di Marianna De Luca, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
Le diverse fasi del rinnovo del contratto dei chimici sono state seguite con grande interesse sia per gli aspetti connessi alle dinamiche interne alle organizzazioni sindacali stipulanti, sia per gli esiti del negoziato, con particolare riferimento al valore economico del rinnovo ed alla sua congruenza con le nuove regole degli accordi di riforma del 2009. In secondo piano mi sembra siano rimasti invece altri interventi operati nel corpus contrattuale, i cui effetti – forse meno immediati sulla disciplina del rapporto di lavoro – sono comunque di un certo rilievo sul piano delle relazioni industriali. Non si intende ovviamente affermare che gli aspetti salariali e politici del rinnovo siano poco importanti, tutt’altro, ma a qualche mese di distanza dalla conclusione del negoziato si possono forse puntare i riflettori anche su aspetti per certi versi minori o, se si vuole, di dettaglio, ma che tali certo non sono per i “cultori della materia”, che vedono nel contratto se non proprio la legge fondamentale dei rapporti tra le Parti, certamente un documento di rilievo nel definire l’agenda delle relazioni industriali del settore. E il CCNL dei chimici forse più di altri sembra farsi carico dell’esigenza di identificare e riconfigurare il campo dei problemi che costituiscono l’oggetto attuale delle relazioni industriali, contribuendo a costruire – definendone i confini e gli strumenti operativi – lo spazio d’azione per la contrattazione collettiva nazionale e aziendale ed il ruolo di organismi congiunti o paritetici, quali gli Osservatori, ai quali è demandata anche una funzione di monitoraggio e di “amministrazione” di alcune parti del contratto.
Con questa chiave di lettura è possibile individuare una serie di interventi che rispondono ad una logica precisa, che mi sembra possa essere riassunta nella dichiarazione – inserita nella Premessa della prima parte del contratto – secondo la quale il CCNL è uno strumento che svolge un ruolo fondamentale per orientare i comportamenti. Il contratto nazionale dei chimici – pur dettando, ovviamente, la disciplina fondamentale del rapporto di lavoro – si presenta (in verità da tempo, e non solo a partire dall’ultimo rinnovo) per talune materie come una sorta di accordo-quadro, generatore di linee guida per la contrattazione collettiva. Tale caratteristica si traduce nell’individuare le coordinate essenziali nel cui ambito potranno svolgersi i negoziati a livello aziendale, lasciando alle future parti contraenti gradi di libertà, più o meno ampi in relazione alle materie da regolare, nel definire il contenuto delle intese.
Così è, ad esempio, per le indicazioni fornite in tema di premio di partecipazione (art. 18 – «Contrattazione di secondo livello»), dove le Parti non si sono limitate a stabilire la disciplina normativa di riferimento per le imprese di grandi dimensioni, ma hanno predisposto un documento, Linee guida sul premio di partecipazione, che faciliterà la coerente applicazione della normativa contrattuale e la diffusione di un sistema partecipativo di relazione industriali; si tratta di un documento/strumento che, oltre a fornire alcuni esempi di indicatori, definisce in buona sostanza lo “spazio” della contrattazione aziendale sui premi di produttività e riduce conseguentemente la complessità dei futuri negoziati. Meritano di essere segnalati, in materia, l’inserimento di nuovi parametri di riferimento (p.es. di natura economico-finanziaria, come l’Ebidta, o utili alla diffusione della cultura della sicurezza, come l’utilizzo dei DPI), la ridefinizione del concetto di “miglioramento della produttività” per farvi rientrare a pieno titolo anche programmi che in una congiuntura economica sfavorevole realizzino l’obiettivo di un miglioramento della situazione aziendale ed, infine, la previsione della possibilità di destinare una quota del premio di partecipazione al Fondo di previdenza complementare o ad altre iniziative di natura socio-assistenziale (“di welfare”) a livello aziendale.
Per le piccole e medie imprese – dove si incontrano, come noto, maggiori difficoltà – la contrattazione dei chimici ha tracciato una specifica disciplina («Premio variabile PMI» – art. 19) che mantiene il carattere delle linee guida ma è “di più stringente e semplice applicazione“, anche se deve essere resa operativa mediante accordi da realizzarsi con le RSU o, in mancanza di esse, con le organizzazioni sindacali territoriali firmatarie del CCNL (ricordiamo che per i chimici la competenza in materia è specificatamente propria delle RSU, e non invece, come nella maggioranza degli altri settori, da esse condivisa con le organizzazioni sindacali).
