Si avvicina lo sciopero del 22 dicembre che interesserà oltre cinque milioni di lavoratori nel commercio, turismo e terziario. Ora, afferma Davide Guarini, segretario generale della Fisascat Cisl, ci siamo lasciati alle spalle gli effetti più duri della pandemia, e ci sono tutte le condizioni per arrivare a rinnovi che ricompensino i lavoratori sotto il profilo economico, senza barattare il salario con i diritti. Le controparti, sostiene, rimuovano le pregiudiziali poste ai tavoli di trattativa e si assumano la responsabilità per arrivare al più presto alla chiusura dei contratti, fermi da troppo tempo. Il salario minimo, prosegue non è la via giusta, e il carrello tricolore lo definisce un esercizio puramente teorico, perché la scontistica sui prodotti al consumo è sempre stata applicata.
Segretario Guarini in che stato di salute arrivano i settori che rappresentate allo sciopero del 22 dicembre?
Tutti i settori hanno vissuto trasversalmente le limitazioni imposte dal covid e poi l’impennata dei costi legati al caro energia. Sappiamo bene come tutto questo abbia impattato sulle aziende ma anche sui lavoratori, con un massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali. Parte del commercio e del terziario, come anche turismo e il mondo del termale e del benessere si sono rimessi in moto, superando, nel 2023, i numeri pre-pandemia. La grande distribuzione organizzata, dopo i blocchi dovuti al virus, si è ripresa, la distribuzione alimentare non si è mai fermata, e il commercio sta mettendo a segno, nonostante l’inflazione, cifre importanti per la crescita dei prezzi al consumo dei prodotti. In contrapposizione, in una economia che sta reggendo in maniera significativa, non ci sono risposte sul piano salariale e normativo. Ora, dunque, ci sono tutte le condizioni per arrivare a dei rinnovi contrattuali che riconoscano la giusta dignità alle lavoratrici e ai lavoratori.
A che punto sono le trattative?
In ballo ci sono dieci contratti da rinnovare, 4 nel macrosettore terziario, 6 nel turismo, che interessano oltre cinque milioni di lavoratrici e lavoratori, e quindi oltre cinque milioni di famiglie. Ovviamente i vari comparti presentano le proprie peculiarità. Nel turismo, dove i contratti sono tutti scaduti tra il 2018 e il 2021, le trattative, avviate nel 2019 poi sospese nel periodo covid e riprese nel post pandemia, si è concentrata solo sugli aspetti normativi, tenendo fermo e posticipando la discussione sugli aspetti economici. Ad oggi, vista la situazione e la speculazione presente nel settore, crediamo sia arrivato il momento di dare risposte economiche alle lavoratrici e ai lavoratori, allineate al costo della vita, come previsto dagli accordi interconfederali in materia. Nel commercio, lo scorso anno, avevamo raggiunto con le associazioni imprenditoriali un accordo ponte per mettere più soldi in tasca ai lavoratori, con 350 euro di una tantum e 30 euro di acconto sui futuri aumenti contrattuali, importo che però non è sufficiente e non può sostituire l’aumento salariale definito dai rinnovi contrattuali. Inoltre ci confrontiamo con delle controparti che non sempre si muovo in modo armonico, anche se poi chiedono a noi di evitare differenze che potrebbero innescare fenomeni di dumping. Al di là di queste diversità, abbiamo riscontrato atteggiamenti comuni, che di fatto hanno messo fine alle trattative.
Quali?
Le controparti hanno posto delle pregiudiziali che di fatto rendono impossibile il confronto. Non si possono barattare le retribuzioni con alcuni istituti contrattuali, che sono anche economici, come le quattordicesime, gli scatti di anzianità o i permessi retribuiti. Noi chiediamo una cosa semplice: partire dall’Ipca, che è un semplice calcolo matematico, per determinare gli aumenti salariali, e poi dai li avviare i negoziati, senza depotenziare diritti acquisiti dei lavoratori, che fanno parte della storia delle relazioni industriali di questi settori. Questo non è il modo di rinnovare e innovare i contratti. Ed è anche un’operazione poco lungimirante, che non rende attrattivi i comparti e non risolve la carenza di manodopera che le aziende denunciano. La componente retributiva in tal senso non è da sottovalutare.
