A distanza di un anno pressoché esatto dal primo evento dello stesso tenore, Adecco è tornata a coinvolgere aziende e istituzioni per discutere dello stato di applicazione del contratto di apprendistato professionalizzante.
Lo scorso anno, il confronto con il ministro Fornero aveva fatto emergere dalle voci delle aziende intervenute le difficoltà e le perplessità applicative, così come alcune buone pratiche in corso. Gli spunti e le condivisioni furono molte, alcune sfociate in iniziative concrete da parte dello stesso ministero.
Ci si lasciò in quell’occasione con l’intento di mantenere aperto il confronto, confermando la bontà di una formula di incontro capace di avvicinare il dialogo sulle esperienze e sulle questioni concrete. Ci si lasciò con l’impegno di Adecco di attivare nel 2013 500 contratti di apprendistato in staff leasing.
Il confronto con il nuovo governo ha trovato una prima occasione nello scorso mese di luglio; l’evento del 26 novembre 2013 chiude il percorso di questo primo anno di esperienza di apprendistato in somministrazione, cogliendo l’opportunità di condividerne il bilancio alla presenza del sottosegretario Dell’Aringa.
Inevitabile partire dai numeri del ricorso all’apprendistato professionalizzante: i diversi interventi normativi di semplificazione, dal Testo Unico del 2011 al recente decreto lavoro del governo Letta, seguito dall’intervento “allineato” delle regioni, così come la conferma delle incentivazioni economiche, non solo non hanno sortito l’effetto di incrementare l’utilizzo di questa forma di accesso al lavoro, ma anzi hanno assistito alla progressiva riduzione dei suoi volumi. Il tutto mentre la disoccupazione giovanile fa segnare costanti record.
Per chi condivida le potenzialità dell’istituto, la capacità della sua “identità normativa” di costituire una via privilegiata, tutelata e qualitativa di transizione dalla scuola al lavoro da un lato, dall’altro una soluzione già disponibile per aggredire il peso del cuneo fiscale, è altrettanto inevitabile e doveroso reiterare l’impegno nel cercare innanzitutto i motivi di queste difficoltà.
Al riguardo, Adecco, insieme alle aziende coinvolte, ha portato la propria esperienza e il proprio contributo in questa nuova occasione di confronto.
Diversi i temi emersi.
Il primo punto da evidenziare, considerato il portato di questi ultimi anni sul tema apprendistato, riguarda la condivisione pressoché pacifica del fatto che le difficoltà interpretative, applicative e burocratiche che hanno afflitto il contratto a seguito della riforma del 2003 sono state superate grazie agli interventi degli ultimi 2 anni. Considerazione del resto comune a molti commenti diffusi negli ultimi mesi.
Prova ne è il fatto che l’obiettivo dei 500 contratti di apprendistato in somministrazione nel 2013 è stato raggiunto da parte di Adecco, con il contributo determinante delle aziende che hanno creduto nelle sollecitazioni e investito su questo esperimento.
Come si dice in questi casi: si può fare! È si possibile stipulare contratti di apprendistato professionalizzante; lo si può fare direttamente o con l’assistenza di una agenzia per il lavoro, nelle tante forme in cui questa assistenza può esprimersi, compreso il superamento degli elementi burocratici, la multilocalizzazione o la consulenza sui temi della formazione. E in molti casi, trovato l’accordo e selezionata la persona, si tratta di pochi giorni o di poche ore per arrivare all’attivazione.
Dunque, occorre partire da questo dato e cercare altrove i nodi da sciogliere; in questo senso, è indispensabile esercitarsi nel semplificare l’approccio al tema, ma soprattutto nel superare il comodo rifugio di retaggi e convinzioni, per quanto motivate fino a un passato prossimo.
Fatto ciò, e assunta la difficoltà comune di scegliere un percorso inconsueto, rimangono due argomenti sul tavolo, confermati anche da quest’ultimo incontro: la diffusione tra le aziende della conoscenza dello strumento e della sua “accessibilità”– tema forse ancora più vero in un tessuto non di medie ma di micro imprese –; l’intreccio tra il vincolo a medio termine richiesto dai percorsi di apprendistato e la visibilità spesso a brevissimo termine delle imprese in questo momento storico.
Sulla prima questione l’azione delle agenzie per il lavoro può aiutare, ma occorrerebbero probabilmente anche iniziative e coinvolgimenti più estesi, in cui il pubblico potrebbe – o dovrebbe – avere ruolo di stimolo, regia ed anche azione.
Il secondo passaggio appare drammaticamente confermato già dai numeri delle comunicazioni obbligatorie, che hanno visto in questi ultimi anni, e continuano a vedere, un incremento costante nel flusso dei rapporti a termine in relazione al numero totale di attivazioni – con durata media ben lontana dalla possibile durata di un apprendistato -. Ma il punto è confermato anche dall’esperienza diretta maturata da Adecco nel corso dell’ultimo anno di attività e dialogo con le aziende su questo tema, così come da quanto emerso in occasione di quest’ultimo incontro.
Il fatto è che approcciarsi all’apprendistato significa ragionare di prospettive e di investimento; se si vuole scendere al nocciolo della questione, è difficile levarsi dalla mente che le difficoltà dell’apprendistato siano lo specchio della difficoltà o addirittura della impossibilità delle aziende di pianificare il futuro con un discreto grado di attendibilità. Nonostante l’indubbia convenienza economica.
Ancora una volta, la realtà che sta nei meccanismi economici e di mercato guida le scelte ben prima di, e spesso a prescindere da, ogni intenzione o indirizzo delle norme sul lavoro. Probabilmente non è auspicabile a questo punto sollecitare un nuovo intervento normativo.
Ma in punta di ragionamento, se da quel nocciolo si volesse ricordare Pareto e mirare a ottenere il massimo risultato con una singola azione, sarebbe difficile pensare che l’appetibilità dell’apprendistato possa cambiare senza intervenire sulla flessibilità, sulla modulabilità, sulla consistenza del vincolo.
Certo, il “come” non è secondario se l’aspirazione – doverosa – è altrettanto nel senso di difendere la “serietà” e la qualità dello strumento. Ma questo sarebbe il secondo passo.
Nel frattempo rimangono i dati, che ci dicono che tra i giovani domanda e offerta di lavoro si incontrano in maniera drammaticamente ridotta e con decisa prevalenza di soluzioni occasionali difficilmente riconducibili a chiari percorsi di investimento nella crescita delle conoscenze e delle competenze delle risorse.
Lo stimolo dunque non può che rimanere forte nel mantenere attenzione, azione e impegno a sostegno di questa forma contrattuale
Mauro Soldera