Tanto tuonò che piovve. Il primo confronto tra governo e sindacati dopo le manifestazioni di maggio ha portato un allontanamento tra le confederazioni sindacali, con Cgil decisa a un irrigidimento dei rapporti con l’esecutivo, la Cisl più conciliante, pronta a portare avanti il confronto, la Uil ancora incerta, ma sul piede di seguire l’esempio della sorella maggiore. Nulla che non fosse atteso perché tutti gli osservatori concordavano sul fatto che alla prova dei fatti la fragile unità d’azione tra le centrali sindacali non avrebbe retto. Ma non è giusto nemmeno credere che le strade delle tre confederazioni si siano allontanate per sempre e che la divisione sia destinata a divenire strutturale. La realtà è molto diversa ed è bene intendersi prima di dare per definitiva un’impressione.
Landini è stato netto nel suo giudizio. Ha rilevato che finora non ci sono stati risultati degni di nota e che di conseguenza la mobilitazione continua. Fin dove voglia spingersi il segretario generale della Cgil non è chiaro, anzi è stato volutamente lasciato in sospeso proprio per non dare nulla per scontato. E lo stesso ha fatto Luigi Sbarra, il suo omologo della Cisl, che si è limitato a dire che le aperture del governo sono una realtà, che in quanto tali non devono essere fatte cadere, ma che nulla è detto, tutto dipenderà dall’esito del confronto. Insomma, siamo sempre al bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno. Per il momento quindi il confronto proseguirà poi, più avanti, sulla base degli esiti, si deciderà cosa fare, ciascuna confederazione caparbiamente per conto suo.
Del resto, non poteva che andare così, per il momento. Perché il negoziato, che sia sterile o fecondo, comunque è in corso e nessuno ha interesse a precorrere i tempi. Ci sarà modo più avanti per decidere se vale la pena continuarlo o meno: il compito di ogni buon sindacalista resta quello di restare comunque al tavolo di negoziato fin quando è possibile. E questo faranno sia la Cgil che la Cisl. Valgono a poco le argomentazioni di chi afferma che la Cgil (con la Uil sulla stessa barca) ha voluto lo sciopero generale contro Draghi, non può permettersi di non ripetersi con un governo guidato dal partito più a destra che ci sia in Italia. Perché le decisioni sono strettamente legate ai comportamenti, solo questi possono determinare l’esito del confronto. E poi resta il fatto che non c’è in giro aria di grande disponibilità allo sciopero e comunque andare adesso a uno sciopero generale lascerebbe insoluto l’interrogativo su cosa fare dopo.
Del resto, il governo ha manifestato importanti aperture, anche se solo a parole e senza indicare troppe date o troppe quantità. Ma ha mostrato la volontà di voler portare avanti un dialogo con i sindacati su un numero elevato di problemi, tutti o quasi tutti quelli che erano stati elencati dai sindacati nei precedenti incontri. Fisco, pensioni, salari, occupazione. Cifre non ne ha fatte molte, è vero, ma ha fatto riferimento alla crescita del Pil, per quest’anno più elevata di quanto previsto, il che mette a disposizione un po’ di risorse. Quindi ha una sua valenza continuare a trattare.
Giorgia Meloni, però ha detto una cosa importante con grande chiarezza, che le richieste sindacali, pur tutte valide e comprensibili, ha sottolineato, se fossero accettate dall’esecutivo porterebbero a una spesa di alcune decine di miliardi di euro, che il governo non ha e non avrà nemmeno in futuro. Per cui si dovrà compiere una scelta, difficile e dolorosa ma inevitabile, per decidere dove puntare. È un antico problema del sindacato questo, perché scegliere non è mai facile ma se questa scelta non la fa il sindacato, alla fine la fa il padrone o chi si trova dall’altra parte del tavolo.
Su una cosa la Cgil è stata ferma, sul no all’autonomia differenziata, affermando senza mezzi termini che è una proposta sbagliata, capace solo di dividere ulteriormente il paese, per cui va tolta dal tavolo del confronto. Una presa di posizione con un tratto specificamente politico, tanto è vero che la risposta è venuta immediata, ma non dal governo, che al riguardo non ha mosso ciglio, ma dalla Lega di Matteo Salvini che ha subito affermato che l’autonomia è prevista dalla Costituzione e si farà.
Tutto ciò significa che non ci sarà mai lo sciopero generale che qualcuno aveva ipotizzato? Assolutamente no, perché il confronto a un certo punto terminerà e tutto il sindacato, la Cgil, ma anche la Cisl, dovranno decidere cosa fare. Con tutta probabilità se ne riparlerà in autunno, perché a quel punto il governo dovrà mettere a punto la legge di bilancio, decidendo cosa e come spendere nel 2024 e le parti sociali prenderanno posizione. Per il momento ci si scalda con qualche manifestazione, come quelle che la Cgil ha messo in cantiere per il 24 giugno a sostegno della sanità pubblica e per il 30 settembre contro l’autonomia differenziata. Poi si vedrà.
Massimo Mascini