L’ospedale San Camillo di Roma ha deciso di indire un concorso per due medici ginecologi non obiettori. Le reazioni a questa scelta sono state diverse. Le più contrarie quelle della Cei e del Ministro della salute, Beatrice Lorenzin. Il diario del lavoro ha intervistato la responsabile delle politiche di genere della Cgil Nazionale, Loredana Taddei in merito alla polemica suscitata dal San Camillo e dall’ intera Sanità della Regione Lazio che ha trovato l’appoggio del Presidente Nicola Zingaretti.
Loredana Taddei, cosa ne pensa della vicenda in questione?
Penso che questo bando parli da solo. Se c’è bisogno di fare un concorso per reclutare ginecologi non obiettori siamo di fronte ad una spia di allarme di quanto sia disapplicata in Italia la legge 194. Non è un caso che ci sono stati due ricorsi alla Corte Europea con due sentenze nell’arco di due anni che hanno condannato lo Stato italiano per il mancato rispetto della legge. Il primo ricorso al Consiglio europeo è stato presentato da Laiga (Libera associazione ginecologi per l’applicazione della legge n°194) e dall’ International Planned Parenthood Federation European Network (Ippf En). La sentenza è arrivata nel 2014 e condanna l’Italia. Un reclamo analogo è stato presentato dalla Cgil, sempre nel 2013, che includeva nel reclamo la penalizzante situazione lavorativa dei medici non obiettori negli ospedali italiani. Anche questa sentenza si è espressa negativamente nei confronti dello Stato. Inoltre, il Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea si è espresso in merito e ha dato tempo all’Italia fino al 2017 per applicare la legge. Il Ministro della Salute, Betarice Lorenzin continua a sostenere che queste sentenze non hanno condannato l’Italia né al primo reclamo né nel secondo, addirittura sostenendo che il reclamo della Cgil è stato eliminato dalla sentenza del consiglio dei Ministri. Questo fatto va smascherato perché le condanne ci sono state ed entrambe sono definitive e non si cancellano.
Qual è la situazione dei medici non obiettori in Italia?
In Italia i medici non obiettori sono in seria difficoltà perché, essendo in pochi, sempre meno, devono sostenere una enorme mole di lavoro. Con differenze consistenti di possibilità di carriera , ma anche di restribuzione, tra medici obiettori e non. Tutt’ora i medici che praticano l’aborto sono vicini alla pensione e hanno rinunciato alla carriera per applicare la legge 194, soprattuto perché sono cresciuti in tempi in cui la legge sull’interruzione della gravidenza è stata una conquista e credevamo nel diritto di scelta delle donne. Questi medici a mano a mano che vanno in pensione riducono il numero del personale che garantisce l’aborto negli ospedali. Per esempio, nell’ospedale di Trapani è andato in pensione l’unico medico non obiettore presente nell’ospedale della città è questo vuol dire che è impossibile praticare un aborto in questo momento. Ecco a cosa servono i bandi come quello del San Camillo.
Qual è la situazione negli ospedali della Regione Lazio?
Nel Lazio l’obiezione arriva a circa l’80% su una media italiana del 70%. Però bisogna considerare che quando parliamo di obiettori ci riferiamo non solo ai medici ma anche agli anestesisti, agli infermieri e a tutto il personale medico. Il Ministro della salute nega la quantità preoccupante di obiettori del nostro paese giocando sui numeri. Il Ministro ci dice che gli aborti sono in diminuzione ma la verità è che non contano il sommerso. Vengono contate semplicemente le interruzioni di gravidanza effettuate, non il numero delle domande di igv. L’intenzione è solo quella di sabotare e svuotare una legge che non trova pace da 40 anni.
Qual è la ragione degli attacchi alla legge 194? C’è un problema demografico?
C’è un problema di controllo del corpo delle donne. Gli uomini non parlano mai quando si tratta di casi di violenza e femminicidio ma mettono bocca su tutto quello che riguarda l’attività riproduttiva, dall’aborto alla maternità surrogata. Troppi uomini parlano di qualcosa di cui non sanno. E’ a rischio la nostra libertà di scelta, la nostra autodeterminazione. Per quanto riguarda, infatti, la riduzione preoccupante delle nascite il problema sta proprio nel diritto a poter scegliere tra mettere al mondo un figlio o no. Non ci è concesso scegliere e tutto si complica se parliamo delle donne migranti. Le donne hanno difficoltà a reinserirsi nel mondo del lavoro se decidono di avere un figlio perché il datore di lavoro lo considera un handicap e non un valore sociale. Poco tempo fa un’azienda ha esposto un annuncio di lavoro che escludeva donne incinta e uomini single con figli. La mole di lavoro a cui sono sottoposte le donne è discriminante. Infatti, dobbiamo considerare anche la mancanza di servizi, la mancanza di asili nido, lo smantellamento del welfare che incide sulla vita delle donne e le limita nelle proprie scelte. L’invecchiamento della popolazione aumenta il carico di lavoro perché notoriamente le donne sono costrette al doppio lavoro occupandosi dei bambini tanto quanto degli anziani.
Qual è l’impegno della Cgil?
Il nostro impegno è quotidiano, sulla legge 194, sulle discriminazioni e le disuguaglianze, ma soprattuto sul lavoro, il lavoro che non c’è o è sottopagato, in particolare per donne e giovani, ostacolando lo sviluppo dell’Italia intera. In questa direzione va anche la campagna per i due SI ai referendum popolari sul lavoro, per abrogare la responsabilità solidale negli appalti e i voucher, che riguardano milioni di lavoratori e lavoratrici. Più della metà sono donne.
Alessia Pontoriero