Un video che ritrae medici e infermieri asserragliati dentro una stanza per sfuggire alla rabbia dei familiari di una paziente deceduta al Policlinico di Foggia. È solo uno degli ultimi episodi di cronaca che raccontano di aggressioni, pestaggi e insulti al personale sanitario. Una goccia che ha fatto traboccare il vaso e che ha spinto le organizzazioni sindacali Anaao Assomed e Cimo Fesmed a proclamare lo stato di agitazione e indire una manifestazione unitaria che si terrà a Foggia lunedì 16 settembre.
“Maruggio, Taranto, Erchie, Foggia: sono solo gli ultimi episodi di violenze subite dai medici mentre svolgevano il loro lavoro, con una media di più di un caso a settimana”, spiegano Angelo Mita, segretario regionale di Anaao Assomed, e Arturo Oliva, segretario regionale di Cimo Fesmed. L’ultimo grave episodio di aggressione, avvenuto a Foggia, ha rappresentato l’apice di una continua escalation di violenze contro il personale sanitario, un fenomeno che cresce senza sosta. “Vertici e decisioni finora adottati si sono rivelati insufficienti a contrastare questa tendenza. Non possiamo più permetterci di perdere tempo”, hanno aggiunto i due sindacalisti, sottolineando la necessità dello stato di agitazione.
Il fenomeno delle aggressioni che si consuma dei nostri ospedali ha assunto numeri sempre più importanti. Nel 2023, secondo Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie (ONSEPS), le aggressioni sono state 16mila e hanno coinvolto 18mila operatori. Dati comunque sottostimati perché nel report dell’Osservatorio – previsto dalla legge 113/2020 e istituito a gennaio 2022 e costituito dal Ministero della Salute, Ministero dell’Interno, Ministero dell’Economia e Finanze e il Ministero del Lavoro, e coinvolge oltre 70 componenti tra sindacati, ordini professionali, Regioni, Inial, AGENAS e associazioni – non sono conteggiati gli episodi avvenuti in Sicilia, in buona parte del privato accreditato e nel terzo settore.
La professione più colpita è quella degli infermieri, seguita dai medici e dagli operatori socio-sanitari. Due terzi delle persone aggredite sono donne. Gli ambienti più rischiosi sono i pronto soccorso, le aree di degenza, i servizi psichiatrici e gli ambulatori. I principali aggressori sono i pazienti (69%) contro il 28% di parenti. Il 68% delle aggressioni è di tipo verbale, il 26% fisico e il 6% contro beni di proprietà. Per il report del 2023 è stato attivato, per la prima volta, un canale strutturale di monitoraggio che ci dà il dato nazionale relativo ad aggressioni non solo di tipo fisico ma anche verbale e contro la proprietà, diverso dai dati Inail che sono relativi unicamente agli infortuni generati dalle aggressioni. I dati provengono dai Centri Regionali del Rischio di tutte le Regioni e dai diversi ordini professionali.
Barbara Francavilla, segretaria nazionale della Fp-Cgil e membro della commissione che al ministero si occupa proprio delle aggressioni, puntualizza come “come questa realtà, molto sottostimata nei numeri, richiede diverse azioni per essere arginato. Bisogna intervenire sugli organici, sull’organizzazione del lavoro e anche in una maggiore informazione per l’utenza e per gli operatori. Nei pronto soccorso, ad esempio, si potrebbero disporre dei monitor per dire ai pazienti quante persone hanno davanti o i tempi attesa in base al codice di accesso. Allo stesso modo medici e infermieri devono essere molto più informati e consapevoli su determinate situazioni che possono diventare di rischio. Le aggressioni verbali – spiega – sono già un segnale che non deve essere sottovalutato. Il daspo non è di certo una decisone utile per la risoluzione del problema perché si impedisce a una persona di accedere alle cure, che è un diritto riconosciuto dalla Costituzione. Le leggi ci sono, anche molto severe, quindi devono essere applicate”.
