Uno sciopero con prestazioni ridotte nelle fasce di garanzia. Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Faisa Cisal e Ugl Fna si giocano questa carta a ridosso della manovra nello sciopero di 8 ore indetto per venerdì 8 novembre. La legge 146, che disciplina lo sciopero nei servizi pubblici essenziali, prevede infatti di poter attuare questa modalità una solo volta nell’ambito di una vertenza per il rinnovo del contratto nazionale. Ma, spiegano i sindacati, non verranno meno servizi assolutamente indispensabili per gli utenti o quelli specializzati, di particolare rilevanza sociale, come trasporto disabili o scuola bus. Uno sciopero che, come spiega Stefano Malorgio, segretario generale della Filt-Cgil, sarà preceduto da una campagna di sensibilizzazione nei confronti dell’utenza perché “le ragioni che portiamo in piazza sono le ragioni di tutti”. “Lo sciopero – continua Malorgio – non vuole solo porre l’attenzione al contratto scaduto, ma anche al futuro di un settore strategico, che cuba 11 miliardi di fatturato e occupa 100mila addetti”.
Segretario Malorgio la situazione è così grave come state denunciando?
La situazione è realmente seria. Siamo davanti a un bivio: vogliamo salvare o no il trasporto pubblico locale? La privatizzazione non è una soluzione perché nessun privato si farebbe carico di coprire il 75-80% dei finanziamenti che attualmente sono garantiti dal pubblico. Sotto legge di bilancio diventa importante lo sciopero di 24 ore. Se non dovessimo ottenere risultati proseguiremo la mobilitazione.
Quando c’è uno sciopero difficilmente l’utenza si mette a capire le sigle che lo hanno indetto, se siano esse confederali o autonome, o le motivazioni che vi sono dietro. Proprio per questo avete scritto una lettera per far comprendere ai passeggeri le vostre ragioni.
Ovviamente l’utenza non fa distinzioni. Uno sciopero è uno sciopero. Le categorie di Cgil, Cisl e Uil non ne hanno dichiarati molti ma sono stati tutti molto pensati per l’impatto e l’adesione. Lo sciopero è sempre la manifestazione di un disagio, ma se i lavoratori non vi aderiscono questo non ha successo. Il fatto che non solo ai nostri, ma anche a quelli di sigle meno rappresentative ci sia una buona partecipazione è un elemento da non trascurare. Quello che noi vogliamo comunicare è che se non ci sono più condizioni di lavoro dignitose questo ha un impatto negativo anche su chi prende i mezzi.
Pensa che i tentativi di ostacolare il diritto di sciopero siano in aumento?
Sul diritto di sciopero abbiamo preso una china pericolosa. La Commissione di garanzia si sta muovendo in totale autonomia, senza nessun confronto con le parti sociali. Per il Giubileo ha deciso di aumentare le giornate nelle quali non si può scioperare e noi gli abbiamo fatto notare che se lo proclamiamo non è per piacere ma perché ci sono dei disagi, c’è un contratto da rinnovare. Tutto questo è figlio di un desiderio scomposto di protagonismo da parte della Commissione e, dall’altro, c’è un clima repressivo che si sta diffondendo nel paese e che trova concretezza nei decreti sicurezza, dove molti provvedimenti riguardano proprio l’esercizio delle libertà sindacali.
Vi aspettate una precettazione dal ministro Salvini?
Ad oggi non abbiamo segnali di una possibile precettazione, ma ci aspettiamo che ci convochi visto che la manifestazione sarà sotto il suo ministero e che si assuma degli impegni nei confronti dei lavoratori.
E i rapporti con lui come sono?
Non esiste un rapporto con il ministro, e questo non è un bene perché poi è lui che si siede al Consiglio dei ministri. Gli unici contatti che abbiamo avuto con Salvini sono stati quando ha precettato il nostro sciopero. Invece con la struttura ministeriale il dialogo è aperto.
Da tempo lamentate la scarsità di risorse per il Tpl. La finanziaria vi soddisfa su questo fronte?
Assolutamente no. Nella legge di bilancio manca una visione del sistema dei trasporti, sia correlata alla qualità della vita dei cittadini, sia allo sviluppo industriale. Non è sempre stato così, perché i ministri Delrio o De Micheli hanno provato a strutturare un ragionamento. Questo governo, invece, non dimostra nessun interesse per il settore. I 120 milioni stanziati nella manovra sono una goccia nel mare, visto che il fondo per il settore, in dieci anni, ha perso un miliardo e mezzo, passando da 7 a 5,5 miliardi di euro. Il trasporto pubblico locale è un comparto anti ciclico, ossia più si mettono risorse, migliorando le condizioni, più passeggeri ci sono e più introiti si registrano. Si innesca così un circolo virtuoso. In quest’ottica l’imminente Giubileo potrebbe essere una grande occasione, perché arriveranno nel nostro paese 35 milioni di turisti. Ma se poi non si investe un euro nel trasporto urbano di Roma non dico che la partita è compromessa ma siamo vicini.
