di chi non distingue ‘’il lordo dal netto’’, chiosa Visco.
Per la precisione: “Tre quarti delle sofferenze nette sono detenute da banche le cui condizioni finanziarie non impongono di cederle direttamente sul mercato. Quelle che fanno capo a intermediari che stanno attraversando situazioni di difficoltà e possono trovarsi nella necessità di disfarsene rapidamente ammontano a circa 20 miliardi. Dei 173 miliardi di crediti deteriorati netti, 81 miliardi, il 4,4 percento dei prestiti totali, riguardano crediti in sofferenza, a fronte dei quali le banche detengono garanzie reali per oltre 90 miliardi e personali per quasi 40”. Insomma: il mondo del credito nazionale alla fine non e’ esattamente una barca che affonda, come spesso, invece, viene descritto.