Dopo un percorso come minimo tormentato, e’ arrivato l’attesissimo si del tribunale di Milano al patteggiamento di Adriano Riva: 2 anni e 6 mesi di carcere per il crac dell’Ilva di Taranto. Il gup di Milano, Chiara Valori, questo pomeriggio ha ratificato l’accordo tra i legali dell’industriale e i Pm della procura milanese.
Adriano Riva, fratello del patron dell’Ilva Emilio (deceduto nel 2014) salda così il suo debito con la giustizia, dopo aver rinunciato alla prescrizione del reato di trasferimento fittizio dei beni che sarebbe scattata a fine maggio. Un patteggiamento reso possibile anche dalla decisione degli altri componenti della famiglia Riva di non opporsi al rientro in Italia degli 1,3 miliardi di euro sequestrati nel 2013 nell’ambito dell’inchiesta milanese sul crac dell’Ilva. L’accordo con i commissari straordinari risale al dicembre scorso, ma l’ultimo passaggio è arrivato soltanto questa mattina con la firma dello stesso Adriano Riva alla transazione della somma a favore dell’Ilva e con la sottoscrizione dell’atto di rinuncia a ogni pretesa sul denaro rimasto fino a oggi “congelato” in Svizzera, su un conto di una filiale Ubs di Zurigo.
Soldi che ora serviranno a rilanciare l’acciaieria tarantina, soprattutto sotto il profilo ambientale. La maggior parte della somma – circa 1,1 miliardi di euro – sarà convertito in obbligazioni da lanciare sul mercato. Il ricavato del bond sarà poi utilizzato per far ottenere l’Autorizzazione Integrata Ambientale all’acciaieria di Taranto, così come previsto dalla legge ribattezzata “salva Ilva”. Gli altri 230 milioni di euro saranno invece destinati alla gestione corrente del gruppo.