Gaetano Sateriale merita una breve replica. A proposito delle stelle fisse e dei loro pianeti io non ricordo di essermi espresso con le parole che mi ha attribuito. Sarei propenso a ritenere che mi abbia confuso con Alfiero Grandi, che era il mio ‘’aggiunto’’ nella Cgil dell’Emilia-Romagna. Ma non intendo insistere troppo. Gaetano è senza dubbio un uomo d’onore e di buona memoria. Comunque siano andate le cose, la mia non sarebbe stata in ogni caso una condivisione degli assetti sociopolitici di quei tempi lontani. Non ho mai avuto la convinzione di un primato del partito sul sindacato. Sono sempre stato un sindacalista impegnato ed un militante socialista disincantato e spesso critico.
Ma Sateriale non può negare che le grandi ideologie del secolo scorso avevano ‘’organizzato’’ l’intera società: dai contadini ai commercianti; dagli artigiani alle attività sportive; dalla cooperazione agli stessi sindacati. E quant’altro. Ciò non significa che non ci fossero un confronto dialettico e un ambito specifico in cui ciascun soggetto collettivo potesse svolgere il proprio ruolo. Poi da noi è successo che la tempesta (im)perfetta dei primi anni ’90 ha risparmiato Atlantide e travolto tutti gli altri continenti. Per dirla con la metafora che mi ricorda Gaetano, sono esplose le stelle fisse mentre sono sopravvissuti i pianeti, che ora vagano, sperduti, al di fuori della loro orbita nello spazio infinito. Alla ricerca, innanzi tutto, di una propria identità, perché non sono stati in grado di rimanere sé stessi.
E’ vero: la Cgil esiste ancora e non ha mai avuto la necessità di cambiare nome. Ma non è più la stessa di Luciano Lama. E neanche quella di Bruno Trentin. Lama ebbe il coraggio di affermare in un’intervista storica che il salario non può essere una variabile indipendente; Trentin a Chianciano Terme – quando la Cgil era contestata dal nascente sindacalismo radicale – non esitò a dire, appena eletto segretario, che anche i lavoratori possono sbagliare. Non ho mai sentito Susanna Camusso sostenere che sono le dinamiche demografiche a imporre un innalzamento dell’età pensionabile, proprio per dare sostenibilità al sistema, mantenere in equilibrio il mercato del lavoro tra domanda ed offerta, non caricare costi esorbitanti sulle giovani generazioni. Trovo invece vergognosa, demolitoria ed opportunista la piattaforma presentata da Cgil, Cisl e Uil sulle pensioni.
Ma soprattutto temo che la contaminazione delle forze populiste non sia una questione chiusa il 4 marzo, ma un processo in atto (prima di tutto nella testa della gente), sul quale si giocherà la stessa leadership della Confederazione, al Congresso. Io temo che i ‘’barbari’’ possano vincere. Mi pare che questo timore – a leggere gli interventi sul Diario del lavoro – sia condiviso da importanti dirigenti, venuti a mio avviso troppo tardi allo scoperto, i quali – diversamente dal sottoscritto – vivono la realtà quotidiana dell’organizzazione.
Giuliano Cazzola