Stimate una carenza del personale tra il 10 e il 15% e che manchino 10mila autisti per assicurare il servizio minimo essenziale. Come rendere nuovamente attrattivo il trasporto pubblico locale?
Come prima cosa andrebbe rinnovato il contratto. Al momento registriamo l’immobilismo delle parti datoriali e dopo lo sciopero dovremo sicuramente fare il punto, anche alla luce del fatto se riusciremo a ottenere qualcosa in legge di bilancio. Negli ultimi 20 anni ci sono stati solo tre rinnovi e questo si traduce in salari fermi, colpiti anche dall’inflazione degli ultimi anni, e in un sistema normativo da aggiornare. C’è poi un tema di qualità della vita con gli orari di lavoro che andrebbero rivisti. Già questo potrebbe essere un elemento attrattivo.
Altra grande criticità, che toglie appeal al settore, riguarda le aggressioni al personale. L’ultima, in ordine di tempo, è l’accoltellamento di un capotreno a Genova. Come intervenire?
Da tempo stiamo denunciando le aggressioni al personale. Un fenomeno al quale si può porre rimedio investendo in tecnologia, che ha una funzione di deterrenza, in mezzi puliti ed efficienti perché è provato che più questi sono fatiscenti più aumenta l’aggressività. E poi far sì che il personale possa garantire un controllo dei mezzi pubblici, ovviamente senza sostituire le forze di polizia. Non dobbiamo dimenticarci che in certe zone il trasporto pubblico è un limbo dello stato, un presidio di legalità.
C’è poi una frammentazione delle aziende che non fa bene al settore.
Nel Tpl operano 900 aziende, alcune delle quali piccolissime. Questo impedisce la creazione di un’economia di scala e di un campione nazionale come in altri paesi. In passato si è cercato di perseguire questa strada ma sono mancate due cose: la volontà politica e le risorse.
Questo quanto pesa per il sistema paese?
Molto. Ma più in generale avere, in un paese, un sistema efficiente di logistica e di trasporto delle merci contribuisce al suo sviluppo industriale. E per un’economia come la nostra, molto orientata all’export, avere infrastrutture efficienti è dirimente. Se queste mancano si rischia di perdere dei mercati. E questo vale non per chi produce alta gamma e beni di lusso, sui quali non impattano i costi del trasporto, ma per quelle aziende che si posizionano nella fascia media e per le quali gli oneri della logistica hanno un peso significativo. Non è un caso che i grandi paesi europei hanno armatori, compagnie aeree di bandiera e campioni della logistica. L’unico player che noi abbiamo è Ferrovie.
Non è un buon momento per il sistema per i trasporti, tra radar in tilt, chiodi e ritardi che hanno accompagnato le vacanze di molte persone. A cosa imputa tutti questi incidenti?
Ogni problema ha una sua dinamica e non sempre si può fare sintesi delle cause. C’è però una cosa di fondo ossia che il sistema dei trasporti è intrinsecamente fragile e attaccabile. Quello che è mutato è che ci sono molte meno vie di uscita quando si verifica un’emergenza. Questo perché il numero di merci e persone trasportate ha superato i livelli pre-covid, tranne che per il trasporto pubblico locale. Il nostro sistema infrastrutturale forse non è in grado di governare questa crescita, come si è visto durante l’estate nelle stazioni, porti e aeroporti. Quindi non è che gli episodi sono aumentati o si sono aggravati, ma in un sistema già saturo ogni intervento diventa molto più complesso.
La realizzazione o la manutenzione delle infrastrutture nell’ambito del Pnrr può incidere? E sulla messa a terra delle risorse avete contezza della tabella di marcia?
La costruzione di nuove infrastrutture impatta relativamente sul trasporto. Ciò che accresce i disagi per la circolazione è la manutenzione ordinaria e l’adeguamento tecnologico di quelle esistenti. Sul Pnrr non abbiamo dati, perché non ci vengono forniti, per capire come sta procedendo il Piano. Il fatto che un autorevole esponente del governo e della maggioranza come il ministro Crosetto abbia manifestato, nel corso di un’intervista, la sua preoccupazione circa la messa a terra delle risorse ci pone in allarme.
Tommaso Nutarelli