Vale la pena investire risorse pubbliche sui contratti di solidarietà espansiva? Attualmente questo non accade, soprattutto non accade nella misura necessaria e lo strumento non viene adeguatamente utilizzato. Un peccato, perché si tratta di un modo intelligente per affrontare il problema della disoccupazione e quello parallelo dell’invecchiamento della popolazione impiegata. Molte grandi imprese guardano alla possibilità di utilizzare questo strumento, assumendo così migliaia di lavoratori, per lo più giovani, ma sono disincentivati dalla mancanza di adeguati contributi. Tiziano Treu guarda con disappunto a questa realtà che a suo avviso potrebbe essere adeguatamente affrontata ricorrendo a questo strumento normativo.
Treu perché in Italia i contratti di solidarietà espansiva non hanno avuto fortuna?
I contratti di solidarietà, sia difensiva che espansiva sono stati inventati molti anni fa. Però solo i primi hanno avuto un certo successo. Il meccanismo è semplice, in caso di scarsa produzione si divide il lavoro e anche il salario e lo stato interviene perché questa divisione non sia troppo onerosa per chi rinuncia a una parte del proprio lavoro.
E’ stato un successo immediato?
Assolutamente no. Per tanti anni nemmeno i contratti di solidarietà difensiva hanno avuto un grande utilizzo, perché anche un piccolo sacrificio era ritenuto troppo pesante dai lavoratori. Con la crisi di questi anni la realtà è cambiata, il sacrificio è stato accettato, anche perché intanto lo stato si è assunto una parte notevole della perdita di salario corrispondente.
Il sacrificio non era più così gravoso?
No, e per questo molte aziende hanno utilizzato questo strumento, la solidarietà difensiva, rinunciando ad altri sistemi, primo tra gli altri quello della cassa integrazione ordinaria. Anche se non era sempre agevole, perché non sempre è facile ridurre l’orario di lavoro e perché i limiti posti dalla burocrazia erano molto forti. Ma questa pratica si è diffusa e i casi si sono moltiplicati.
E invece i contratti di solidarietà espansiva?
Purtroppo questa forma di solidarietà non ha avuto successo. Per un motivo, che per sostenere la solidarietà difensiva lo stato ha impiegato dei soldi veri, nel caso della solidarietà espansiva è previsto solo un piccolo rimborso, pari al 15% di quanto si perde. Il sacrificio diventa notevole e quindi è tutto più difficile. E infatti non ci sono casi di utilizzo ed è un peccato, perché lo strumento è molto utile in un periodo come l’attuale in cui il lavoro oggettivamente tende a diminuire.
La remora a utilizzare questo strumento è solo quella legata alla riduzione del salario?
Il punto è che non c’è una cultura adeguata. E’ come per il part time, che a casa nostra ha una diffusione molto limitata, ma in altri paesi industrializzati è la normalità, la metà dei contratti prevedono un tempo di lavoro ridotto. E’ una mentalità tutta differente, come per la staffetta generazionale. Altrove è considerato normale che una persona a una certa età rinunci a una parte del proprio lavoro, perché ha lavorato duramente per tanti anni e si vuole riposare.
Da noi questo non accade.
Accade meno e infatti la staffetta generazionale, nonostante lo stato ci abbia investito delle risorse, non ha avuto un grande successo.
Ma come si può fare per dare spazio alla solidarietà espansiva?
Servirebbe un aiuto da parte dello stato. Se il contributo previsto crescesse in misura accettabile, le aziende potrebbero usarlo più facilmente e i benefici sarebbero assicurati perché un’espansione della base lavorativa è sempre importante, specie se sono giovani che entrano in azienda, con una mentalità diversa, più aperta all’innovazione, spesso più preparati. Servirebbe un apripista, qualcuno che in particolari situazioni provi a verificarne il pregio.
Difficile che ciò accada?
C’è da tener presente la concorrenza dei contratti a tutela crescente, che assicurano la decontribuzione per tre anni, l’incentivo ad assumere più forte che ci sia mai stato. C’è da dire che si tratta però di situazioni molto diverse tra loro. I contratti a tutela crescente non assicurano la crescita dell’occupazione, può trattarsi anche solo di sostituzione, di trasformazione di contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato. Con la solidarietà espansiva no, sono tutti contratti in più rispetto al passato, tutta gente che esce finalmente dalla disoccupazione. In un momento in cui, come dicevamo prima, il lavoro oggettivamente sta calando per tutti i motivi che conosciamo bene, questi strumenti dovrebbero sempre più essere utilizzati. Per questo sarebbe bene che lo stato ci investisse delle risorse.
Massimo Mascini