E’ il pragmatismo il tratto distintivo del mondo del terziario in questi anni difficili. Affrontare i problemi man mano che si presentano, guardando alla loro realtà, cercando l’unità di intenti con tutti i sindacati. Mario Sassi, responsabile delle relazioni sindacali di Confcommercio, crede che sia la coesione sociale l’arma migliore per affrontare le difficoltà e per questo cerca di smussare tutti i punti di attrito. E per questo lavora per far rientrare il dissenso che la Cgil ha avuto al momento del rinnovo del contratto nazionale.
Sassi, che relazioni sindacali avete avuto nel terziario in questi anni di crisi?
Non posso parlare di relazioni difficili o di contrapposizione. Ci hanno aiutato gli strumenti creati negli anni, soprattutto la bilateralità, e il sistema salariale del nostro contratto. Ma soprattutto abbiamo vissuto con molto pragmatismo. Se c’è un problema, lo affrontiamo, cerchiamo di risolverlo. Facendo sempre molta attenzione all’occupazione. Per noi i posti di lavoro sono molto importanti, è il terziario ha bilanciato i grandi esodi dall’industria.
Quindi non avete avuto grandi problemi.
Li abbiamo avuto, ma li abbiamo affrontati sempre con senso di responsabilità, e unitariamente, con pragmatismo, orientati alla loro soluzione.
Avete avuto difficoltà diverse a seconda dei settori?
Certo, ogni settore ha le sue spine. Nella grande distribuzione abbiamo avuto problemi per le chiusure o i ridimensionamenti delle grandi superfici, gli ipermercati. Questa è forse una dimensione che non ci appartiene, l’abbiamo importata dall’estero, dalla Francia soprattutto, non è sicuramente il modello del futuro. Ma anche in questi casi abbiamo agito sempre in maniera pragmatica, guardando alla realtà dei problemi e cercando di risolverli.
Diverso il caso dei piccoli esercizi?
Durante la crisi i piccoli esercizi hanno sofferto molto, abbiamo avuto 30mila chiusure, con effetti sul lavoro autonomo come su quello dipendente. Ha sofferto in particolare chi aveva un contratto a tempo determinato, i co.co.pro, perché non sono stati confermati. Ci ha aiutato la cassa integrazione in deroga, che ha attenuato il colpo.
Con i sindacati avete mantenuto buoni rapporti?
Sì. Anche se si è creato un problema non indifferente quando la Cgil non ha firmato il rinnovo del contratto nazionale. Ma anche in questo caso abbiamo cercato di attenuare la portata del dissenso.
Ci siete riusciti?
Direi di sì, grazie alla presenza della Filcams negli organi della bilateralità e nei vari fondi che gestiscono la previdenza e l’assistenza integrative e la formazione. E poi in questi anni di crisi abbiamo agito sempre in grande sintonia con tutti e tre i sindacati. Del resto, quando la crisi esplode è evidente che non ci sono responsabilità su cui recriminare, la realtà è quella che si vede, e l’unica cosa da fare è unirsi per cercare di attenuare il danno.
State cercando di recuperare con la Cgil anche per il contratto nazionale?
Stiamo lavorando in questa direzione, convinti che il sindacato confederale è destinato a camminare tutto assieme. Le differenze ci sono, ma la cultura è comune, non si può arrivare a vere lacerazioni. Del resto l’accordo che hanno firmato a fine giugno presuppone proprio la volontà delle parti di trovare terreni comuni per dialogare.
Voi non lo avete firmato quell’accordo.
Non siamo stati coinvolti. Del resto, avevamo già provveduto a risolvere i problemi di assetto contrattuale con il nostro contratto nazionale. E quella parte era stata accettata anche dalla Cgil. Il dissenso è scoppiato per altri temi, soprattutto per il trattamento di malattia.
La Cgil vorrebbe estendere quell’accordo a tutto il mondo del lavoro. Voi sareste d’accordo?
Come le dicevo, tutta la materia contrattuale l’abbiamo già regolata, anche sul tema delle deroghe. L’accordo non ci porterebbe altro.
La manovra vi ha causato molti problemi?
Sì, soprattutto l’aumento dell’iva, perché abbiamo calcolato che darà luogo a una riduzione dei consumi dello 0.8%. Abbiamo spiegato al governo che in settori come il nostro, così diverso dalle grandi aziende, come la Fiat, occorre trovare le soluzioni coinvolgendo le parti, mantenendo una forte coesione sociale, portando vanti relazioni sindacali efficienti, soprattutto evitando le lacerazioni.
Le norme sui licenziamenti vi interessano?
L’articolo 18 non è stato toccato. Per quanto ci riguarda le deroghe devono essere realizzate per temi legati alla produttività, agli investimenti, alle crisi locali. Non abbiamo alcuna volontà di aggirare l’articolo 18.
Firmereste un accordo per non applicare mai l’articolo 8 del decreto del governo, come ha suggerito la Cgil?
Firmeremmo un accordo che confermi quanto è scritto nel nostro contratto. Non abbiamo nessuna volontà di andare oltre. Peraltro, un accordo del genere sarebbe utile per riavvicinarci alla Cgil anche sui temi contrattuali.
Perché il lavoro è sempre più marginale nella società?
E’ evidente che il lavoro non ha nel dibattito generale il peso che invece dovrebbe avere. Si sottovaluta che il conflitto che esiste oggi, più che quello ottocentesco tra capitale e lavoro, è soprattutto generazionale e territoriale. Se il tema centrale deve essere quello della coesione sociale, questa non è realizzabile senza affrontare i temi del lavoro per i giovani e dello sviluppo del Mezzogiorno. Ma allora si dovrebbe riprendere il discorso generale sulla scuola, sulla formazione professionale, sul valore del lavoro. Dobbiamo imparare a cambiare le nostre priorità e a comportarci di conseguenza.
Massimo Mascini