Torna la concertazione. È questo il senso di quanto è accaduto in questi giorni agli Stati generali di Giuseppe Conte. Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha detto senza troppi giri di frasi che è tempo che si realizzi nel nostro paese una democrazia negoziale, nella quale la politica non abbia il potere assoluto di fare e disfare come crede, ma debba confrontarsi con le parti sociali. Un negoziato difficile, ma ineludibile perché in un momento così duro servono le forze di tutti i protagonisti della vita politica, economica e sociale. In questo modo sarà possibile, se tutti si renderanno conto dell’urgenza di una vera collaborazione, affrontare e perché no risolvere i problemi di fondo del nostro paese: anche e soprattutto quelli che non è mai stato possibile sciogliere. Un accordo come quello del 1993, che appunto varò la concertazione, dandole forma istituzionale. Forse proprio questo fu l’errore di quell’accordo, dare troppa forma al metodo della triangolazione. Quello che importa è che la negoziazione funzioni, che i diversi protagonisti si spendano assumendosi le loro responsabilità, che nessuno abbia la presunzione di essere comunque nel vero e nel giusto, anche se gli altri non sono d’accordo con loro.
C’erano dei dubbi sul fatto che a questo puntasse Carlo Bonomi. Alcune sue uscite dopo la nomina al vertice della confederazione degli industriali avevano fatto temere un comportamento diverso, il sospetto che puntasse a uno scontro con i sindacati, specie quando aveva fatto capire che forse era necessaria una moratoria per i rinnovi dei grandi contratti nazionali in scadenza. Con le parole pronunciate a Villa Pamphilj, Bonomi ha fugato questi dubbi, affermando tra l’altro che saranno proprio i rinnovi contrattuali l’occasione per affrontare i nodi economici più vistosi, primo tra tutti quello della produttività, ferma da trent’anni nel nostro paese.
L’agenda delle prossime settimane, forse mesi, è dunque stilata. Un confronto triangolare sui grandi temi della politica economica e soprattutto della politica industriale per arrivare a un accordo sull’uso delle cospicue risorse messe a disposizione dall’Europa per la ripartenza e una tornata di rinnovi contrattuali serrata per andare a verificare come risolvere i nodi della produttività, salvaguardando in primis la sicurezza e l’occupazione. Alcuni di questi tavoli sono già aperti, la prossima settimana riprende la trattativa per il contratto dei metalmeccanici che, bene o male, resta sempre un’indicazione generale per tutti.
I sindacati non possono che essere soddisfatti. Temevano lo scontro con gli industriali, se questo gli verra’ risparmiato non possono che esserne contenti. I rinnovi contrattuali sono il loro obiettivo naturale, affrontarli è il loro mestiere. Questo non significherà che si tratterà di negoziati in discesa, facili facili. Al contrario, proprio la misura della posta in gioco renderà questi negoziati molto complessi, perché se la produttività è ferma dai primi anni novanta una ragione ci sarà e uscire da quella prigione non sarà semplice. Ma, appunto, è il loro mestiere e lo sanno fare. Anche per quanto si riferisce al dialogo triangolare con il governo non possono che essere soddisfatti, perché è proprio quello che a gran voce e da tanto tempo stanno chiedendo, senza, a dire il vero, incontrare grandi consensi.
Anche questo dialogo non sarà facile, e ne sono precisa spia le prime battute di Bonomi sulla necessità che il governo per prima cosa restituisca quanto preso indebitamente con le accise sul petrolio e paghi quei 50 miliardi di euro che deve ai suoi debitori, che sono appunto le imprese. Ma anche qui, meglio che la polemica sia subito aperta e chiara. Le imprese vogliono quanto il governo deve, è bene che abbiano posto sul tavolo questa richiesta, affinché non si eluda un problema per loro tanto importante. La mediazione, su questo e sugli altri temi che dovranno essere affrontati, non sarà facile, il confronto si preannuncia durissimo. Ma la situazione nella quale si trova il paese chiede che non si facciano sconti, soprattutto che nessuno si illuda di poter nascondere sotto il tappeto la polvere da spazzare via. I problemi ci sono, devono essere presi di petto. È un’occasione, storica, questa per l’Italia, è necessario che tutti ne siano coscienti e nessuno cerchi scorciatoie.
Se si farà questo Bonomi avrà raggiunto l’obiettivo che fin dall’inizio della sua campagna elettorale ha posto: avrà restituito a Confindustria, e alle parti sociali in genere, un ruolo di soggetto politico. Da troppi anni questo ruolo è stato negato nei fatti. Non solo con la disintermediazione avviata da Renzi, perché è almeno al 2000 che il dialogo sociale ha bloccato qualsiasi vero protagonismo delle parti sociali. Tranne la breve parentesi del secondo governo di Prodi, in questi quattro lustri nessun governo ha creduto opportuno dialogare con i sindacati e le rappresentanze di impresa, tutti hanno ritenuto più comodo, o meno disagevole, decidere per proprio conto; al più, far finta di consultare le parti sociali, ma solo dopo che le grandi decisioni (e a volte anche le piccole) erano state già prese. Adesso riprende il confronto vero, di alto livello, la speranza è che il percorso non risulti troppo difficile, che le parti riescano ad arrivare in fondo. L’Italia ne ha bisogno.
Massimo Mascini