Il dito indice puntato in tono accusatorio, lo sguardo torvo e sospettoso, il timbro della voce cupo, aggressivo. E’ questa la posa plastica che Giorgia Meloni tende ad assumere con un certa frequenza. In Parlamento, quando si confronta con le opposizioni. Ma anche nei comizi ai suoi fratelli d’Italia, per metterli in guardia.
Una postura ben diversa da quella della Meloni internazionale. Li i sorrisi si sprecano. La comunicazione corporea è più rilassata. La premier sembra trovarsi più a suo agio. Oltre i confini nazionali non ci sono nemici pronti a pugnalarla alle spalle. Non c’è nessuno pronto a ricattarla. Il tutto cambia quando deve riferire alla stampa nostrana. Allora li sì, ritorna la Giorgia sospettosa.
Insomma rancore e vittimismo non vogliono abbandonare il principale partito di maggioranza. Come se non si sentissero parte del perimetro istituzionale. Come se alle stanze del potere preferissero un anonimo motel di provincia, anche se non esitano a occupare tutte le poltrone disponibili, in un furioso moto palingenetico e purificatore delle istituzioni.
L’idea stessa del ricatto, che la presidente del Consiglio tira in ballo con svizzera cadenza, presuppone un confronto politico inquinato, sporco, dove non può esserci un leale ma duro scontro. E poi ci sono i nemici. Reali o presunti, questi ultimi sono la maggioranza. La possibilità che nello scranno opposto ci sia un avversario politico e non un nemico non è presa in considerazione.
La costruzione di un nemico, anche se non reale, serve, molto spesso, a definire la propria identità, come ha scritto Umberto Eco. E ora che non sono più all’opposizione, devono comunque porre davanti al loro cammino dei simulacri da attaccare. Nemici che rotolano nel fango, perché impregnati di una sorta di peccato originale. Mentre la giustezza delle loro idee li fa volare alti. I nemici possono scagliarli addosso tutta la cattiveria di questo mondo, ma le loro anime ne usciranno, alla fine, pure e immacolate.
Nemici che sono anche nemici della nazione. Perché criticare questo governo, che pare incarni l’essenza più intima della nazione, vuol dire tradire la patria. Ovviamente non li tocca minimamente il sospetto che una critica, se strutturata e ben argomentata, sia fatta sì contro un governo ma nell’interesse del paese.
E allora bisogna mettere alla porta, al bando tutto ciò che può nuocere. Lo scambio parlamentare, più volte difeso dalla Giorgia di opposizione, ora è un vezzo inutile. Perché chi è foriero del destino ultimo e autentico della nazione dovrebbe impantanarsi nella giuste fatiche della dialettica democratica?
Perché loro sono una reincarnazione della compagnia dell’anello. Hanno la resilienza degli hobbit, la purezza degli elfi, la testardaggine dei nani e il coraggio e la nobiltà dei discendenti di Numenor. Tutti gli altri appartengono alla marmaglia degli orchi di Mordor, o alle schiere degli uruk-hai al servizio di Saruman. Sarebbe interessante sapere chi sono per Giorgia Meloni i Nazgul, i più temibili servitori di Sauron.
Tommaso Nutarelli