ITALIA fanalino di coda tra i paesi dell’Unione europea per crescita dei salari. È quanto emerge da uno studio pubblicato dall’Osservatorio europeo delle relazioni industriali. Se la crescita media dei salari nominali nei Quindici, più la Norvegia, è stata del 3% (era stata del 2,9 nel 1999), in Italia si è invece fermata al 1,9%. Bassa anche in Francia con l’1,6%. Al contrario, l’aumento più consistente, secondo i dati dell’Osservatorio, si è avuto in Irlanda con il 5,5%, in Lussemburgo con il 4,3% e in Portogallo con il 3,4%. Danimarca e Germania si sono invece fermate al 2,4%. Nel 1999 la crescita più sostenuta si era registrata in Grecia con un 4,1%, in Lussemburgo con il 3,8 e in Portogallo con il 3,7, mentre la più bassa ancora in Francia (1,6%), in Italia e Finlandia ciascuna con un 1,8%. Ma in termini di salari reali, secondo i dati dell’Osservatorio europeo delle relazioni industriali, la crescita media europea si ferma all’1,4% nel 1999 per diminuire fino allo 0,4 nel 2000. Ed anche in questo caso l’Italia registra un aumento molto contenuto (0,1%) nel 1999, mentre nel 2000 segna la maggiore diminuzione nei paesi dell’Ue con un meno 0,7%. In sei paesi dell’Unione europea, infatti, secondo i dati dell’Osservatorio, nel 2000 la crescita dei salari è stata completamente assorbita dall’inflazione: oltre che in Italia, anche in Spagna (-0,5%), in Danimarca (meno 0,3%) ma anche in Finlandia e in Francia (meno 0,2%) e in Belgio (meno 0,1%). Per quanto riguarda il salario reale nei Quindici la forbice indicata dall’Osservatorio per il 1999 è tra la crescita massima pari al 2,8% del Lussemburgo a quella più bassa dello 0,1% dell’Italia, mentre nel 2000 tra il 2,3 del Regno Unito e ancora l’Italia con una diminuzione dello 0,7%.
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