La 3sun, la nuova società con sede a Catania, che opera nello sviluppo del mercato delle fonti rinnovabili, frutto di una joint venture tra Enel Green Power, la giapponese Sharp e la STmicroeletronics, ha chiesto alle organizzazioni sindacali di adottare un regime di turnazione di 12 ore per i nuovi assunti nello stabilimento catanese, esportando così il modello produttivo giapponese.
Luca Vecchio, segretario regionale Ugl, cosa vi ha proposto esattamente l’azienda?
Bisogna premettere che da un anno chiediamo ai vertici della 3sun un incontro sulle 319 assunzioni che avverranno a giugno. Ieri finalmente si è tenuto il tavolo che però è stato disastroso in quanto l’azienda ha proposto per i neoassunti una turnazione di 12 ore per tre volte a settimana.
Perché siete contrari?
Perché una turnazione di 12 ore al giorno è massacrante e non ci sono altri esempi in Italia. L’azienda non ci ha dato alcuna motivazione sulla necessità di adottare il modello giapponese.
Inoltre nell’accordo sulla cessione di ramo d’azienda da cui è nata la 3sun era previsto che si rispettassero per i lavoratori i vecchi accordi di turnazione che prevedono 21 turni.
La 3sun non intende quindi rispettare i patti?
Lo vuol fare solamente per i cento lavoratori che già lavoravano nel sito industriale, ma non per i 319 che verranno assunti.
In Giappone però il modello funziona.
Sì, ma in Giappone l’azienda fornisce ai lavoratori la casa, la scuola e il welfare, costruendo dei villaggi per i dipendenti vicino ai siti industriali. Per altro lo stanno facendo pure a Catania, ma esclusivamente per i 200 lavoratori giapponesi che stanno montando gli impianti. Villaggi che l’azienda non ha assolutamente previsto però per i lavoratori italiani.
Quale è la vostra proposta?
Che si rispetti la turnazione di 21 ore. Comprendiamo le esigenze dell’azienda, ma siamo convinti che questa turnazione basterebbe a ottenere i target di produzione previsti.
Che vi ha risposto l’azienda?
Che molto probabilmente andrà avanti per la sua strada in modo unilaterale.
Che pensate di fare?
Indiremo scioperi e visto che si tratta di un’azienda che usufruisce di finanziamenti pubblici chiameremo in causa le istituzioni. Infine non escludo che si possa intraprendere la via giudiziaria.
Ma se l’azienda offrisse anche ai lavoratori italiani la casa, la scuola e il welfare su modello dei villaggi giapponesi cambiereste idea?
Se davvero l’azienda offrisse la casa e un sistema di welfare su modello giapponese si potrebbe aprire un confronto.
Luca Fortis