Lo strumento delle Linee guida è utilizzato anche per fornire supporto e orientamento agli attori nella complessa materia della salute e sicurezza dei lavoratori. Si tratta di un ambito di intervento che ha nel settore chimico una lunga e consolidata tradizione, sviluppata anche in termini di partecipazione mediante un organismo – la specifica Sezione dell’Osservatorio nazionale – al quale è stato ora affidato l’ulteriore compito di supportare le parti firmatarie nella realizzazione di iniziative di “sviluppo sostenibile” nelle imprese del settore. Le Linee guida sulla gestione della sicurezza e salute dei lavoratori, opportunamente aggiornate nell’occasione del rinnovo, sono frutto di questa tradizione e confermano una particolare attenzione nel mettere a disposizione di chi ha responsabilità più direttamente operative in questo campo un riferimento quanto più possibile chiaro, completo e aggiornato.
Orientare i comportamenti è il modo in cui in concreto si traduce l’impegno – anch’esso esplicitato in Premessa – di valorizzare e indirizzare la contrattazione aziendale. In questa direzione si muove infatti un’altra “novità” del rinnovo, ovvero la possibilità di istituire un Osservatorio aziendale la cui previsione è collocata – e si tratta di collocazione certo non casuale né priva di significato – non nella parte del corpus contrattuale che enumera gli Osservatori già esistenti a livello nazionale e territoriale, ma nella Parte II del capitolo «Relazioni industriali» dedicata alle «Relazioni industriali a livello aziendale». L’Osservatorio, da istituirsi attraverso accordo tra le Parti, sarà destinatario dei diritti di informazione e consultazione contrattualmente previsti per il livello aziendale.
Passando ora dagli strumenti ai temi posti in agenda, non può non colpire il rilievo assegnato ai problemi dell’andamento dell’imprese e dell’occupazione nonché alla gestione responsabile della dimensione sociale. Di ciò si rilevano nel testo del rinnovo numerose tracce: si è proceduto, ad esempio, a riconsiderare il già ricco elenco dei temi oggetto di informativa, inserendo tra gli obblighi di comunicazione anche quelli circa “l’andamento dell’attività dell’impresa, nonché la generale situazione economica”, “le tipologie contrattuali” e “l’andamento prevedibile dell’occupazione nonché, in caso di rischio per i livelli occupazionali, le misure praticabili per contrastare tali rischi”; si è poi abbassata (da 100 a 50 addetti) la soglia dimensionale delle aziende tenute agli obblighi di comunicazione/informazione, e ciò forse non solo come automatico riflesso delle direttive europee, ma probabilmente anche come espressione della esigenza/opportunità di allargare il campo della ricerca di soluzioni condivise per ricomprendervi ambiti organizzativi di più ridotte dimensioni, ma non per questo meno esposti ai rischi e alle difficoltà della fase attuale.
Orientare i comportamenti, valorizzare e indirizzare la contrattazione aziendale, dare un contenuto contrattuale impegnativo alla responsabilità sociale d’impresa. È questo il terzo elemento di “dettaglio” che vorrei segnalare, non tanto perché si sia introdotto un nuovo nome (neppure tanto nuovo, peraltro) nel lessico delle relazioni industriali, quanto per l’esser riusciti a dare un contenuto sostanziale ed obbligatorio al concetto di responsabilità sociale, sottraendolo all’ambito della volontarietà. Esso si traduce infatti in “istituti contrattuali” concreti – che intervengono in campi di grande rilevanza, come quelli della previdenza e assistenza sociale, del bilanciamento fra esigenze personali e professionali, della solidarietà, della formazione, del sostegno all’occupazione e del miglioramento della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro – dei quali nel rinnovo non ci si è limitati a fare il catalogo ma che ci si è invece preoccupati di arricchire e di meglio finalizzare. Si vedano ad esempio le previsioni incluse nella «Parte IV – Misure a sostegno del reddito e dell’occupazione», che individuano gli strumenti azionabili a livello aziendale in relazione ad esigenze di riequilibrio economico e degli assetti organizzativi; la possibilità di istituire un Fondo bilaterale aziendale per il sostegno al reddito, utile ad integrare il reddito dei lavoratori durante i periodi di Cassa integrazione guadagni o dei contratti di solidarietà, oppure nel corso degli interventi di riqualificazione del personale in caso di condizioni di eccedenza; le forme di gestione collettiva delle riduzioni di orario e della prestazione annua; le riduzioni d’orario generate attraverso i contratti di solidarietà; l’utilizzo delle risorse derivanti dal premio di partecipazione in direzioni funzionali alla soluzione di problemi dell’occupazione; gli interventi di riqualificazione e, infine – una novità per il contratto nazionale di settore – le convenzioni per la cessione di beni o servizi ai dipendenti.
