Sì, a Roma, di notte, si sente il ruggito dei leoni. Avevamo concluso così, due giorni fa, citando Carlo Levi, la dolente invocazione di una nuova coscienza civica. Siamo stati profeti di sventura. Il barbaro delitto di una clochard, vestita solo della propria disperazione, nei sottopassi di Porta Pia, conferma che non è più tempo di commiserevoli sospiri. A poco passi dai cunicoli infernali dove è esplosa la ferocia omicida, si staglia il monumento al Bersagliere. La breccia è lì, a ricordare la realizzazione dell’unità d’Italia. Ma la statua del prode soldato con le piume sul cappello non è potuta scendere dal piedistallo e correre in soccorso della poveretta. Lo squillo della gloriosa tromba è muto.
E allora lo ripetiamo, lo riscriviamo, a costo di sembrare stucchevoli: la Questione Romana, quella risorgimentale, che si studia sui libri di storia, non è stata ancora risolta. L’unità d’Italia è fatta ma la capitale avrebbe bisogno di un altro moto ideale che la scuota dalle fondamenta. Degrado, sporcizia, povertà, inquinamento, traffico, corruzione, criminalità, violenza, ignavia, prepotenza, paura, viltà, risentimento, egoismo, torpore intellettuale. Tutti i mali sembrano essersi addensati nella città eterna, sempre più simile alla biblica Babilonia.
La politica, ribadiamo anche queste parole, è solo l’epifenomeno di una tale decomposizione urbana e morale. Dopo lo strapotere democristiano ci sono stati sindaci post comunisti e post fascisti. E ora l’elfa Virginia Raggi. Le abbiamo provate tutte. Ma non è sul Campidoglio che vanno ricercate colpe e responsabilità. Il fallimento è dell’intera città, dai Parioli a Tor Bella Monaca. Riguarda tutti.
Avevamo ricordato, prima del delitto di Porta Pia, che proprio nei giorni scorsi la Caritas aveva denunciato con cifre e percentuali quel che è sotto gli occhi di tutti: l’aumento dei poveri, dei barboni, di chi vive sui marciapiedi, degli anziani abbandonati a se stessi. Un allarme inascoltato. Norma Maria Moreira da Silva, la vagabonda uccisa, era sola una dei tanti dannati della terra che trascinano la loro esistenza nei meandri di questo impietoso aggregato urbano. I nuovi miserabili, senza un Victor Hugo che li racconti e gli dia voce. Un humus sociale nel quale trova facile dominio la malvivenza. La città che nei sogni di Giuseppe Mazzini sarebbe dovuta diventare il Tempio dell’Umanità sembra ripiombata nel buio del Medioevo, tra masnadieri e mendicanti. E I bassifondi allargano i propri confini. Che deve ancora succedere perché le coscienze si risveglino? Perché non si riesce a suscitare una rivolta morale, un’indignazione delle menti e dei cuori? Un nuovo umanesimo è ancora possibile. Si fa buio. Ascoltate. I leoni ruggiscono.
Marco Cianca