La provocazione è stata lanciata da Tiziano Treu, presidente del Cnel e già ministro del Lavoro, ma, soprattutto, eminente giuslavorista, che a fronte del rifiuto della Cgil di proseguire lungo la strada della contrattazione, invocando una legge sulla materia, per definire la disciplina in azienda della presenza dei lavoratori nelle mense, a causa del Codiv-19, ha giustamente affermato “da anni le parti sociali, ora soprattutto i datori di lavoro, non riescono a fissare i criteri della rappresentatività per estirpare la piaga dei contratti pirata e rifiutano che sia la legge a farlo. Invece qui, in questo guaio tremendo della pandemia vogliono la legge su Green Pass”.
La risposta è semplice: i sindacati confederali non vogliono assumersi responsabilità nei confronti degli iscritti sul tema dell’obbligo vaccinale per accedere alle mense aziendali e chiedono una legge per deresponsabilizzarsi; non vogliono però una legge, nonostante che da 73 anni venga disattesa la previsione dell’art. 39 della Costituzione in materia, che definisca criteri certi per la rappresentanza e la rappresentatività sui luoghi di lavoro, eliminando le posizioni di privilegio per le tre centrali “storiche”.
Cgil, Cisl e Uil alle prese con una crescente burocratizzazione, sono ripiegate in un rapporto corporativistico semi-pubblicistico, imperniato sulla nozione di “sindacato comparativamente più rappresentativo” con le “storiche” associazione datoriali, in una sorta di cittadella chiusa, sempre più piccola e assediata da nuove forme di sindacalismo autonomo e di base e da organizzazioni datoriali espressive del nuovo sistema produttivo reticolare in profonda trasformazione, nell’ambito di un elevato pluralismo associativo che ha eroso consensi e rappresentatività, arginato a fatica dai vecchi paletti di un ordinamento intersindacale statico, che impedisce a chi ne è fuori di esercitare legittimamente diritti sindacali e funzioni di contrattazione collettiva.
Tema, quest’ultimo, che abbisogna ormai, senza remore, proprio di un intervento legislativo regolativo, rispettoso dei principi e delle previsioni dell’art. 39 della Costituzione, letti in chiave evolutiva secondo l’insegnamento del diritto vivente, per riscrivere e aggiornare relazioni industriali che mostrano evidenti segni di logoramento.
In attesa di una legge di attuazione della previsione costituzionale, su cui esistono importanti proposte di settori autorevoli della dottrina giuslavoristica e il consenso della Cgil, per garantire i principi di libertà e pluralismo sindacali violati, si può procedere con l’approvazione di una “Legge-stralcio”, di novella dell’art. 19 della legge n. 300/1970, modificando le rappresentanze sindacali aziendali, che in atto possono essere nominate solo dai sindacati che hanno partecipato alle trattative contrattuali (e la cui ammissione ai tavoli è decisa dalle controparti datoriali!), in rappresentanze sindacali unitarie, alla cui elezione, come nel pubblico impiego, tutti i sindacati possano liberamente concorrere, contendendosi sulla base di programmi il consenso dei lavoratori e garantendo così il diritto di voto.
Si comincerebbe così, a restituire, anche nel settore privato, la libertà sindacale ai lavoratori senza posizione precostituite, che hanno generato l’attuale oligopolio rappresentativo.
Maurizio Ballistreri Professore di Diritto del Lavoro nell’Università di Messina – Presidente dell’Istituto di Studi sul Lavoro