Val la pena di sottolineare che non si è trattato di mera riconfigurazione degli strumenti a disposizione per affrontare i problemi sociali e dell’occupazione: essi sono stati infatti riconsiderati in una dimensione dinamica o progettuale, che ha assunto la forma del Patto di responsabilità sociale, cioè la possibilità di concordare a livello aziendale un piano volto a definire iniziative per sostenere e sviluppare la responsabilità sociale dell’impresa, individuandone modalità e tempi di realizzazione; il piano aziendale dovrà essere poi trasmesso all’Osservatorio nazionale al fine di consentirne il monitoraggio nonché di valorizzare le migliori esperienze realizzate. Le Parti, anche in questo caso, si sono impegnate a definire apposite Linee guida per dare attuazione a quanto annunciato.
Proseguendo nell’esame, seguendo l’ordine del testo, la Parte V del contratto è dedicata al «Progetto Welfarchim» che si colloca tra le iniziative a sostegno dell’occupabilità e del reimpiego dei lavoratori; seguono le iniziative in favore di lavoratori diversamente abili, la previdenza complementare e assistenza sanitaria di settore, nonché la formazione. Si tratta cioè di iniziative delle quali parti sociali responsabili possono in concreto farsi carico attraverso la contrattazione collettiva e nelle quali, si ripete, il contratto dei chimici ha tradotto l’idea di responsabilità sociale di impresa.
Sul tema della formazione vorrei segnalare la previsione di iniziative volte alla valorizzazione delle esperienze dei lavoratori con elevata anzianità aziendale ed in prossimità della pensione, preparandoli a svolgere il ruolo di tutor per neoassunti (iniziative per le quali può esserci il rischio di rimanere allo stato di “buone intenzioni”, ma è comunque apprezzabile che, in tempi come questi, siano state almeno dichiarate), nonché di azioni dirette a favorire l’integrazione dei lavoratori stranieri (misure queste meno innovative, ma di non minore importanza). Sempre in direzione della ricerca di soluzioni al problema dell’integrazione – intesa in senso più ampio e con riferimento a lavoratori la cui diversità è solo nello status nei confronti dell’impresa – si colloca un intervento, semplice ma non banale, in tema di periodo di prova, dal cui superamento deriva l’inserimento stabile dei neoassunti in azienda: le aziende hanno ottenuto un ampliamento della sua durata, ma si sono impegnate ad informare le RSU quando i casi di mancato superamento vadano oltre i limiti del fisiologico e si verifichino “in misura significativa“: ciascuno potrà trarre da ciò le conseguenze che riterrà opportune.
Queste, in sintesi, le mie considerazioni, che non hanno certo la finalità di formulare (e/o di consentire) una valutazione complessiva del rinnovo contrattuale dei chimici, ma piuttosto di sottolinearne talune dimensioni rispetto ad altre (con il rischio, ne sono consapevole, di possibili enfatizzazioni). E concludo osservando che ci troviamo a mio avviso di fronte ad un buon esempio di contrattazione ben temperata, che non si limita a dividere i compiti tra il livello nazionale e quello aziendale, ma che sostiene concretamente lo sviluppo della contrattazione di secondo livello attraverso linee guida, la cui attuazione è demandata con gradi variabili di libertà alle parti negoziali; che si fa carico dei rischi per il lavoro e l’occupazione derivanti dai processi di trasformazione delle imprese e dalla situazione di crisi, affrontandoli sia in termini previsionali (a livello di informazione), sia in termini congiunturali (riduzioni di orari e salario) sia, infine, in termini più strutturali in situazioni di particolare criticità (Fondo bilaterale per il sostegno al reddito e Progetto WELFARCHIM); che tende a realizzare concretamente un “sistema di relazioni industriali partecipativo”, integrandone i diversi livelli e dando continuità e spessore al dialogo che, come dichiarato dalla Parti nella Premessa, si vuole focalizzato sull’analisi, la discussione e il confronto finalizzati alla ricerca di soluzioni condivise.