Un mondo senza lavoro. Come rispondere alla disoccupazione tecnologica è un saggio di Daniel Susskind, professore di economia al King’s College di Londra, edito in Italia da Bompiani nel maggio 2022. Il lavoro di Susskind è un meticoloso lavoro di ricostruzione delle origini del progresso tecnologico che attraversa trasversalmente molti ambiti di studio, dall’economia alla politica, dalla storia alla sociologia, fino ad approdare, nell’ultima parte del libro, a un’interessante speculazione filosofica che mette in dialettica il lavoro con la ricerca del senso dell’esistenza del (e per) l’uomo.
Il progresso tecnologico, arguisce l’autore, sta ridisegnando il nostro modo di vivere e concepire il lavoro, ritrovandoci – non all’improvviso, perché le origini di questa corsa all’innovazione risalgono quantomeno alla prima rivoluzione industriale – da una parte a svolgere mansioni in cui le macchine sono a noi complementari e dall’altra a competere con esse in quella che potrebbe essere a ragione definita una battaglia per la sopravvivenza dello statuto del lavoro umano. La questione è inquadrata in una cornice temporale difficile da definire e che dipende principalmente dalla velocità di evoluzione di hardware, software e algoritmi, ma il sinistro vaticinio è che presto o tardi gli uomini – o comunque la stragrande maggioranza di essi – verranno soppiantati nelle loro mansioni dalle macchine, più produttive e meno dispendiose di una massa di lavoratori da salariare, facendo così prevalere la forza di sostituzione su quella di compensazione.
È quindi in atto una vera e propria competizione dell’uomo per mantenere un vantaggio sulle macchine, un fenomeno permanente che dipende anche da fattori politici e culturali che tuttavia sono destinati a capitolare. Quella che un tempo poteva essere letta come “semplificazione della vita” o riappropriazione del tempo privato, si sta però trasformando in un fenomeno nuovo, sebbene non inaspettato, quello della disoccupazione tecnologica. Stiamo assistendo a una nuova e inaudita rivoluzione che è contemporaneamente industriale, economica, politica e sociale che creerà un mondo con sempre meno lavoro ed enormi disuguaglianze. Nulla di nuovo da quanto già accaduto agli inizi del XIX secolo, ma le ripercussioni saranno più profonde e incisive. Si creeranno squilibri sociali e nuove concentrazioni del potere nelle mani di un’oligarchia tecnologica che subdolamente sta fagocitando anche la sfera politica e amministrativa, influenzando e ridisegnando la geopolitica e l’economia mondiale.
Susskind tira in ballo il Rapporto Beveridge, il documento governativo britannico pubblicato nel novembre 1942 sulle assicurazioni sociali e sui servizi correlati, citando: «Un periodo rivoluzionario nella storia del mondo è il momento giusto per fare cambiamenti radicali, non semplici rattoppi». Con questo riferimento, l’autore suggerisce si spostare l’attenzione sulla competizione tra Big Tech, le grandi aziende tecnologiche, e Big State, il nuovo modello di stato che oltre a pianificare il mercato si occupa del problema della distribuzione delle ingenti risorse che il progresso tecnologico ha riversato nella torta economica. Il cammino verso un mondo con meno lavoro sarà caratterizzato da vaste e crescenti disuguaglianze e «se lasciato a sé stesso in un mondo con insufficiente lavoro, il libero mercato – e in particolare il mercato del lavoro – non sarà in grado di continuare ad assolvere il suo ruolo distributivo».
A più riprese Susskind ha parlato dell’età del lavoro, quella in cui siamo immersi, che coincide con l’età della sicurezza che, a quanto pare, è destinata a finire. Ma l’approccio suggerito non è di tipo “luddista”, riferendosi al movimento di protesta operaia, sviluppatosi all’inizio del XIX secolo in Inghilterra, caratterizzato dal sabotaggio della produzione industriale con l’introduzione di nuovi macchinari per la semplificazione del lavoro. Non occorre guardare con diffidenza o terrore le evoluzioni che provengono proprio dall’uomo. Piuttosto è necessario entrare in una nuova ottica e prepararsi ad affrontare collettivamente le nuove sfide di un mondo senza lavoro, in cui l’uomo non deve trovarsi impreparato a gestire il disorientamento quando il primo portatore di senso della propria vita – il lavoro – verrà meno, e nemmeno i governi, gli stati, il Big State dovrà essere colto all’acme di questa grande trasformazione senza un piano di riparo per salvaguardare i propri cittadini. «Il problema economico che tormentava i nostri antenati, quello di rendere la torta economica abbastanza grande perché tutti potessero viverci, scomparirà, sostituito da tre nuovi problemi: il problema della disuguaglianza, e cioè di capire come condividere questo benessere economico con tutti i membri della società. Il problema del potere politico, e cioè di stabilire chi controlla le tecnologie da cui questo benessere dipende e a quali condizioni. Il problema del senso, e cioè di immaginare come usare questo benessere non solo per vivere con meno lavoro ma per vivere bene».
Contrariamente a una prima impressione, l’approccio di Susskind non è distopico, anzi: è una meticolosa ricostruzione di un fenomeno complesso che può essere approcciato soltanto in maniera olistica e non licenziabile facili ottimismi o catastrofismi. Conoscere il passato per leggere il futuro, “sedersi sulle spalle dei giganti” per osservare le prospettive senza farsi cogliere di sorpresa. Un mondo senza lavoro. Come rispondere alla disoccupazione tecnologica è quindi un vero e proprio kit di salvataggio per non ritrovarci a bocca aperta dinanzi a un futuro che è già presente.
Elettra Raffaela Melucci
Titolo: Un mondo senza lavoro. Come rispondere alla disoccupazione tecnologica
Autore: Daniel Susskind
Editore: Bompiani – Collana: Saggi Bompiani
Anno di pubblicazione: Maggio 2022
Pagine: 496 p.
ISBN: 9788830104860
Prezzo: 25,00€