La proposta di “Pensione di garanzia per giovani e precari” come illustrata in varie modalità dalle organizzazioni sindacali rischia di concretizzarsi in un messaggio devastante del tipo: “Non preoccuparti troppo dei lavori irregolari; una pensione minima ti sarà comunque assicurata”. Anche se “La pensione di garanzia non è un sussidio, non è un regalo, non deve andare a tutti, ma solo a chi ne ha bisogno” come precisa Enzo Cigna della Cgil.
Dopo che tra il 2006 e il 2008 si è affondata la proposta di Romano Prodi (anche perché sostenuta da Giuliano Cazzola insieme a Tiziano Treu e da un parallelo gruppo di strani soggetti me compreso) per un sistema che fosse fatto di un minimo uguale per tutti pagato con il fisco al quale sommare la pensione contributiva ridimensionata è ben difficile trovare la soluzione che sia al tempo stesso equa ed efficiente.
La soluzione con meno controindicazioni sarebbe una quota garantita mensile (30 euro?) per ogni annata di contributi versati o figurativi. Così 40 anni di contributi darebbero un minimo di 1.200 euro mensili; venti anni 600 euro.
Si risolverebbe così il problema di chi lavora part time tutta la vita, stagionali ricorrenti e di badanti e colf che, con l’attuale livello di contributi, pur essendo in regola, non arriverebbero a pensione neppure con i 67 anni di Fornero e con 40 anni di lavoro regolare.
Rimane comunque irrisolto un altro mistero: come ridurre i contributi (cuneo), migliorare le pensioni e al tempo stesso predicare ai giovani, anche precari, di mettere soldi per la pensione integrativa.
Aldo Amoretti