La digitalizzazione del paese corre sulle gambe delle Tlc. La premessa, scontata ma non ovvia, è stata il filo conduttore sul forum nazionale delle telecomunicazioni “Connettiamo il futuro: Competenze, Infrastrutture, Transizione Blue & Green e Servizi per il Decennio Digitale Europeo”, che si è tenuto a Roma, al quale hanno partecipato rappresentati delle imprese, dei lavoratori e delle istituzioni.
Massimo Sarni, presidente di Asstel, aprendo i lavori ha descritto lo stato di salute del settore. La spina nel fianco, secondo il rapporto Asstel, si chiama riduzione dei profitti, un trend che da un decennio sta caratterizzando l’andamento del comparto. Nel 2021 i ricavi degli operatori sono stati pari a 27,9 miliardi, -0,6 miliardi rispetto al 2020, con investimenti pari a 7,2 miliardi, con incidenza del 26% sui ricavi totali. Rispetto gli investimenti delle altre utility, come l’energia, quello delle telecomunicazioni si conferma il settore con il maggior valore aggiunto, seppur con ricavi e prezzi in calo. In uno scenario che vede un costante incremento del traffico dati e il necessario incremento degli stanziamenti, per le aziende Tlc aderenti a Confindustria sarebbe sempre più ragionevole pensare di dividere gli oneri con le compagnie Big Tech.
A questo si aggiunge il caro energia per un comparto fortemente energivoro ma che, ancora, tale non è considerato. Le proposte di Asstel per mitigare i costi partano dalla richiesta di un garantire alla filiera un trattamento analogo a quello di altre filiere energivore, attraverso l’esenzione degli oneri di sistema, l’applicazione del credito d’imposta, la messa a disposizione di energia da fonti rinnovabili a un prezzo calmierato e l’estensione, oltre il 2022, dell’iva al 5% per il gas.
Guardando allo stato dell’arte del mondo del lavoro, le sfide del futuro passano attraverso la formazione e le competenze, il ricambio generazionale, lo smart working, l’equità e la valorizzazione della diversità.
Lo scorso anno mediamente sono state erogate 12 giornate di formazione e il 94% degli operatori ha avviato percorsi di upskilling e reskilling. Il tema delle competenze rappresenta il tallone d’Achille per le aziende durante la ricerca dei nuovi talenti, soprattutto nelle cosiddette discipline STEM. Il 60% delle imprese dichiara, infatti, di non riuscire a trovare i profili desiderati, e da qui al 2026 ci sarà un mismatch annuale tra domanda e offerta di 13mila posti di lavoro. In quest’ottica l’azione di Asstel si concentra in una sinergia sempre più stretta e proficua tra mondo del lavoro e della formazione, soprattutto con gli istituti tecnici superiori. C’è poi il lavoro da remoto, non più come strumento emergenziale, ma nuova forma di lavoro strutturale, capace di garantire un aumento della produttività accanto a un maggior bilanciamento tra vita privata e lavorativa.
Per la direttrice di Asstel, Laura Di Raimondo, le grandi sfide che attendono il settore non possono patire ulteriori ritardi. Il contratto collettivo, spiega, si è sempre posto come un grande laboratorio nel quale dar vita a soluzioni innovative, grazie a un sistema di relazioni industriali altamente partecipativo e condiviso, dove sindacati e imprese non discutono unicamente dei temi del lavoro ma delle scelte di politica industriale. Il tassello del quale si è sentita di più la mancanza in questi anni secondo Fabrizio Solari, segretario generale della Slc-Cgil. In chiave futura formazione e politiche attive saranno una leva imprescindibile per Alessandro Faraoni, segretario generale della Fistel-Cisl, per sostenere al meglio tutta quella forza lavoro più avanti negli anni, ma non ancora vicina al traguardo della pensione. Questo richiede la ripresa di un dialogo serrato con le istituzioni, secondo Salvo Ugliarolo, segretario generale della Uilcom-Uil, sostanzialmente interrottosi quando Carlo Calenda era l’inquilino del ministero dello Sviluppo Economico.
Tommaso Nutarelli