L’interesse avanzato da Unicredit nei confronti di Bpm sta animando il mondo del credito e quello della politica, con la maggioranza spaccata sull’operazione. Ne abbiamo parlato con Giuseppe Bilanzuoli, segretario nazionale della Uilca, il sindacato del credito della Uil
Qual è la vostra posizione sull’operazione Unicredit-Bpm?
Stiamo facendo diverse valutazioni sull’annuncio dell’Ops mossa su Banco Bpm da Unicredit. Come Uilca, come da sempre sostenuto, non abbiamo a priori preclusioni su possibili aggregazioni purché alla base vi siano solidi progetti industriali, con visione prospettica e lungimirante, che pongano al centro la continuità aziendale, la tutela dei livelli occupazionali, il benessere lavorativo delle persone e i servizi alla clientela. Serve una visione in grado di coniugare la vocazione propria d’impresa con il ruolo sociale che la banca è chiamata a svolgere a favore di territori, famiglie e imprese. Si tratta di un’operazione per la quale, se andrà in porto, occorrerà tempo, siamo ancora all’inizio. Detto ciò, le richieste che porteremo avanti, oltre appunto agli aspetti occupazionali e ai trattamenti economici e normativi per lavoratrici e lavoratori, sono chiare: attenzione al territorio, contenendo al minimo la chiusura di filiali e sportelli laddove dovessero esserci sovrapposizioni; centralità della banca, come attore sociale per sostenere famiglie e imprese e come presidio della legalità finanziaria. In merito a questi temi negli ultimi anni, con l’Amministratore delegato di Unicredit, Andrea Orcel, abbiamo ottenuto grandi soddisfazioni al tavolo negoziale: la banca ha da tempo interrotto la chiusura degli sportelli e grazie alle relazioni sindacali abbiamo investito sulla centralità delle filiali fisiche, sostenendole con numeri importanti di nuove assunzioni e di riqualificazioni professionali. Se l’operazione dovesse concretizzarsi, rivendicheremmo con fermezza il mantenimento di questa impostazione.
L’Ad di Bpm Castagna, in una lettera inviata agli azionisti, parla di 6mila esuberi. Secondo lei è un numero possibile?
È prematuro fare una stima degli esuberi, bisognerebbe prima avere contezza di quale sarà il perimetro della nuova azienda. Voglio però ricordare che come sindacato il nostro impegno è quello di bilanciare le uscite con le nuove entrate.
Al governo non piacciono le attenzioni di Unicredit verso Bpm. Perché?
Diciamo che in ballo ci sono molteplici interessi. È un’operazione che coinvolgerebbe più istituti bancari e paesi, penso alla percentuale che la francese Crèdit Agricole possiede all’interno di Banco Bpm. C’è poi da considerare che Banco Bpm ha di recente manifestato, con i fatti, un interesse per il Monte dei Paschi di Siena, ma probabilmente il mercato lo ha ritenuto troppo timido. Non ultimo, Unicredit sta giocando una partita aperta in Germania con Commerzbank. Come Uilca vogliamo evitare che sia un gioco finalizzato solo al risiko bancario: dentro ogni banca ci sono i lavoratori. Il nostro impegno come sindacato è tutelarne i diritti. Gli interessi, quindi, che l’esecutivo dovrebbe considerare sono davvero tanti e tutti importanti. Sarebbe molto utile se esercitasse pressioni non per ostacolarla ma per ottenere garanzie sociali, sia occupazionali che di presenza sui territori.
Un’operazione che sta creando non poche divisioni all’interno della maggioranza.
Non conosco gli eventuali e reali elementi di scontro nella maggioranza. Da quanto leggiamo sulla stampa si scontrano una visione liberista, consapevole che il mercato debba essere l’unico giudice, e quella di chi non vorrebbe perdere una banca amica. Quello che a noi interessa è che, se l’operazione dovesse concretizzarsi, l’intero governo, in maniera compatta e unitaria, lavori affinché abbia anche un importante valore sociale. È questo che riteniamo utile e necessario, per il paese e per i clienti.
Come giudica il possibile ricorso alla golden power da parte del governo?
Tecnicamente è un’opzione che potrebbe essere praticata. Noi, però, facciamo fatica a vedere un interesse nazionale leso da questa operazione. Quello che riteniamo importante è che l’Italia abbia un ruolo di primo piano all’interno delle logiche economiche e finanziarie europee e che il nostro sistema bancario svolga un ruolo centrale, considerando la solidità e la redditività che dimostra. Il sistema bancario è imprescindibile per lo sviluppo del paese, e date le sfide globali dei mercati sarebbe importante avere anche dei solidi player europei a trazione italiana. Unicredit sta lavorando in questa direzione e l’operazione è un’ulteriore conferma. Il Monte dei Paschi di Siena, grazie agli enormi sforzi e sacrifici fatti dai dipendenti in questi ultimi dieci anni, insieme all’ottima gestione dell’Amministratore delegato Luigi Lo Vaglio, si è ritagliato una posizione in cui ha recuperato redditività e non ha più necessità di aiuti pubblici. La volontà o meno di un percorso stand alone piuttosto che una aggregazione sarà valutata da azionisti e management. La nostra posizione sarà sempre la stessa: la validità del progetto industriale, unitamente agli aspetti di cui ho già parlato prima.
Ritiene che il contributo richiesto alle banche in finanziaria potesse essere maggiore?
Le banche hanno fatto enormi utili e su questi utili hanno pagato ogni centesimo dovuto. Si tratta di importi decisamente considerevoli ma, populisticamente, si preferisce attaccare le banche e continuare a lasciare evadere alcune categorie più amiche. Cosa ben diversa, così come propone la Uil, è chiedere contributi fiscali straordinari a chi in questi anni per l’appunto ha visto aumentare enormemente gli utili anche per cause esogene ai propri piani industriali ma per accadimenti straordinari, non riconducibili alla sola buona amministrazione delle aziende. La Uil, infatti, chiede un’operazione di questo tipo per diversi settori merceologici e non solo per le banche. Sono operazioni difficili da concretizzare, per le quali bisogna sapere scrivere bene le leggi, coinvolgere i soggetti interessati, trovare delle mediazioni e dei fini socialmente alti cui dedicare le risorse raccolte. Voglio ripetere un concetto: il populismo è certamente la strada più facile. Ma attenzione: può far aumentare i consensi elettorali per l’opposizione e produrre disastri per il governo. Siamo alla viglia di uno sciopero generale: è una iniziativa molto forte per chiedere al governo di iniziare a occuparsi delle tantissime persone che ogni giorno faticano sempre di più a vivere dignitosamente nel nostro paese.
Tommaso Nutarelli