“Lavori come un uomo! Sei proprio cazzuta! Una ragazza carina come te che fa questo lavoro in
cantiere?! Questi indumenti non ti rendono giustizia. Non fanno vedere niente. Sei acida, non è che ti
manca con chi sfogarti? Dottoressa, come mai gli occhiali da sole? Hai cavalcato stanotte? Stellina,
potresti portarmi quel progetto?”. Frasi violente, denigratorie e sessiste raccolte ed interpretate in un
video dalle lavoratrici del settore delle costruzioni. Parole ripetute ogni giorno nei cantieri, negli uffici e
nelle fabbriche. In occasione della giornata del 25 novembre, la Fillea Cgil ha deciso di ‘denunciare’
con le voci e i volti delle lavoratrici.
Un progetto realizzato dal sindacato delle costruzioni con il patrocinio e la preziosa collaborazione
della Fondazione Una Nessuna e Centomila, grazie al supporto della presidente Giulia Minoli e
dell’attrice Michela Cescon presenti nel video. Operaie, restauratrici, archeologhe, ingegnere, architette,
impiegate. Tutte donne che troppo spesso vivono un disagio nel proprio posto di lavoro. “Insieme alla
Cgil tutta abbiamo cercato di far capire cosa può provare una donna quando riceve queste frasi e sta
svolgendo il proprio lavoro”, dice la segretaria nazionale Fillea Cgil Giulia Bartoli. “La nostra
organizzazione rappresenta i dipendenti e le dipendenti dell’edilizia, restauro legno, cemento, calce,
laterizi e lapidei. Sono oltre 90mila le donne che lavorano nel settore delle costruzioni, nelle fabbriche,
nei cantieri e negli uffici. Circa 70 mila hanno tra i 28 e 57 anni – precisa Bartoli – le espressioni misogine
che ogni giorno centinaia di donne ricevono nei cantieri e sul posto di lavoro rappresentano purtroppo una
consuetudine”.
“Una violenza che parte dal linguaggio, portatrice di disagio e umiliazione, è la manifestazione
concreta dell’esistenza di una cultura fondata e incentrata sul patriarcato. E’ evidente come il fenomeno
abbia raggiunto livelli inimmaginabili. Violenza tra le mura di casa, per strada, nei luoghi di lavoro.
Violenza fisica e verbale con minacce e allusioni sessuali pesanti. All’interno di un contesto lavorativo le
posizioni di superiorità economica e professionale, legittimano atteggiamenti certi dell’impunità.
Dobbiamo riuscire a contrastare questa divenuta ‘normale consuetudine’”. Come sindacato “registriamo
tra le donne un aumento significativo delle malattie professionali legate allo stress, un segnale da non
sottovalutare. Quindi dobbiamo supportare chi denuncia soprattutto nel luogo di lavoro, perchè ogni
sottovalutazione alimenta la violenza. L’accettazione aumenta il senso di giustificazione di comportamenti
mortificatori come semplici ‘complimenti indesiderati’. Non sono complimenti, sono violenza”.
Quindi “i comportamenti quali allusioni sessuali – conclude Bartoli – devono considerarsi a pieno titolo
delle molestie e come tali, in base alla direttiva 2002/73/CE, definiti dalla giurisprudenza ‘discriminazioni
fondate sul sesso’ che possono ledere la dignità, l’onore, la sicurezza e la reputazione dei colleghi.
Riteniamo e sosteniamo che taluni comportamenti debbano essere adeguatamente sanzionabili e
sanzionati”.