Ci siamo lasciati alle spalle il momento di euforia che è seguito alla riconferma del Presidente Mattarella al Quirinale e al conseguente risultato che il Presidente Draghi continuerà a svolgere il proprio lavoro a Palazzo Chigi ed ora penso sia giunto il momento di riflettere seriamente sul futuro del nostro Paese e su come allo stesso dare in prospettiva “stabilità e governabilità”.
La grande preoccupazione mia, e di gran parte degli italiani, è per quando nella primavera del 2023 ci troveremo a dover esprimere le nostre preferenze in sede elettorale: quale formazione politica scegliere e guidata da chi?
Certamente la vicenda delle elezioni del Presidente della Repubblica ci ha lasciato in eredità uno scenario politico disintegrato, con partiti guidati da leader appannati e incapaci di formulare una qualsiasi strategia ed ora occupati, dopo la vicenda del Quirinale, più a lanciarsi accuse che preoccupati del bene del Paese e dei cittadini.
Se vogliamo pensare ad un futuro Parlamento che riconquisti e svolga un vero ruolo, dobbiamo pretendere che il processo di cambiamento passi anche attraverso una vera riforma del sistema elettorale cosa che, se i politici lo volessero, nel tempo che ci separa da qui alle elezioni del 2023 potrebbe essere attuata.
Personalmente ho sempre guardato con più simpatia al sistema maggioritario per il quale, però, penso il nostro Paese non sia ancora maturo. Necessariamente quindi si dovrà pensare ad un sistema proporzionale diverso dall’attuale e che possa dare sufficienti garanzie di governabilità al Paese.
Non voglio entrare nei tecnicismi, non ne ho le competenze anche se nel lontano ’96, insieme ai Giovani Imprenditori di Confindustria, presentai con il Prof. Francesco Pizzetti (Professore Diritto Costituzionale Università di Torino) una proposta di legge di iniziativa popolare che, a Costituzione invariata, stabilizzava i due rami del Parlamento. Ora penso che solo a buon senso si possano suggerire alcune future linee guida.
Il primo obiettivo su cui porre l’attenzione è quello di cercare ancora di stabilizzare i due rami del Parlamento affinchè si possano ottenere maggioranze omogenee. Questo era proprio l’obiettivo del progetto che avevamo presentato nel lontano 1996 e che fu applaudito ma poi subito dimenticato forse perché non funzionale agli interessi di bottega della politica.
Il secondo obiettivo è fissare una vera soglia di sbarramento alle formazioni politiche per entrare nel Parlamento al fine di impedire tutti gli squallidi compromessi a cui, fino ad oggi, abbiamo assistito. A questo va aggiunta la chiara disfunzione creata dalle coalizioni preelettorali, coalizioni che si sono dimostrate troppo spesso di comodo e che alla fine, non reggendo nel tempo, hanno creato più danno che beneficio.
Infine per terzo, e questo è forse il passaggio più difficile perché probabilmente richiede di mettere mano alla Costituzione, impedire agli eletti di lasciare la formazione politica all’interno della quale sono stati nominati, se non lasciando l’incarico.
E’ indecente infatti che un cittadino che esprime una sua preferenza di voto a favore di una persona legata a un partito politico, la possa poi ritrovare in posizioni diverse e, come è spesso accaduto, anche contrastanti.
In realtà il voto del cittadino rappresenta un mandato fiduciario che attribuisce a qualcuno per perseguire ideali e progetti che condivide.
Se questa classe politica, malauguratamente eletta e che gli italiani certo non meritano, riuscisse a raggiungere questo obiettivo la potremmo definire “riscattata” perché sarebbe riuscita a sottoscrivere una polizza assicurativa sulla vita di questo Paese che si chiama “stabilità”.
So di avere espresso un grande sogno, un sogno che resterà probabilmente sepolto in un cassetto ma talvolta bisogna avere anche il coraggio di esprimere le proprie idee, mettendole nero su bianco.
Alessandro Riello