Le donne stentano a raggiungere le posizioni di vertice nel mondo del lavoro italiano: lo afferma l’Osservatorio europeo per le relazioni industriali (Eiro) in uno studio secondo il quale le donne italiane vivono dal punto di vista lavorativo “una delle situazioni peggiori in Europa”.
Le italiane – sottolinea la ricerca – soffrono di una presenza scarsissima, se paragonata a quella di altri paesi dell’Ue, nelle posizioni manageriali e gerarchicamente più elevate tanto nel settore pubblico che in quello privato. L’analisi dell’Eiro parte da alcuni dati rivelatori: nel 2000 il tasso di occupazione delle donne in Italia era al 37%, ma con una grande prevalenza di posizioni di lavoro atipiche, e il 26,3% delle donne italiane risultavano impiegate part-time, con contratti a durata determinata, impegnate in lavori da casa o utilizzate solo saltuariamente dai datori di lavoro. Dai dati registrati – sostengono gli esperti dell’Eiro – emerge anche che l’accesso a posizioni di responsabilità nelle imprese pubbliche e private italiane, e alle più alte posizioni accademiche e scientifiche, è riservato prevalentemente agli uomini. Nell’insieme il totale di manager donne nel settore privato raggiunge in Italia appena il 2%, quota che sale al 10% nella pubblica amministrazione, contro il 30% circa dei paesi del nord Europa, della Francia e della Germania. La percentuale di donne al potere varia a seconda dei settori: nelle piccole imprese ad esempio le manager sono il 7%, mentre nella grande industria la quota si riduce al 3%. Le variazioni più sensibili si registrano in campo giornalistico: la presenza femminile ai vertici della stampa quotidiana è appena al 4%, ma balza al 36% nei mensili e al 41% nei settimanali. Il settore in cui le donne contano di più è quello della pubblicità, con il 35% delle posizioni dirigenziali affidato a donne. Le cose non vanno meglio – stando allo studio dell’Eiro – nel settore della ricerca e della scienza: anche se le donne rappresentano il 55% dei laureati, la loro presenza nei dipartimenti di ricerca e alla guida di strutture importanti è limitata: in Italia solo il 6,8% di tutti i ricercatori è rappresentato da donne che raggiungono il livello più alto.
A sbarrare la strada alle donne nel mondo del lavoro sono secondo l’Eiro due fattori principali: il maggiore carico di impegni familiari, che riduce la loro possibilità rispetto agli uomini di essere costantemente presenti nell’ambito lavorativo, e la minore possibilità di inserirsi in gruppi di pressione e di lobbying (generalmente di impronta maschile) che hanno rilievo nell’assicurare la scalata professionale.
Le difficoltà professionali delle donne italiane trovano riscontro anche nei dati sulla disoccupazione pubblicati ieri da Eurostat: le ultime cifre disponibili per l’Italia, relative al gennaio 2001, mostrano un tasso di disoccupazione femminile pari al 13,5%, contro una media Ue del 10,1%. Ancor più preoccupante la situazione delle donne italiane al di sotto dei 25 anni, che registrano un tasso di disoccupazione del 32,7%, cioè quasi il doppio della media Ue attestata al 17,1%.