Su quali leve bisogna agire per riaccendere l’entusiasmo verso questi settori?
Come si può pensare che le giovani generazioni decidano di lavorare nel turismo o nel commercio se vengono toccate le buste paghe e si depotenziano i diritti? Sono lavori che richiedono passione e sacrificio. La richiesta di flessibilità è molto alta, perché si lavora durante i fine settimana e i festivi, con turni e orari frammentati. Una flessibilità che molto spesso si trasforma in precarietà. Dunque senza salari adeguati o i permessi che possono conciliare lavoro e vita privata sarà molto difficile trovare nuova manodopera. Quello che occorre è un massiccio piano di riqualificazione, di formazione professionale e innovazione tecnologica. Tutto questo è indispensabile per smantellare quella narrazione che vede nel commercio o nel turismo un lavoro di rango inferiore rispetto ad altri settori.
Alcune controparti, come Confcommercio, parlano di sciopero politico. Cosa risponde?
Forse altri scioperi possono essere politici ma non questo, nel quale chiediamo il giusto riconoscimento all’impegno che le lavoratrici e i lavoratori hanno sempre messo in campo, anche durante la pandemia. Quindi togliamo le pregiudiziali poste ai tavoli di trattativa. Si tratta di dare respiro a retribuzioni colpite da due anni di inflazione a doppia cifra, soprattutto nel 2022 e nel 2023.
Si riferisce al salario minimo? Chi lo sostiene afferma che sia necessario soprattutto nei vostri settori.
È indubbio che nel nostro Paese ci sia un tema salariale da affrontare con urgenza. Ma la discussione, seppure sia molto accesa sul versante politico, viene affrontata molto spesso con poca consapevolezza. Nel terziario e nel turismo la retribuzione oraria inferiore ai 9 euro l’ora riguarda i lavoratori inquadrati ai livelli più bassi, nel caso del commercio al 7° livello che coinvolge una platea limitata di addetti. Crediamo che bisogna guardare a tutti gli elementi che compongono la retribuzione lorda annuale garantita dalla contrattazione. Il salario minimo legale non è la via giusta, non è la strada corretta mettere sullo stesso piano settori produttivi diversi attraverso il salario. Anche la direttiva europea sottolinea come nei paesi, come il nostro, dove c’è un forte e avanzato sistema contrattuale con oltre il 97% di lavoratrici e lavoratori coperti da contrattazione, bisogna prendere come punto di riferimento le retribuzioni dei contratti maggiormente e comparativamente più rappresentativi. Quello che chiediamo è che ci sia, anche da parte del legislatore, un supporto alla buona contrattazione e a quella di secondo livello per il recupero della produttività, incentivi per i rinnovi contrattuali e penalità per quelle rappresentanze imprenditoriali che non rinnovano i contratti nei tempi previsti. E poi un vero contrasto al dumping.
Sta per concludersi il trimestre anti-inflazione. Come lo giudica?
Crediamo ci sia molta demagogia in quello che è stato messo in campo. La scontistica è sempre stata applicata nella distribuzione alimentare il carrello tricolore è solo un esercizio puramente teorico. Che però ci fa dire che se si sono trovati i soldi per abbassare il prezzo dei prodotti sugli scaffali per aiutare giustamente i consumatori, si devono trovare anche i soldi per compensare chi quei prodotti li mette sugli scaffali, e quindi le lavoratrici e i lavoratori che da troppo tempo attendono il rinnovo dei contratti nazionali.
In che modo proseguirà la mobilitazione?
Noi abbiamo chiamato alla mobilitazione le lavoratrici e i lavoratori, con l’auspicio ci sia una elevata adesione dello sciopero del 22 dicembre che porti velocemente alla riapertura delle trattative, già nel mese di gennaio, e che porti altrettanto velocemente ai rinnovi dei contratti nazionali del terziario, distribuzione e servizi, della distribuzione moderna organizzata, della distribuzione cooperativa, del turismo ricettivo e alberghiero, della ristorazione collettiva e commerciale, delle aziende termale e delle agenzie di viaggio e turismo, scaduti da troppo tempo.
Tommaso Nutarelli