Il lockdown può produrre anche ottimi risultati. Stare chiusi in casa infatti ha determinato anche altre libertà: poter leggere, spesso rileggere libri importanti, riflettere non sulle emergenze, ma sui grandi fenomeni e gli equilibri che determinano i caratteri della nostra società. E’ quanto hanno fatto tre importanti giuslavoristi che in questi tre mesi di isolamento hanno scritto un Manifesto, un approfondito studio che ripercorre tutta la realtà del diritto del lavoro guardando ai problemi delle relazioni industriali insorti con la pandemia, ma anche a quelli che esistevano da tempo e che non si era mai riusciti a risolvere. Tiziano Treu, Bruno Caruso e Riccardo Del Punta, che rispettivamente insegnano diritto del lavoro a Roma, Catania e Firenze, Tiziano Treu è anche presidente del Cnel, si sono impegnati in uno sforzo profondo per dare dei suggerimenti, degli stimoli di riflessione, per indicare la gravità dei nodi che per anni hanno ostacolato la crescita del nostro paese e alcune possibili soluzioni di questi problemi.
Il diario del lavoro pubblica questo Manifesto su autorizzazione dei loro estensori per partecipare, per quanto possibile, alla diffusione di questa analisi. Gli autori non ritengono di aver offerto un quadro completo, né dei problemi esistenti, né delle loro possibili soluzioni, affermano di aver voluto soltanto partecipare a un generale riesame della materia del diritto del lavoro, più in generale della realtà del lavoro in Italia in questo momento, all’ombra della pandemia che stiano attraversando, certamente, ma con lo sguardo lanciato più lontano, su cosa servirà nel prossimo futuro quando la crisi economica comincerà a mordere davvero, sugli equilibri che sarà bene concorrere a determinare per non dover pagare un prezzo troppo alto.
E per questo disegnano un diritto del lavoro più maturo, capace di tutelare il lavoro ma di guardare da vicino le esigenze delle imprese. L’economia di mercato, sostengono, deve essere disciplinata, non osteggiata, perché è il capitalismo che crea le ricchezze che vengono poi distribuite. Per questo si parla di sostenibilità, per equilibrare le diverse esigenze senza mortificarle. Il lavoratore è a loro avviso prima di tutto una persona, spesso vulnerabile, che deve essere aiutata a mantenere e arricchire le proprie capacità professionali.
L’esame compiuto verte anche sugli aspetti propri della contrattazione, sull’opportunità di riconoscere al lavoratore un vero e proprio diritto alla formazione, sulla necessità di commisurare la retribuzione non sul tempo di lavoro, ma sui risultati e sulle soft skill, le qualità relazionali che stanno diventando sempre più rilevanti. E su queste qualità vanno riscritti anche gli inquadramenti dei lavoratori. L’obiettivo viene indicato nella formula che prevede più flessibilità e allo stesso temo più sicurezza, laddove finora si è avuto per lo più alta insicurezza e flessibilità medio bassa. Una rivoluzione può essere realizzata, cercando soluzioni che non vedano vinti e vincitori, ma che portino a risultati win win.
Il Manifesto di Treu, Caruso e Del Punta si sofferma anche sui soggetti delle relazioni industriali. Sul sindacato per esempio, descrivendone le attuali difficoltà, così in bilico tra spinte individualistiche e ricerche non facili di nuove solidarietà. Qui valgono i consigli impartiti, secondo i quali il sindacato: deve cercare di essere per prima cosa unitario, ma allo stesso tempo plurale per non nascondere ma sfruttare le diversità; deve essere autorevole autorità salariale; deve rispondere alle libertà individuali, ma deve anche farsi carico delle esigenze delle imprese, senza per questo perdere di vista i precari e i più vulnerabili. Compiti non facili da svolgere e per questo gli autori ritengono utile una legge sulle relazioni industriali, perché l’attuale anomia non rischi di trasformarsi in una perniciosa anarchia.
Il Manifesto è pieno di indicazioni, suggerimenti, idee, che è bene ciascuno prenda con una lettura attenta del testo. Tra le tante cose vale forse la pena di fermarsi un momento sulle indicazioni fornite sul ruolo che lo Stato deve assumere, una discussione che proprio in questi giorni sta appassionando. Il Manifesto afferma che lo Stato è chiamato certamente, non solo a causa della pandemia, ad assumere un ruolo più forte, ma la sua mission non è quella di gestire le imprese, ma quella di agire da regolatore e orientatore delle scelte che i soggetti economici sono chiamati a fare.
Massimo Mascini