I governi dell’Unione europea hanno raggiunto un accordo di compromesso per regolamentare la circolazione dei lavoratori dell’Europa orientale nella prospettiva dell’allargamento Ue. Il Portogallo ha dunque lasciato cadere le proprie riserve all’accordo che prevede un freno di sette anni alla libera circolazione dei lavoratori dei futuri Stati membri. Gli ambasciatori dei Paesi Ue erano riusciti ad avvicinarsi a un’intesa, dopo che la Spagna aveva tolto il proprio veto, ma gli inviati del Portogallo si erano riservati di consultarsi con il governo di Lisbona.
La presidenza svedese aveva fatto dei preparativi per l’allargamento dell’Ue una priorità del suo semestre e ha premuto sul piede dell’acceleratore per arrivare a un accordo sulla libera circolazione dei lavoratori ed evitare che il tema potesse fare naugrafare il vertice di giugno a Goteborg. L’intesa è arrivata infine proprio alla vigilia dei negoziati aperti oggi a Bruxelles tra l’Ue e i sei Paesi candidati: Polonia, Rep. Ceca, Ungheria, Estonia, Slovenia e Cipro. Questi Paesi avevano chiesto che una volta entrati nell’Ue scattasse l’immediata libera circolazione dei rispettivi lavoratori sul mercato comunitario. Ma Germania e Austria, temendo un’invasione di manodopera a basso costo, si sono battute per un lungo periodo di transizione. La vicenda si è complicata quando la Spagna, la più grande beneficiaria degli aiuti Ue allo sviluppo, ha chiesto con insistenza garanzie che non gli sarebbe venuto meno il sostegno comunitario dopo l’ingresso dei bisognosi Paesi dell’Europa orientale. Il governo di Madrid ha avuto soddisfazione.