Il documento “Per un moderno sistema di relazioni industriali” di Cgil Cisl Ee Uil tenta di aggiornare il sistema di contrattazione collettiva definito dal Protocollo Ciampi del 1993, ma non sembra riuscirci.
Sui minimi contrattuali si limita a sostituire l’indice Ipca con il Pil, però aggiunge che la paga base non deve solo tutelare il potere di acquisto ma anche redistribuire una parte della maggior produttività: scelta in contrasto con l’opzione di collegare maggiormente il salario con la produttività reale riscontrabile e quindi con il livello aziendale di negoziato.
Del resto sulla contrattazione di secondo livello non c’è nessuna novità, e anzi si conferma che essa è limitata negli ambiti e nei limiti fissati dal contratto nazionale.
Quest’impostazione evidenzia due problemi: il primo che la paga base, fissata dal contratto nazionale e prevalente della retribuzione, costituisce uno standard unico nazionale, che produce evasione o inefficienza, a seconda che si collochi troppo sotto o troppo sopra le possibilità dell’impresa o del contesto economico territoriale. Questo rischia di spingere i rapporti negoziali reali fuori dal sistema delle relazioni industriali “ufficiali”.
Il secondo problema è che la contrattazione aziendale è subalterna a quella nazionale, quando invece la sua centralità creerebbe un circuito virtuoso tra retribuzione e produttività, favorito anche dal regime di sgravi fiscali e contributivi. Il contratto aziendale ha la flessibilità per adattarsi di volta in volta al momento di vita dell’azienda, come insegna l’esperienza tedesca: la normativa italiana già consente alla contrattazione aziendale di derogare quella nazionale e la pratica dimostra che se le parti sono d’accordo il contratto può essere semplicemente rimpiazzato da un Contratto Aziendale (FIAT).
Sviluppare la contrattazione aziendale significa restituire ruolo reale alle RSU, far funzionare concretamente il principio di maggioranza, creare un contesto favorevole all’unità sindacale.
Ma ovviamente non si possono tenere le due opzioni simultaneamente: o prevale il livello nazionale o quello aziendale, e la scelta può essere fatta dalle parti in base alle condizioni concrete. Però deve essere chiaro che se il sindacato rinuncia a collegare il salario alla produttività, e quindi a puntare sulla contrattazione aziendale, verrà progressivamente estromesso dalle scelte che riguardano l’impresa e l’organizzazione del lavoro, e quindi dal nocciolo delle relazioni industriali.
Claudio Negro – Associazione Amici della Fondazione A. Kuliscioff.