Domenico Proietti, segretario confederale della Uil, è un dirigente sindacale di lungo corso, serio, preparato e buon conoscitore delle materie di cui si occupa da anni. Le considerazioni che svolgo in questo articolo, in merito a recenti dichiarazioni sue, non intendono essere polemiche, ma limitarsi ad esprimere un motivato dissenso. Prima di riprendere la nota di Proietti (nella quale il sindacalista critica le stime ufficiali del governo, contenute nel Nadef, sulla spesa pensionistica), mi pare opportuno riportare quanto afferma il Nadef stesso a tal proposito. “Le previsioni della spesa pensionistica continuano a scontare il sensibile aumento del numero di soggetti che accedono al pensionamento anticipato, con “quota 100” e le altre opzioni. “Secondo la previsione a legislazione vigente, una crescita della spesa per pensioni più contenuta rispetto a quella dell’economia contribuirà a far scendere il rapporto tra tale spesa e Pil, dal 17,1% del 2020 al 16,2% nel 2023. Cionondimeno, la spesa per pensioni a legislazione vigente nel 2023 risulterà più alta di 0,8 punti percentuali in rapporto al Pil in confronto al 2019”. Come replica Proietti? “La stima del 17% di spesa pensionistica rispetto al Pil contenuta nella Nadef è fuori dalla realtà. Il Governo su questo tema si fa male da solo presentando in Europa dati sbagliati. Tutti sanno che la spesa per pensioni in Italia è intorno al 12%, perfettamente in linea con quella degli altri paesi europei”. A me sembra un po’ avventato accusare il governo di farsi del male da solo presentando dei dati sbagliati a Bruxelles. Le statistiche sono definite secondo parametri e criteri resi uniformi in tutta la Comunità. L’Italia ha avuto negli anni scorsi qualche problema – ora superato – nella classificazione del tfr, la cui incidenza sul Pil – quale che sia la sua attribuzione ad una voce di spesa – non è tale da destabilizzare il quadro della spesa sociale, nelle sue grandi ripartizioni. Perché poi il governo dovrebbe gonfiare in modo errato la spesa pensionistica? Cui prodest? E dove stanno quei “tutti” che “sanno” che la “spesa per pensioni in Italia è intorno al 12%”? Non mi pare che i conti siano diventati un’opinione. Nessuno scolpisce più le tavole della legge, ma vi sono comunque istituzioni ed enti preposti a fissare quei parametri statistici sui quali vengono definite le politiche pubbliche. Le argomentazioni di Proietti poggiano su di un “cavallo di battaglia”, in particolare, della sua organizzazione. Infatti, prosegue: “Adesso capiamo perché il Mef ha impiegato 9 mesi per dare il via libera all`insediamento della Commissione Istituzionale per separare la spesa previdenziale da quella assistenziale”. “Un ritardo che definire imbarazzante è dir poco – afferma ancora Proietti” Non vorremmo che questo artificio fornisse l`alibi per lasciare le cose come stanno. La Uil chiede di dare attuazione ai provvedimenti approfonditi nel recente confronto con il Ministro del Lavoro per continuare a cambiare la Legge Fornero nella direzione dell`equità e della giustizia sociale”. A me dispiace, ma sono convinto che “l’artificio” stia proprio nella mistica della separazione tra previdenza e assistenza. In primo luogo, perché Proietti non usa a proposito il concetto di “spesa pensionistica”, includendovi soltanto i trattamenti prettamente previdenziali IVS. Inoltre sembra ignorare che la c.d. separazione è già stata attuata con la legge n.88 del 1989 (modificata in sede di legge di bilancio per il 1998) con l’istituzione, presso l’Inps, della Gias, la gestione che raccoglie i trasferimenti dal bilancio dello Stato, per definizione in pareggio, perché l’Erario copre tutto il fabbisogno necessario a finanziare le prestazioni definite “assistenziali”, le quali col tempo hanno cambiato natura. Non sono più quelle imputabili al comma 1 dell’articolo 38 Cost., bensì quelle finanziate per legge a integrazione di una copertura contributiva insufficiente. In sostanza – la mia non è un’opinione, ma la rappresentazione di quanto prevede l’ordinamento – la spesa pensionistica è quella che è, a prescindere di come viene finanziata, attraverso i contributi e i trasferimenti. Del resto Proietti sa bene che in un sistema a ripartizione (che rimante tale anche in regime di calcolo contributivo) la contribuzione sociale è attratta nell’ambito parafiscale. Su 105 miliardi di trasferimenti alla Gias, 72 miliardi sono destinati ai c.d. oneri pensionistici (dati 2018). Gli interventi della GIAS in materia pensionistica costituiscono, sulla base del quadro normativo vigente – riprendiamo in toto le definizioni contenute nel Settimo Rapporto di Itinerari previdenziali – l’approccio al complesso tema della separazione tra previdenza e assistenza realizzato attraverso i seguenti interventi: a) assunzione di quote dei trattamenti pensionistici in carico alle singole gestioni relative a particolari periodi non coperti da contribuzione o con contribuzione ridotta, al fine di favorirne l’equilibrio economico-finanziario; b) assunzione diretta del carico pensionistico di alcune categorie di trattamenti (pensioni erogate ai CDCM ante 1989; prestazioni alle dipendenti del soppresso ENPAO; pensioni di invalidità ante legge 222/1984 e altro); c) erogazione diretta di prestazioni assistenziali relative agli invalidi civili, indennità di accompagnamento, pensioni e assegni sociali, quattordicesima mensilità e importi aggiuntivi. Questa spesa non è “figlia di un dio minore”. Tanto per capirci prendiamo un caso emblematico: il fondo dei ferrovieri FFSS, ora trasferito all’Inps. Per motivi assolutamente oggettivi e facilmente intuibili se consideriamo i processi di ristrutturazione e i cambiamenti tecnologici intervenuti nel settore, attualmente il numero delle pensioni erogate (dirette e indirette) è circa il triplo di quello dei contribuenti. Ne deriva un gettito contributivo annuo inferiore ad un miliardo a fronte di una spesa di 4,5 miliardi. La differenza è coperta dai trasferimenti (3,5 miliardi) tramite la GIAS. Mi pare evidente che nel conto complessivo della spesa pensionistica vadano inclusi tutti i 4,5 miliardi. O vogliamo truccare i bilanci come fece la Grecia? Ecco qua, caro Domenico. Con immutata stima e il consueto dissenso.
Giuliano Cazzola