“Respingiamo fermamente le modalità con la quale Eni sta affrontando la discussione sullo smantellamento della chimica di base in Italia. Non c’è la volontà politica di fare una trattativa, l’azienda ha discusso solamente di tattica per gestire la vertenza. A questo ci opponiamo fermamente”. Cosi il segretario confederale della Cgil, Pino Gesmundo, dopo che la delegazione della Cgil ha lasciato il tavolo con Eni dove si stava cercando di venire a capo della vertenza Versalis. l dirigente sindacale spiega che “l’azienda ha riconfermato che il piano è quello presentato e non ha intenzione di tornare indietro anche a dispetto delle opinioni espresse dalle Istituzioni locali che, sempre a detta dell`azienda, o accettano il piano o faranno i conti con le chiusure. La decisione di Eni incide sull`intero sistema industriale del Paese. Il Governo e la politica devono assumersene la totale responsabilità. In assenza di un sussulto di dignità dell’Esecutivo Meloni e del Ministro Urso – annuncia Gesmundo– la nostra lotta si intensificherà fino ad arrivare, insieme alle categorie della Cgil Filctem, Fiom, Filt, Fillea e Filcams, alla mobilitazione generale di tutto il settore della chimica”.
Diametralmente opposta la visione dell’Eni. Il gruppo infatti ribadisce che lo sviluppo dei nuovi progetti, per i quali sono previsti investimenti per 2 miliardi di euro, “è condizionato alla fermata dei cracking di Brindisi e Priolo”. Lo stop, spiega, è necessario al fine di ridurre le ingenti e costanti perdite causate da una crisi strutturale e irreversibile del settore a livello europeo e consentire lo sviluppo dei nuovi progetti”. Quanto all’incontro con i rappresentanti sindacali, per l’Eni il tavolo ha prodotto “progressi significativi nello sviluppo del piano”, tra cui la possibilità di mantenere in conservazione gli impianti di Brindisi dopo la fermata nell’ipotesi di recupero di sostenibilità, e un nuovo sviluppo industriale a Ragusa a supporto delle nuove filiere produttive. Il piano, secondo la nota Eni, coniugherà “le molteplici esigenze di mantenere l’intensità industriale e occupazionale nei territori, di portare ingenti investimenti con importanti ricadute positive anche sull’indotto, sia durante la fase della costruzione che durante l’esercizio e di recuperare la redditività dell`azienda passando da un mercato in crisi cronica a nuovi mercati più sostenibili e in crescita”. Inoltre, precisa ancora il Gruppo, “non vi saranno impatti sulle attività degli stabilimenti Versalis di Ferrara, Ravenna e Mantova, che già oggi vengono riforniti via nave o via tubo da Porto Marghera, e che continueranno a esserlo con prodotti acquisiti a livello globale, a prezzi più vantaggiosi e da diverse aree geografiche del mondo, come di fatto già avviene per buona parte delle forniture di tali prodotti in Italia”.
Ma le rassicurazioni non bastano alla Cgil. Sul piede di guerra non solo i Chimici: anche i metalmeccanici della Fiom annunciano la mobilitazione sul caso Versalis, avvertendo che a rischio, oltre ai dipendenti diretti dell’azienda chimica, ci sono ‘’almeno 13 mila metalmeccanici. “Il piano di chiusura non ha visto alcun confronto con i sindacati metalmeccanici e ha prodotto anche una rottura più generale che alimenta tensioni sociali. Questa decisione avrà ricadute pesantissime sui territori e sul sistema industriale del Paese”, affermano Barbara Tibaldi, segretaria nazionale Fiom e Loris Scarpa, coordinatore nazionale energia. “L’Eni, azienda partecipata dallo Stato, vuole mettere in atto un piano di chiusura degli stabilimenti di cracking di Priolo in provincia di Siracusa e di Brindisi, senza aprire nessun confronto e nessuna trattativa. Senza assumersi la responsabilità sociale di tutti i lavoratori compresi i metalmeccanici” affermano i due sindacalisti, che si rivolgono poi al governo: “chiediamo al Governo assumersi le sue responsabilità: di intervenire e convocare le organizzazioni sindacali con urgenza per evitare le chiusure. Nelle prossime ore terremo assemblee con le lavoratrici e i lavoratori e decideremo tutte le azioni necessarie a impedire la perdita del lavoro e la distruzione dell’industria”.
Si mobilita anche l’opposizione parlamentare: “Non è dignitoso quello che stanno combinando il Ministro Urso e Descalzi -afferma Chiara Appendino, vicepresidente dei 5Stelle – Non è dignitoso lasciare per strada 20.000 persone, non presentarsi ai tavoli di crisi, non tutelare chi è più debole e uccidere un intero comparto indebolendo il Paese anche dal punto di vista della dipendenza energetica. Voi state facendo una battaglia contro un pezzo di Stato che sta dalla parte sbagliata: Urso è il boia che sta portando avanti una scelta precisa, quella di uccidere il settore chimico e la dignità dei lavoratori. Noi continueremo a far sentire la nostra voce in Parlamento e sui territori.” Appendino ha partecipato al presidio indetto dai sindacati Cgil dei Chimici, Edili, Metalmeccanici, Trasporti e Commercio davanti alla sede Eni di Roma.
A sua volta, il Pd accusa il Governo di “farsi umiliare dall’ Eni, accettando la chiusura della chimica di base”. “La decisione di chiudere gli stabilimenti di Brindisi e di Priolo è la certificazione della fine della chimica di base in Italia, un salto nel vuoto che renderà il nostro paese dipendente da filiere di approvvigionamento estere. Una decisione sbagliata, che risponde alla logica perversa di trasformare Eni in una realtà finanziaria senza alcuna prospettiva industriale. Il tutto nel silenzio del Governo che si umilia ad accettare che un tavolo cruciale per il destino dell’industria Italiana e di migliaia di lavoratori si svolga nella sede di Eni e non a Palazzo Chigi”, dichiarano i deputati dem Antonella Forattini, Ubaldo Pagano e Claudio Stefanazzi, a loro volta presenti alla manifestazione Cgil.
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