Si chiama “Truth” il film di James Vanderbilt in questi giorni nelle nostre sale che racconta la parabola della celebre trasmissione della Cbs “60 minutes” condotta dal grande giornalista Dan Rather. Nel 2004 i responsabili della trasmissione scoperchiarono una vicenda che coinvolgeva il presidente uscente George W. Bush impegnato nella campagna per la rielezione.
Trent’anni prima, il giovane Bush era stato probabilmente raccomandato per essere arruolato nella Guardia Nazionale evitando di partire per il Vietnam. Ma la produttrice del programma, Mary Mapes (nel film e’ una magnetica Cate Blanchett), pur di dimostrare la sua tesi, finisce per utilizzare incautamente documenti trafugati e testimoni controversi. C’e’ il fondato sospetto anche che i giornalisti siano caduti in una sorta di trappola sapientemente orchestrata per fare insabbiare il tutto. Sta di fatto che alla fine a pagare saranno proprio i responsabili della trasmissione, tutti licenziati dalla Cbs per aver imbastito una inchiesta faziosa sul piano politico, e non priva di errori ed ingenuità.
Morale: la politica trionfa sull’ informazione televisiva. Il giornalismo “spettacolo” subisce una pesante sconfitta e una delegittimazione evidente. Che centra questo con i temi del lavoro? Apparentemente poco o nulla. Vorrei però consigliare di andare a vedere questo film anche a tanti pseudogiornalisti che spesso si occupano del sindacato con il solo obiettivo di delegittimare la sua funzione e i suoi rappresentanti. Una informazione scandalistica e spregiudicata (vedi l’utilizzo di telefonate artefatte, sms privati esibiti come testimonianze, inseguimenti da film poliziesco) di cui francamente non se ne sente oggi né l’utilità né tantomeno la necessità.