“Per noi lo sciopero non è un esercizio ginnico.” A parlare così è Marco Bentivogli, segretario generale della Fim-Cisl. E lo dice rivolgendosi a un piccolo gruppo di croniste delle principali agenzie di stampa. Siamo in Confindustria, a Roma, in una pausa dell’undicesimo incontro (settimo a delegazioni ristrette, sesto dedicato ai cosiddetti approfondimenti tematici) della trattativa, iniziata a novembre dell’anno scorso, per il contratto dei metalmeccanici.
Ricorrendo a un classico artificio retorico, la negazione affermativa, Bentivogli introduce nel suo eloquio la parola “sciopero” dicendo che cosa lo sciopero medesimo non è, non può essere, per la sua organizzazione. Ma, così facendo, usa quella parola che entra così ufficialmente a far parte del lessico della Fim-Cisl in questa strana vertenza contrattuale.
La prima notizia emersa oggi dalla trattativa è dunque questa: anche la Fim-Cisl, ovvero l’organizzazione di categoria che ha teso da tempo a caratterizzarsi come un sindacato certo non arrendevole, ma comunque non conflittualista, si vede ormai costretta a inserire il conflitto nel panorama delle scelte che dovranno essere probabilmente assunte per sbloccare un negoziato che, sin qui, è stato in larga misura insoddisfacente.
Come il Diario del lavoro ha già raccontato ai propri lettori, il primo dei leaders dei sindacati dei metalmeccanici a usare la parola sciopero è stato il segretario generale della Uilm, il pragmatico Rocco Palombella. Il quale, guidando l’organizzazione di categoria che è tradizionalmente la meno ideologica dei tre sindacati confederali, ha avuto meno problemi a esplicitare ciò che forse anche altri stavano pensando.
All’inizio di questa settimana, e cioè lunedì 7 marzo, la parola sciopero è poi tornata a far mostra di sé in un documento della Fiom. Infatti, al termine di una riunione svoltasi quel giorno a Roma, è stato approvato un dispositivo in cui si afferma che, considerando “necessario proseguire il confronto con la mobilitazione”, il Comitato centrale della Fiom “dà mandato alla Segreteria nazionale di verificare con Fim e Uilm le iniziative necessarie di coinvolgimento, discussione e mobilitazione con sciopero di tutta la Categoria”.
Una prosa involuta, si dirà. Ma va anche osservato che questo brano mostra l’attenzione posta dal gruppo dirigente della Fiom a evitare di dare l’impressione che il più radicale dei tre sindacati confederali voglia imporre agli altri il proprio punto di vista.
La seconda notizia di oggi sta nel fatto che, oltre alla parola sciopero, Bentivogli ha usato anche la parola “unità” e un’espressione impegnativa come “ricomposizione unitaria” in relazione ai rapporti della Fim (e, ci si immagina, della Uilm) con la Fiom. Rapporti che, a partire almeno dal 2009, sono stati caratterizzati da ripetute divisioni e scontri aperti.
“Una ricomposizione unitaria – ha detto infatti Bentivogli – può avvenire solo a precise condizioni. Primo, che il rispetto della diversità delle opinioni all’interno della categoria sia garantito ed esercitato non solo nelle riunioni di carattere nazionale, ma anche nei luoghi di lavoro. Secondo, che si costruisca un percorso per cui la mobilitazione non interrompa la trattativa.” “Se si vuole fare sul serio – ha poi precisato il leader della Fim – l’unità della categoria deve servire a fare il contratto e non a difendersi da Federmeccanica.”
Unità, sciopero, mobilitazione unitaria. Cosa ha spinto un sindacalista come Marco Bentivogli, tutto proteso, negli ultimi tempi, a esplorare le opportunità di quel futuro prossimo venturo che va sotto il nome di Industry 4.0, a rispolverare un lessico che, come lui stesso ha osservato, ricorda gli anni 70? Credo si possa rispondere parlando di delusione, e forse di una forte delusione, di fronte all’atteggiamento dilatorio palesato da Federmeccanica nel corso degli incontri che avrebbero dovuto essere dedicati a confronti costruttivi sui vari punti del negoziato.
Nella mattinata di questo undicesimo incontro, ad esempio, c’era all’ordine del giorno l’annosa questione della riforma del sistema di inquadramento professionale dei metalmeccanici, Un sistema che affonda le proprie radici nel contratto del 1973, Premesso che il rapporto fra la funzione del contratto nazionale e l’auspicata crescita del potere d’acquisto delle retribuzioni è il vero nodo fin qui del tutto irrisolto di questo negoziato, la tematica della riforma dell’inquadramento costituisce di per sé un terreno in cui sindacati e associazioni padronali potrebbero incontrarsi non solo per discutere di un tema contrattualmente affascinante, ma anche per vedere se non sia possibile passare di lì per determinare, attraverso il contratto, dei percorsi condivisi di crescita dei salari nominali.
Ma il minimo che si possa dire è che, secondo i sindacati, Federmeccanica non ha colto questa opportunità. Infatti, da un lato ha dichiarato che la riforma del sistema di inquadramento deve essere realizzata a costo 0 per le imprese. Dall’altro, ha proposto l’istituzione di una commissione ad hoc che lavori in modo tale e con tempi tali da far sì che il nuovo sistema possa produrre i suoi effetti a partire dal prossimo contratto. E cioè non da questo che andrebbe rinnovato nel 2016, ma da quello successivo. Una proposta che non è piaciuta ai sindacalisti più anziani, memori del fatto che un’analoga decisione era stata assunta in sede di rinnovo del contratto firmato agli inizi del 2008, ma è poi rimasta lettera morta.
Come si svilupperà dunque questa difficile vicenda contrattuale? Il prossimo appuntamento, fissato, sempre in Confindustria, per venerdì 11 marzo, sarà l’ultimo dedicato a un approfondimento tematico da svolgere a delegazioni ristrette. All’ordine del giorno, il tema più spinoso, lasciato, non per caso, in coda a questa fase del negoziato: quello, appunto, del salario. E, dato l’andamento dei precedenti incontri, è poco probabile che questa possa essere l’occasione di un avvicinamento fra le posizioni delle parti.
Dopo di che, le delegazioni di Fim, Fiom e Uilm, da una lato, e di Federmeccanica e Assistal dall’altro, torneranno a incontrarsi in plenaria martedì 15 marzo. In teoria, quando a fine gennaio fu stilato il calendario degli incontri tematici, questa avrebbe potuto essere la data a partire dalla quale sarebbe stato possibile passare a una fase più stringente del negoziato. Adesso, appare invece probabile che sarà l’occasione per misurare l’ampiezza delle distanze ancora non colmate.
A questo punto, ciò che viene ipotizzato a margine della trattativa è che i sindacati di categoria tornino a incontrarsi per fissare uno o più appuntamenti nazionali in cui riunire i delegati delle tre organizzazioni per lanciare la mobilitazione. Il che potrebbe portare a mettere in calendario prime iniziative di lotta nel mese di aprile. Ovvero, quando la Confindustria avrà ormai rinnovato il proprio vertice, superando la fase di incertezza determinata dall’elezione annunciata ma non ancora avvenuta del nuovo Presidente dell’associazione imprenditoriale.
E qui si torna a bomba. “Per noi lo sciopero non è un esercizio ginnico”, ha detto, come ormai sappiamo, Bentivogli. “Deve servire a trovare una soluzione. Dobbiamo essere noi a dire a Federmeccanica come si fa a fare questo contratto, indicando soluzioni adeguate.”
@_Fernando Liuzzi