Ho ascoltato attentamente, come sempre, le riflessioni del presidente Mattarella e vorrei sottolineare alcune questioni che sono dirimenti per questo nuovo anno e che riguardano gli istituti dell’educazione e formazione scolastica che peraltro, ritrovandomi in grande sintonia con l’Associazione nazionale dirigenti scolastici, possono anche coinvolgere le aule Universitarie. Riguardo all’opportunità o meno di introdurre una specifica disciplina scolastica di Educazione all’affettività, è fondamentale richiamare la lezione appresa proprio dall’ultima re-introduzione da parte del ministro Valditara negli ordinamenti dell’Educazione Civica, disciplina che, ricordiamolo, dal 1955 ad oggi ha subito un provvedimento di riforma mediamente ogni 3 anni, ma che ancora non funziona.
L’insegnamento dell’Educazione civica è stato inserito come trasversale nell’ambito dell’attuale monte ore complessivo, ma con non meno di 33 ore annue e una specifica valutazione in decimi, periodica e finale. Questo, di fatto, l’ha resa “l’ennesima materia”, vissuta come tale da docenti stanchi e allievi demotivati. Quindi, pur concordando con la proposta di integrare l’Ed. all’affettività nell’Ed. civica, più che declinare obiettivi specifici di apprendimento, che rischierebbero di farci ricadere nella “trappola disciplinare”, sembra più utile indicare traguardi di competenze, anche coinvolgendo alcune facoltà Universitarie riscontrando che tale insegnamento deve contenere dei principi interdisciplinari legati alla nostra Costituzione e ai diritti.
Tutto ciò richiede di pensare a lungo termine, cambiando la prospettiva. Non si può persistere nell’errore di intervenire su qualsiasi emergenza di rilevanza scolastica – da ultimo quella, pur urgente e cogente, dell’educazione socio-affettiva e di genere – continuando ad avere in mente, che lo si ammetta o meno, l’antico e tradizionale modello di scuola e di ruolo dell’istituzione in quanto tale è ancora basculante tra educazione e formazione. La scuola come luogo accogliente e fonte di ben-essere, dove si sviluppi prima di tutto il civismo, una scuola organizzata e vissuta come fucina della convivenza democratica e collegata alla comunità. Un luogo in cui le studentesse e gli studenti abbiano la possibilità di esprimersi davvero nella molteplicità dei loro talenti, di godere di spazi di reale autonomia e responsabilità, di apprendere in ambienti educativi fondati su curricoli snelli, sviluppati per progetti, poiché è lavorando per progetti, nella pura accezione metodologica del termine, che si possono sperimentare nella loro reale portata, utilità ed efficacia relazioni basate sul rispetto prima di tutto, e conseguentemente sul riconoscimento dell’eguale valore di ciascuno nella diversità e possano scegliere che tipo di percorso formativo può essere interessante e concretamente realizzabile. Abbiamo bisogno di creare le condizioni perché i giovani siano realmente al centro dell’organizzazione, e nell’organizzazione acquisiscono autonomia, responsabilità e capacità di lavorare insieme, aperti alla società, capaci di immaginare e sperare, di apprendere con uno scopo ideale e pratico insieme, in quanto fattivamente coinvolti nel cercare soluzioni ai problemi che assillano il mondo.
Bisogna offrire discipline finalizzate all’apprendimento autentico ed è fondamentale che la formazione degli insegnanti è cruciale: l’insegnamento è una professione, che richiede ciò che è proprio delle professioni: una specifica formazione, standard professionali (che cosa devono sapere e saper fare gli insegnanti), un codice deontologico, una selezione rigorosa, propri organi professionali. Con la creazione di una vera e propria carriera docente, basata su quella che è stata definita, anche a livello accademico, leadership diffusa, ecosistemica, fondamentale per rendere attrattiva la professione docente, per sostenere gli istituti autonomi e per dare futuro e nuovo slancio alla formazione iniziale e continua dei docenti. Una leadership che si costruisce prevedendo uno stato giuridico, diversi livelli retributivi e lo sviluppo di più percorsi di carriera, dentro e fuori la scuola e l’università.
Per rispondere efficacemente ai bisogni socio-affettivi degli alunni e contrastare povertà educative e dispersione scolastica, sia a livello di prevenzione che di azione, gli insegnanti possano essere affiancati da altre figure di professionisti esterni, di supporto all’azione educativa primaria della scuola e delle famiglie – come psicologi, counselor, coach, associazioni ed enti del Terzo Settore – non potendo gli insegnanti svolgere tutti questi ruoli. Questo avviene in molti altri Paesi ed è sottolineato anche nelle Linee guida per la realizzazione di progetti contro la dispersione scolastica e universitaria finanziati dal PNRR. Anche per promuovere l’educazione affettiva, quindi, è auspicabile che si formino squadre multidisciplinari in cui insegnanti ed esperti collaborino per il benessere dell’intera comunità educante.
Alessandra Servidori