Situazione tesa all’Ilva di Taranto dove dalle 14 di ieri parte degli operai è in sciopero. Oggi migliaia di impiegati non sono entrati nello stabilimento paralizzando buona parte dell’attività. L’azienda è stata costretta a mettere in stand by gli altoforni 4 e 5, presto forse si fermerà anche l’altoforno 2, che attualmente sta marciando a regime minimo. Fra gli operai si sono diffuse voci secondo le quali l’azienda avrebbe problemi di liquidità e non sarebbe in grado di pagare i prossimi stipendi e ottemperare agli impegni presi con l’Aia. Allo sciopero ad oltranza avviato ieri dalla Fim Cisl, si sono uniti oggi anche i sindacati di base. In mattinata alcuni operai hanno bloccato l’accesso della portineria C, quella da cui transitano i camion con la merce in ingresso ed uscita. Intanto stasera i segretari generali di Cgilm, Cisl e Uil sono stati convocati a Palazzo Chigi.
In diverse zone dello stabilimento sono in corso assemblee permanenti dei lavoratori per decidere sul da farsi. Il presidente dell’ Ilva Bruno Ferrante sarà a Taranto martedì prossimo per annunciare la strategia aziendale decisa nell’ultimo consiglio di amministrazione. Il giorno dopo sarà a Taranto anche il ministro per l’Ambiente Corrado Clini.
Lo sciopero ad oltranza potrebbe causare problemi di sicurezza agli impianti dell’Ilva. Il prefetto di Taranto, Claudio Sammartino, nel pomeriggio ha incontrato una delegazione degli scioperanti ai quali ha chiesto di far tornare al lavoro un numero minimo di persone nelle due acciaierie per garantirne la sicurezza. Per Film-Cisl, la sicurezza degli impianti è comunque garantita da apposite squadre di tecnici ed operai che intervengono ogni qualvolta per scioperi o altri motivi non è assicurata la regolarità dell’attività lavorativa.
Ancora una volta sul fronte sindacale si registra una frattura: Fiom e la Uilm di Taranto non hanno aderito allo sciopero ad oltranza e sottolineato l’importanza dell’incontro di martedì prossimo con il presidente Ferrante. Sciopero ritenuto incomprensibile da Uilm e Fiom, anche alla luce di quanto comunicato recentemente dal direttore dello stabilimento Adolfo Buffo che aveva garantito l’imminente e graduale ripartenza di alcuni impianti, col conseguente rientro in fabbrica di molti lavoratori all’inizio di febbraio.
Da alcune settimane, infatti, l’area a freddo è ferma per decisioni aziendale, dopo che la magistratura ha confermato il sequestro delle merci, un milione e 700mila tonnellate fra coils e lamiere per un valore di un miliardo di euro, prodotte nei quattro mesi in cui gli impianti dell’area a caldo erano sotto sequestro e l’azienda non ne aveva la facoltà d’uso.