Il sistema bancario italiano ed europeo continua a trasformarsi più per imposizioni normative che per evoluzione endogena, come dovrebbe avvenire in un sistema economico di mercato. In Italia le leggi sulla trasformazione in spa delle Banche Popolari e della riforma delle Bcc sono atti significativi di questo processo.
In Europa si disegna un mercato bancario dove le decisioni dell’autorità di vigilanza fissano i ricavi degli istituti di credito, aumentano i loro costi amministrativi e informatici a causa dei continui aggiornamenti normativi, e influenzando anche in questo modo lo sviluppo dell’economia dei vari paesi. Il caso delle richieste, a volte incomprensibili, della BCE sulla fusione fra BPM e Banco Popolare, è emblematico della prevalenza della burocrazia rispetto all’esigenza dei territori, delle imprese e delle famiglie.
Tutto questo dirigismo è attuato in nome della libera concorrenza. Gli azionisti, unici proprietari della banca, infatti, non possono decidere quale piano industriale predisporre, né deliberare o meno una fusione societaria, né decidere se avere un nuovo azionista rilevante senza il gradimento della Banca Centrale e neppure come strutturare la governance.
Siamo convinti che il sistema bancario sia oggi fondamentale per sviluppare l’economia dei paesi e vada tutelato in una logica di rispetto di tutti gli stakeholder.
Riteniamo che il bail-in sia un processo, seppur concepito per evitare “l’azzardo morale” di certi banchieri, inconcepibile rispetto al quadro normativo sopra delineato, dove gli stakeholder poco o nulla decidono, e se vi è crisi pagano.
La legislazione nazionale con la riforma delle banche popolari e la Banca Centrale Europea con le sue raccomandazioni, stanno attuando un processo, che riteniamo involontario, di concentrazione in pochi soggetti dei player del credito, favorendo la creazione di mega banche dove, con partecipazioni azionarie molto piccole, si contribuisce a influenzare le economie nazionali.
L’idea che meno banche siano un vantaggio per un paese o per un continente è come affermare che meno giornali creino più democrazia e maggior pluralismo (Turchia docet).
Il sistema bancario oggi è legato a doppio filo al sistema economico e per questo la politica monetaria, seppur importante per stimolare la ripresa economica, non può da sola compiere miracoli se non vi è una politica economica che aumenti la domanda aggregata con maggiori consumi, spesa pubblica, investimenti. Se non vi è questo, difficilmente il sistema bancario, non solo in Italia ma anche in Europa, potrà essere immune da crisi, nonostante si aumentino le dotazioni di capitale.
Il rafforzamento dei sistemi bancari non si contrasta solo aumentando la dimensione degli istituti di credito, perché sovente sono la fotografia del tessuto economico del paese, ed è questo che si deve cambiare se si vuole aumentare la dimensione degli istituti di credito. Non coesistono a lungo banche efficienti con imprese inefficienti e viceversa.
Il volume del business è fondamentale per disegnare il sistema bancario. In Italia la diffusione della piccola impresa, orientata a produzione per conto terzi e per il mercato locale, richiede prodotti bancari molto semplici e facilmente vendibili anche da piccoli operatori bancari. Di norma solo le medie o grandi aziende ricercano banche di dimensioni nazionali e internazionali che li favoriscano nei loro affari, soprattutto all’estero. Noi in Italia abbiamo poche grandi aziende. Dobbiamo chiederci se fissare la dimensione delle banche per legge sia efficiente rispetto all’economia nazionale.
E’ indubbio che l’imprenditoria italiana non sia favorevole a processi di aggregazione e questo aumenta la debolezza delle nostre imprese e banche, soprattutto nei periodi di crisi, e questo limita le possibilità di innovazione e di occupazione.