Il 1° di novembre si avvicina sempre di più e all’orizzonte non ci sono soluzioni alternative per lo stabilimento Whirlpool di Napoli. La proposta industriale di Prs, che come sottolineano i dirigenti di questa azienda non hanno avuto ancora modo di esporre, non soddisfa i sindacati e soprattutto lavoratori. Giovanni Sgambati, segretario generale della Uil Campania, spiega le ragioni di questo scetticismo e i limiti che il governo ha palesato nella gestione della vertenza.
Sgambati la soluzione di Prs per la riconversione dello stabilimento di Napoli proposta da Whirlpool non soddisfa il sindacato. Perché?
Sul piano proposto da Prs non c’è mai stato un atteggiamento pregiudiziale da parte nostra, semmai molte perplessità. C’è poi una considerazione più generale ma non secondaria: non è possibile che un accordo firmato nell’ottobre del 2018, con il quale si andava a rafforzare lo stabilimento di Napoli, venga totalmente disatteso sei mesi dopo perché sono mutate le condizioni di mercato. Se alle prime difficolta non si tiene fede agli accordi allora non ha più senso firmarli. Questo è un messaggio che non vogliamo che passi. Whirlpool non può sottrarsi agli impegni presi.
In un’intervista su Il Mattino del 28 settembre, Giovanni Battista Ferrario, manager di Prs, parla di un piano di riconversione per Napoli molto dettagliato, con numeri e tempi. Cosa non vi convince?
Prima di tutto che qualche giorno prima, sul Corriere del Mezzogiorno, il presidente di Prs era stato molto più cauto sui possibili numeri dei lavoratori assorbiti nella nuova produzione. La Prs non è l’unica azienda ad avere quella tecnologia. Inoltre quando la Whirlpool ha ceduto ad altri la produzione, come con il caso Embraco, le cose non sono andate bene. La volontà dei lavoratori di Napoli è stata molto chiara fin dall’inizio contro la soluzione Prs. Ci sono poi difficoltà oggettive.
Di che tipo?
Le principali riguardano la riconversione dei lavoratori. Stiamo parlando di persone che per molti anni hanno svolto un’attività di tipo manifatturiero, e riconvertili a un lavoro carpentieristico non è facile. Inoltre nello stabilimento sono presenti molte donne, per le quali la nuova modalità di lavoro sarebbe estremamente gravosa.
La difficoltà dello stabilimento di Napoli è che produce lavatrici fuori mercato. Non si potrebbe tentare un cambio di prodotto?
È un’opzione che potrebbe essere percorribile. Noi siamo aperti a ogni soluzione credibile. Il punto è che Whirlpool non ha mai manifestato questo tipo di volontà.
Nei giorni scorsi era circolata l’ipotesi di un acquisto da parte dei lavoratori. La ritiene una strada possibile?
Se la prospettiva è quella di una nuova realtà industriale, dove una parte del capitale è in mano ai lavoratori sì. Ma pensare a una sorta di grande cooperativa, con numeri così elevati, è impossibile.
Ad oggi quali sono le alternative sul tavolo?
Come detto noi siamo aperti a ogni soluzione, purché credibile. Il punto che non deve venir meno è la presenza di Whrilpool. Se così non fosse il messaggio sarebbe quello che gli accordi sono, alla fine, carta straccia. Questo non vuol dire che non siamo disponibili al confronto e a ripensare un nuovo assetto dello stabilimento.
Vi andrebbe bene una soluzione anche con meno occupati?
Ovviamente non sarebbe l’ipotesi migliore, ma dobbiamo essere anche realistici e pragmatici. L’obiettivo rimane sempre quello di garantire l’occupazione a tutti i lavoratori dello stabilimento e a quelli dell’indotto.
State portando avanti qualche iniziativa?
Stiamo continuando lo stato di agitazione insieme ai lavoratori. Inoltre c’è un’azione di boicottaggio dei prodotti Whirlpool sul mercato. Si tratta di un’iniziativa che può essere molto più incisiva e dannosa per l’azienda rispetto alla manifestazione che può essere estremamente simbolica, ma dagli effetti poco incisivi
Siete stati convocati dal governo per un nuovo tavolo?
No al momento no.
Come valuta la gestione della vertenza da parte dell’esecutivo?
C’è stata mola superficialità soprattutto nella fase di monitoraggio dopo l’accordo. Anche quando sono cambianti i vertici dell’azienda il governo non si è interessato minimamente. Allo stesso modo l’impostazione troppo muscolare non ha prodotto nessun effetto. È stata sbagliata anche la mossa di portare la questione a Palazzo Chigi se non si ha nessuna strategia da presentare all’azienda. Sarebbe stato molto più saggio prendere tempo. In generale manca un vero piano per il Sud. I proclami sono inutili, e non ci sarà mai un vero rilancio del Mezzogiorno se il governo non riesce a difendere le realtà industriali presenti, come Whirlpool e l’Ilva a Taranto.
Tommaso Nutarelli