“Posto che chiudere la più grande acciaieria del nostro Paese non è ipotizzabile, sarebbe piuttosto opportuno disporre una commissione parlamentare di inchiesta per chiarire finalmente le responsabilità di chi in tutti questi anni ha permesso un simile deterioramento delle condizioni ambientali e di salute della zona senza fare nulla”.
Lo dichiara il segretario confederale dell’Ugl, Paolo Varesi, nel corso dell’audizione alla Commissione Lavoro del Senato sulla questione Ilva di Taranto, spiegando che “è giunto il momento di dotare il Paese di una politica industriale capace di far coincidere le esigenze di tutela dell’ambiente, dei lavoratori e della loro salute con le necessità delle imprese di una maggiore produzione e competitività”.
Per il sindacalista “in un mercato del lavoro che rimane ancora molto debole, vista l’inadeguatezza degli strumenti fin qui approntati per la creazione di nuova occupazione e per la crescita dell’economia nazionale, un decremento della produzione dello stabilimento e dell’intero indotto Ilva, come previsto dall’Aia, rischia non solo di incentivare il processo di desertificazione produttiva del Mezzogiorno, incrementandone la disoccupazione, ma anche di impattare direttamente sulle acciaierie di Novi Ligure, Genova e Racconigi che, non disponendo di impianti a caldo, dipendono direttamente dalla produzione tarantina, generando così un allarmante effetto cascata”.
“Oltre ad un maggiore sforzo da parte della proprietà, – conclude Varesi – occorre che le istituzioni si assumano la propria parte di responsabilità stanziando le risorse necessarie da un lato a supportare gli operai nei periodi di non lavoro, anche con ammortizzatori in deroga alle nuove regole, e dall’altro destinate alla bonifica dell’intera zona e alla riconversione del sito nell’interesse collettivo dell’Italia e dell’Europa, essendone l’Ilva la più grande acciaieria”. (LF)
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