L’Europa umiliata, per questo più debole, esposta ai venti, incerta sul proprio futuro. Una lettura facile di fronte alla brutalità, l’arroganza, la mancanza di equilibrio che vengono dagli Stati Uniti. Eppure, il quadro potrebbe essere diverso. Un mese fa o poco più, Maurizio Ricci in un articolo su Il diario del lavoro aveva affermato che i pericoli che dalle prime dichiarazioni di Donald Trump si palesavano, forse avrebbero potuto trasformarsi in un’opportunità di crescita politica, ma anche economica, per l’Europa.
Se gli Stati Uniti effettivamente, argomentava Ricci, si ritraggono dalla battaglia per il green e smettono di guidare la transizione ecologica, freneranno naturalmente anche sulla crescita della tecnologia indispensabile per condurre quella battaglia. Se quel testimone fosse preso al volo dall’Europa, questa potrebbe tornare a essere leader della transizione con evidenti benefici economici. Lo stesso, aggiungeva, vale per la politica monetaria. Trump usa il dollaro come una clava per piegare il mondo ai suoi voleri, ma questa azione troppo decisa, troppo forte potrebbe spingere una serie, anche ampia, di paesi ad abbandonare il dollaro per cercare un’altra moneta di scambio. E in questo caso l’euro potrebbe essere una valida alternativa.
Maurizio Ricci terminava il suo articolo con un bel po’ di pessimismo, affermando in pratica che tutto ciò non accadrà perché il mondo sta già accodandosi alle decisioni degli Stati Uniti e perché all’Europa manca una struttura finanziaria che sostenga un attacco al dollaro. Ed è vero che sembra difficile che quelle previsioni, un po’ azzardate, trovino conferma. Ma il quadro di riferimento è cambiato rapidamente, il mondo sta correndo come non ha mai fatto, a una velocità vertiginosa. Trump ne sta facendo talmente tante che le reazioni cominciano ad arrivare. La più clamorosa è il riavvicinamento in atto tra l’Europa e la Gran Bretagna. Che non rinnega la Brexit e il processo di sganciamento dal resto del continente, ma indubbiamente a questo è molto più vicina. Siamo ancora ai primi passi, ma la direzione di marcia è precisa e può portare lontano.
Ma al di là di quanto può venire dalla Gran Bretagna, è già una realtà il fatto che sta crescendo in Europa la consapevolezza che da questa trappola si esce solo con un’Europa più forte e più unita. Il fatto che si parli diffusamente della possibilità di sganciare le spese per la difesa dal conteggio del Patto di stabilità è chiaro indizio che si comincia a ragionare con una mentalità tutta differente dal passato. E lo stesso accade in merito al varo di un forte debito comune per finanziare il salto che verrebbe chiesto all’industria europea, come del resto Mario Draghi aveva già indicato, riscuotendo peraltro sostegni forse solo di facciata. Adesso se ne parla come di una necessità indifferibile.
La sensazione è che il clima sia decisamente cambiato. E il prossimo passo in avanti potrebbe, forse dovrebbe essere il superamento del criterio dell’unanimità per le grandi decisioni comunitarie. Se ci aspettano grandi svolte nella politica dell’Unione non è possibile procedere con questa palla al piede. Basta che uno dei 27 paesi membri si metta di traverso e qualsiasi progetto cade nel vuoto. E purtroppo un Orban o un Salvini si trova sempre.
La memoria corre indietro negli anni per trovare una conferma a questi timori. A quando Charles De Gaulle, pur non essendo ancora alla guida della Francia, riuscì nei primi anni Cinquanta ad affondare l’ipotesi della Ced, la Comunità europea di difesa, di cui si stava discutendo animatamente in quegli anni. Si era arrivati a stilare un trattato istitutivo di questa istituzione, che avrebbe portato alla creazione di un esercito europeo, ma il nazionalismo del generale francese e del suo paese fu troppo forte. L’idea era più che valida, si trattava di dare all’Europa una statura politica che sarebbe anche evoluta, ma tutto finì nel nulla. Non è impensabile che l’Europa possa trovare nelle traversie che sta attraversando la forza per compiere quel passo in avanti che le servirebbe. Certo, sarebbe molto difficile riuscire a eliminare la pratica dell’unanimità, non fosse che perché decisioni del genere vengono prese all’interno dell’Unione solo all’unanimità. Per cui forse sarebbe necessario un cambiamento radicale, forse nella stessa composizione della compagine europea. Il sacrificio di alcuni paesi potrebbe rivelarsi indispensabile e questa sarebbe una scelta dolorosa. Ma l’alternativa è peggiore, l’Europa non può svanire nel nulla dei nazionalismi.
Massimo Mascini