All’inizio della settimana scorsa, si è svolta a Roma una riunione degli Esecutivi unitari dei sindacati dei pensionati Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uilp-Uil. L’incontro, cui hanno partecipato sia i Segretari generali di questi tre sindacati che quelli delle tre Confederazioni di appartenenza, è stato molto affollato. Per ciò che riguarda i partecipanti “in presenza”, basti dire che, al Centro congressi Frentani, è stato fatto il pieno; ma sono stati molti anche quelli che hanno seguito la riunione per via telematica.
Duplice il tema dell’incontro: da un lato, la piattaforma unitaria dei sindacati dei pensionati, dall’altro la legge sulla non autosufficienza.
Sulle pensioni, basterà qui dire che è stato registrato un coro di critiche alle intenzioni espresse dal Governo su tutto lo spettro delle problematiche in discussione.
Ma ciò che vorrei segnalare, è quella che mi è parsa una novità importante: il tema della non autosufficienza è diventato centrale nell’analisi dei Sindacati dei pensionati e delle Confederazioni. E, per apprezzare la cosa, basterà ricordare che, il 16 novembre 2019, questo tema era collocato al nono posto sui dieci punti proposti con la manifestazione nazionale unitaria fatta al Circo Massimo. Più in generale, si può dire che, negli ultimi venti anni, quello della non autosufficienza è stato un tema ricorrente in molte occasioni sindacali, ma mai quello centrale.
In questo caso, invece, tutta la discussione ha riconosciuto la rilevanza del tema, innanzitutto, per le sue proporzioni. Landini ha parlato di più di 3 milioni e mezzo di persone non autosufficienti (per l’esattezza, 3 milioni e 800mila), con 7 milioni di familiari coinvolti. Trecentomila sono gli anziani non autosufficienti accolti nelle Rsa. Un milione le badanti (la Fondazione Moressa parla di 2 milioni, ma esagera). Seicentomila gli addetti ai servizi. Come spesa pubblica, si tratta di 15 miliardi, mentre ammontano a 9 miliardi le spese dirette delle famiglie.
Nella riunione, è stata concorde la critica a un sistema inadeguato che, spesso, si intreccia o coincide con il sistema sanitario. Quest’ultimo, peraltro, rimane separato da quello socio-assistenziale che sta in capo ai Comuni.
E’ stato invece apprezzato il disegno di legge delega di riforma che è stato varato dal Governo Draghi nella sua ultima riunione e che va però approvato entro marzo 2023, pena la perdita dei soldi del Pnrr. Sono stati chiesti miglioramenti del disegno di legge con l’osservazione che, se gli assetti territoriali del sistema sanitario non coincideranno con quelli del sistema socio-assistenziale, non ci sarà modo di superare l’attuale condizione di separazione. Una condizione che, peraltro, non sarà risolta dalle nuove strutture territoriali del Sistema sanitario come gli ospedali e le cosiddette Case di comunità. Inoltre, avranno vita difficile i Punti unici di accesso (Pua), mentre sarà ben difficile praticare la valutazione multidimensionale della condizione delle persone per decidere il tipo di assistenza da organizzare in loro favore.
Il tema delle risorse emerge quindi come decisivo, tanto più che il disegno di legge di riforma sarebbe a costo zero. Infatti, anche se – grazie al Pnrr – sarà possibile realizzare nuove strutture, non si vede come potranno funzionare senza nuovo personale. Nella riunione è stata anche avanzata l’idea di ricorrere al fondo europeo Mes sanitario che renderebbe disponibili 37 miliardi a costo zero.
Per quanto riguarda il tema badanti, è stato riconosciuto che coincide con il fenomeno immigrazione. Però, non sono state affacciate idee su come affrontare l’assistenza domiciliare andando oltre a quella fornita dal sistema che oggi è in carico alle/ai cosiddette/cosiddetti caregiver e, appunto, a badanti dipendenti dalle famiglie. Per quanto si sappia che esiste un sistema di imprese che forniscono questo servizio in forma imprenditoriale, non si sono ancora viste eventuali proposte volte a superare gli aspetti più barbari del mercato attuale, valorizzando le esperienze positive.
Al termine della riunione, è stato riconosciuto che non sussistevano le condizioni per discutere un eventuale documento conclusivo unitario. Come poi si è visto, in questa fase non c’è intesa fra le Confederazioni sulle forme di lotta e di pressione da esercitare nei confronti del Governo Meloni tra chi pensa di poter ottenere oggi risultati, quanto meno, apprezzabili e chi ritiene che con la legge finanziaria per il 2023, oggi in discussione, non ci sia da illudersi di ottenere risultati importanti. Tuttavia, chiarire bene i termini del contendere potrà essere utile per svolgere a tutto campo un confronto decisivo nella fase successiva.
Aldo Amoretti