“Lo straordinario – commenta – non è il modo giusto per aggredire i lunghi tempi della sanità. Ulteriore lavoro non può che innescare stanchezza, stress e bunrout. Dobbiamo ricordarci che, ad esempio, l’età media degli infermieri supera i 40 anni, e quindi gli stessi turni che si riuscivano a fare all’inizio della carriera dopo un po’ non sono più sostenibili. Anche sul piano contrattuale serve un cambio di passo. Molti contratti sono da rinnovare, quello della sanità privata è stato in vacanza contrattuale per ben 14 anni, manca il giusto riconoscimento economico e in molti non c’è neanche la possibilità di fare carriera. Se a questo si aggiunge il pericolo delle aggressioni è chiaro come nessuno voglia più lavorare negli ospedali”.
Per Ignazio Ganga, segretario confederale della Cisl e reggente della Cisl Medici nazionale, “la recente aggressione che ha coinvolto i medici del policlinico di Foggia conferma quanto la Cisl sostiene da tempo, ossia che esiste nel paese un importante e delicato problema di salute pubblica nazionale. In particolare è triste constare che la stessa Organizzazione Mondiale della sanità accanto ai rischi tradizionali per la salute del lavoratore e ai rischi psicosociali emergenti legati all’organizzazione del lavoro abbia dovuto associare il tema della violenza sul posto di lavoro. In occasione del confronto parlamentale sul DLgs 31/2024 che ha modificato il Codice Penale, la Cisl ha espresso la propria posizione favorevole in ordine all’inasprimento delle pene a carico degli aggressori”.
“Purtroppo – afferma Ganga – l’aumento della recrudescenza della violenza a carico di medici e di altri operatori sanitari attesta che, evidentemente, quanto previsto non basta ancora. Per la CISL e la Cisl Medici, alla luce della situazione determinatasi servono nuove e più cogenti azioni da intraprendere che dovranno trovare spazio nelle prossime misure da adottare a tutela dei sanitari come la previsione, nei piani sulla sicurezza aziendali, di una specifica valutazione del rischio aggressione, l’obbligatorietà della segnalazione alla Procura da parte dell’Azienda sanitaria, la costituzione di parte civile nei processi a carico degli aggressori delle Aziende, la previsione del danno all’immagine per l’Azienda e del danno esistenziale per il sanitario e per i casi più gravi o reiterati, benefici similari a quelli stabiliti per le donne vittime di violenza. Sono specifiche proposte – spiega il sindacalista cislino – che la Cisl e la Cisl Medici faranno alle Istituzioni competenti nei prossimi giorni ribadendo la necessità di una maggiore presa di coscienza di un fenomeno che ha ormai raggiunto nel Paese limiti non più sostenibili”
“La piaga delle aggressioni al personale sanitario è frutto di problemi strutturali. La carenza di personale, che causa tempi lunghi dentro gli ospedali, e le liste di attesa, spingono una parte dell’utenza a prendersela con chi si trovano davanti, medici e infermieri, non sapendo che questo disservizio non dipende certo da loro. Le aggressioni sono sempre da condannare, ma questa è la realtà dei fatti”. È questo il commento di Rita Longobardi, segretaria generale della Uil-Flp. “Il ricorso allo straordinario, – prosegue – come prevede il decreto liste di attesa, non è la soluzione ma un aggravare una situazione già molto complessa, perché si carica ulteriormente un personale già provato, con il rischio di innescare situazioni di stress e burnout”.
Per la sindacalista della Uil la strada da percorrere, per rendere anche nuovamente attrattivo lavorare nella sanità pubblica, è quella di “ridare dignità alla professione attraverso il contratto. Si sta aprendo una stagione di rinnovi – afferma Longobardi – non solo per sanità, e da lì dobbiamo partire, attraverso nuove assunzioni e incrementi retributivi. Si parla molto delle scarsità di risorse, e poi si fa ricorso ai gettonisti che hanno un costo molto più elevato di chi è assunto con contratto. E anche le 30mila assunzioni previste da Pnrr rischiano di restare lettera morta se ai bandi non si presenta nessuno. Chiediamo – conclude la numero uno della Uil-Flp – una maggiore attenzione da parte del governo alla sanità pubblica e un vero dialogo con i sindacati, e non incontri farsa nei quali si è già deciso tutto e ai quali partecipano sigle per nulla rappresentative”.
Tommaso Nutarelli