Un’altra vittoria dell’Inca per il riconoscimento del visto di ingresso ad un giovane marocchino di vent’anni. Questa volta a chiudere la controversia è stato il Tribunale di Biella che, con un decreto ingiuntivo (emesso il primo luglio), ha ordinato il rilascio del visto di ingresso a favore di un marocchino al quale il Consolato Generale d’Italia ha negato la possibilità di ricongiungimento con il fratello, già con cittadinanza italiana.
Secondo il ministero degli esteri, che si è costituito in giudizio contro il ricorso presentato dal familiare del giovane marocchino, per autorizzare il ricongiungimento, il ricorrente avrebbe dovuto presentare una documentazione che attestasse la presa in carico del familiare, considerando non sufficiente l’istituto di diritto islamico della Kafala (basato su una dichiarazione giurata di dodici testimoni che dichiarano l’effettiva presa in carico di un soggetto da parte di un altro, sotto il profilo del suo materiale mantenimento ) a testimoniare la condizione di dipendenza economica e materiale del giovane marocchino al fratello.
L’amministrazione, che avrebbe dovuto provvedere al rilascio del visto di ingresso ha negato il titolo una prima volta nel 2009, quando l’attuale ventenne marocchino era minorenne, motivando il rifiuto sia con il fatto che a chiederlo non fosse stato uno dei due genitori esercitanti la patria potestà, ma un altro familiare; sia perché, a suo giudizio, l’istituto della Kafala è incompatibile con il diritto italiano; perciò, secondo il ministero degli esteri mancava il presupposto legislativo della adottabilità del minore, nonostante il ricorrente avesse effettivamente a carico il fratello minore. Ma il visto è stato negato una seconda volta, nel 2010, nonostante il giovane avesse raggiunto la maggiore età. Da qui il pronunciamento favorevole del Tribunale di Biella che, richiamando il rispetto dell’articolo 30 del Testo unico sull’immigrazione, ha ordinato all’autorità consolare
competente l’emissione del visto di ingresso per il fratello del ricorrente; sottolineando, peraltro, che “la lentezza complessiva dei procedimenti amministrativi che si sono succeduti (oltre due anni) e la rilevanza del diritto sotteso al ricorso, giustificano la declaratoria di immediata efficacia del provvedimento “.”Per l’ennesima volta – spiega Enrico Moroni, coordinatore degli uffici immigrazione dell’Inca – è dovuta intervenire la magistratura per ripristinare il rispetto delle legittime istanze dei lavoratori stranieri che contribuiscono in modo significativo alla crescita della ricchezza del nostro paese.
Dopo tante sentenze favorevoli ad una interpretazione estensiva dei diritti degli immigrati, sarebbe auspicabile una cambiamento radicale dell’orientamento, finora espresso da questo governo e dalla dai partiti che lo sostengono, per cambiare il quadro normativo del tutto incongruente rispetto alla domanda di tutela di tante lavoratrici e lavoratori stranieri”. (LF)
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