Carlo Verdelli dedicava grande attenzione alle Sardine, i giovani, non i pesci, ovviamente. In un bell’articolo aveva messo in guardia dal rischio che potessero scomparire nel gorgo dell’oblio. “Sono un ponte che chiede soltanto di essere attraversato”, scriveva, sollecitando il presidente del Consiglio ad ascoltare le loro istanze: “Se il Conte bis naviga ancora, è anche per quell’onda anomala e spontanea di partecipazione. Nata fuori dai partiti, dai circoli intellettuali, dai circuiti tradizionali della creazione di consenso. Sprecarne l’energia, scansandosi per evitarla ora che non serve più, non aiuterà né questo governo né la buona politica a recuperare terreno nei confronti di un Paese sempre più tentato da altre sirene”. Era il 5 febbraio.
Poi è arrivato il Coronavirus, attore unico sulla scena dell’informazione. I bollettini della protezione civile, la conta dei morti e dei malati, le autocertificazioni, le libertà negate, la paura del contagio, i pareri dei virologi, le nere previsioni economiche, i decreti emanati da palazzo Chigi: per oltre tre mesi non si è parlato d’altro.
E non è finita. Tra le difficoltà della ripartenza e il timore di una nuova ondata, l’attenzione resta concentrata sul Covid 19 e i suoi effetti. Si moltiplicano analisi e previsioni, il futuro appare incerto. La mascherina e la distanza sociale appannano il ritorno alla normalità. Una sorta di purgatorio, nel quale l’incubo dell’inferno prevale sul sogno del paradiso. Non si sa per quanto tempo andremo avanti così, in un un’incertezza esistenziale che sta modificando gli individui e la società. In meglio o in peggio, si vedrà.
Intanto, la nuova proprietà di Repubblica, riconducibile alla ex Fiat, ha cacciato Carlo Verdelli, sotto scorta per le minacce ricevute, il 23 aprile, lo stesso giorno indicato dai mascalzoni che volevano ucciderlo. Un uomo scomodo, evidentemente. Una pessima notizia per la libertà di informazione. Comprati e venduti, diceva Gianpaolo Pansa a proposito dei giornali. Brutta storia, che ha suscitato proteste e reazioni ma meno di quanto avrebbe dovuto. Sono durate lo spazio di un mattino anche le polemiche per il prestito di 6,3 miliardi concesso alla casa automobilistica che da Torino ha da tempo spostato la sede fiscale in Olanda.
Va bene, va bene così. Lo spettacolo deve andare avanti. Ma ecco che tra un titolo sulle divisioni dell’Unione Europea e un altro sulla tenuta dell’esecutivo, spunta l’annuncio che le Sardine, in crisi, dopo aver stilato un manifesto dei valori, si prenderanno una pausa di riflessione. Sono divise, incerte sulla direzione da prendere, nello stesso tempo tentate e spaventate dall’ipotesi di diventare forza politica organizzata, un nuovo partito. “Lasciamole nuotare ancora un po’ nel loro brodo, finché un tombino le risucchierà e la superficie del mare tornerà calma e placida come prima di quel 14 novembre, esordio a Bologna di 12 mila persone, strette strette l’una all’altra, con in mano dei cartoncini colorati a forma di pesce”, ironizzava con amarezza Verdelli nel suo editoriale.
Strano destino. Vite parallele, per dirla con Plutarco. Da una parte, un giornalista curioso e sensibile, che alle sorti del movimento, con profetica lucidità, ha dedicato una delle ultime analisi prima della Pandemia, ridotto al silenzio, almeno per il momento. Dall’altra, questi giovani, che dopo aver suscitato speranze e attese, risvegliando l’orgoglio del popolo di sinistra e facendo argine all’offensiva leghista in Emilia-Romagna, si sono avvitati su sé stessi.
È tutto molto triste.
Post scriptum: quando la rubirca era già pubblicata, abbiamo appreso che Carlo tornerà al Corriere della Sera come opinionista. Lo seguiremo con rinnovato interesse. Una nota positiva a mitigare il pessimismo del vostro guardiano, che nel faro spesso ospita Leopardi.
Marco Cianca