L’italianismo è la variabile nostrana del sovranismo. Profondo reazionarismo, atavico particolarismo, ridicolo autoritarismo, storico infantilismo, rabbioso risentimento, beffardo cinismo. E protervo vittimismo. Lo spread è una congiura contro di noi. Vai a spiegare che l’uscita dall’euro sarebbe nefasta, che non è tanto il cambio accettato al tempo del governo Prodi ma l’assenza dei controlli del suo successore Berlusconi ad aver reso tutto più caro: ristoranti e negozi hanno semplicemente raddoppiato i prezzi come se il cambio fosse uno a uno (su cartellini e menu diecimila lire sono diventate dieci euro e non cinque come sarebbe stato obbligatorio) mentre i salari sono rimasti al loro livello, dimezzando in pratica il potere d’acquisto. Da qui bisognerebbe ripartire. E invece no. La moneta unica ci strangola, dicono sia coloro che sperano di poter di nuovo aumentare i propri guadagni, sia i lavoratori dipendenti e i pensionati che si illudono di averne un vantaggio senza rendersi conto di una nuova beffa causata dall’inevitabile inflazione. Malafede e ignoranza si fondono in una danza sull’orlo del baratro. Perché, alla fine, il collasso dei conti pubblici, con i titoli di stato invenduti anche se a tasso altissimo, inghiottirebbe tutti, ad eccezione dei mestatori che già gongolano di fronte ad un tale scenario.
Ma le parole non servono più. Il miraggio del ritorno ad una moneta nazionale non è un pensiero logico, ma una pulsione. La spinta a liberarsi da ogni vincolo, da ogni obbligo, da ogni dovere. A casa nostra facciamo come ci pare. Il lavaggio del cervello è completato. L’italianismo, fase suprema del berlusconismo. E ora lo stesso Cavaliere, come il dottor Victor Frankenstein, è spaventato dalla sua creatura. Sì, usciamo dall’euro. E spegniamo la luce. Al buio della riconquistata sovranità, guidati da un Capo che ci capisce e ci asseconda, rompiamo le catene. Per prima cosa ce la vediamo finalmente da soli con gli immigrati, i rom, gli omosessuali. Alla faccia dell’Europa! Le tasse? Restano un optional, arriva sempre un condono. Via ogni forma di buonismo, la difesa dei più deboli é l’alibi delle classi agiate, la generosità una forma di vigliaccheria. La vera libertà è girare armati. Basta vedere la prepotenza nel traffico per cogliere l’intolleranza che cova sotto la sottile patina di civiltà. Liberiamo la bestia che è in noi, almeno al volante. Via i posti riservati ai portatori di handicap, tanto si sa i loro permessi sono perlopiù falsi. Le strisce pedonali non devono rallentare la nostra corsa. Il semaforo rosso non rappresenta un ordine ma un consiglio.
E’ la controrivoluzione, bellezza. Altro che diritti civili! Alla fine anche il femminismo ha fatto il suo tempo e questo movimento #metoo si è trasformato in un’insana esagerazione. C’erano più sacri valori nel medioevo, assicurano i novelli benpensanti, che nella contestazione giovanile. La legge sull’aborto, come dimostra il caso di Verona, è sempre sotto attacco, presto toccherà anche a quella sul divorzio. E un referendum sulla reintroduzione della pena di morte avrebbe un esito quasi plebiscitario. Italianismo fa rima con oscurantismo. Poetava Yeats: ”I migliori hanno perso fiducia, e i peggiori sono pieni d’intensa passione”.
Marco Cianca