In rete gira una foto di Vladimir Putin. La didascalia, con palese ammirazione, spiega che la sua conferenza stampa è durata appena 20 secondi: “I cittadini russi hanno due opzioni. Rimanere a casa per 15 giorni o in prigione per 5 anni. Il discorso è chiuso”. Sempre sui social, il “comandante Alfa”, il fondatore, ora in pensione, delle teste di cuoio dei carabinieri, ha lanciato un “grido di dolore”, sostenendo che siamo in guerra e i decreti fanno solo confusione e ci indeboliscono, “sono pallottole al sale quando metaforicamente servirebbero quelle vere”: “Schierate l’esercito, istituite il coprifuoco, chiudete i confini, i porti, sigillate il nostro paese all’Europa che ci ha lasciati soli e che ci ha presi in giro senza che nessuno dei nostri governanti ci abbia difeso”.
Un medico ha registrato e diffuso un video nel quale, citando il decreto del 31 gennaio che già allora stabiliva lo stato di emergenza, accusa esplicitamente il governo di essere “in gran parte responsabile di questi morti” e proclama che, passata la buriana e salvate più vite possibili, abbiamo il dovere di andare a Roma “a cercare il signor Conte”. Nei messaggi che rimbalzano da un telefonino all’altro, si mischiano disprezzo e rabbia per “le anime belle della demagogica pseudo-solidarietà”. Ecco un esempio, postato da un dottore di Torino, che nella volgare enfasi priapica si commenta da solo: “Dove cazzo stanno i medici senza frontiere che fino a un mese fa si imbarcavano sulle navi Ong per 10.000 euro al mese? Dove cazzo stanno i medici di Emergency? Dove cazzo sta il grande Gino Strada? Perché tutta ‘sta gente a Bergamo non l’hanno vista mentre i veri medici professionisti delle nostre forze armate non sono bastati e ci sono voluti altri 300 medici (volontari) spesso richiamati dalla pensione? Queste Ong da vent’anni ci chiedono soldi vantandosi di salvar vite in zone di guerra. Dove cazzo stanno adesso questi sedicenti eroi della medicina degli ospedali da campo nel terzo mondo? Risalite a bordo, cazzo!!!!!”.
Una deriva reazionaria e forcaiola che fa venire i brividi. Ce n’è anche per le sardine, accusate di essere scomparse invece di rimboccarsi le maniche e aiutare la baracca. I tagli della sanità vengono tutti attribuiti alla sinistra, Zingaretti in primis, dimenticando scandali e ruberie della destra vecchia e nuova. E l’evocazione di un discutibile sciopero generale è pretesto per rimettere alla gogna i sindacati. Se si fermano gli operai, che dovrebbero fare i medici e gli infermieri in prima linea?, è la replica di chi mischia diritti e doveri in un unico retorico viluppo.
Dai balconi si canta sempre di meno e si guarda in strada con sospettosa paura. La musica scende, il livore sale. Il governo ha fatto errori di comunicazione e la chiarezza delle scelte non ha brillato. La chiusura del Parlamento nei giorni cruciali è stato un gravissimo sbaglio. L’ultimo provvedimento, quasi 300 pagine, sembra materia riservata agli azzeccagarbugli, anche se ha il merito di riunire tutti i vari decreti e di arginare il protagonismo di sindaci e governatori. Il susseguirsi dei moduli di autocertificazione crea sconcerto. Gli annunci del presidente del consiglio, in tarda serata, alimentano l’allarmismo. La battuta ricorrente è che combattiamo il coronavirus mandandolo in confusione.
Sarebbe però ingiusto e ingeneroso parlare di improvvisazione, considerato che siamo in una situazione senza precedenti. E poi gli altri leader mondiali appaiono ancora più impreparati. L’attuale esecutivo fa quel che può. Era debole prima, è aggredibile adesso. Farlo vacillare, magari solo per lucrare qualche posizione, è da irresponsabili.
Unità nazionale, gabinetto di guerra, cabina di regia. Non sappiamo se sono soluzioni valide. Per combattere rabbia, incertezza, panico e malafede servono sincerità, trasparenza, umiltà, coraggio. Non è scontato che quando torneremo a riveder le stelle, il mondo sarà migliore. Potrebbe essere peggiorato.
Marco Cianca