Ho letto con una certa sorpresa che il Senato accademico della Statale di Milano di fronte ai tagli finanziari ministeriali e nonostante i continui aumenti delle rette universitarie ha appena instaurato il numero chiuso anche per le materia umanistiche come storia e filosofia. Col dubbio del Ministero, nel rispetto dell’autonomia accademica.
Rimango perplesso: sarà una brillante idea in un Paese dove il tasso di laureati è già tra i più bassi d’Europa? certo, molti emigrano dopo la laurea…dunque per qualcuno non sarebbe utile investire nella formazione a causa delle “fuga dei cervelli” (anche se molti giovani emigrano senza titolo di studio).
In tutta l’Europa, 50 anni fa, c’è chi denunciava l’Università dei baroni (mandarins , in francese) e che oggi si ritrova con l’Università-azienda (o pseudo-azienda) dalla missione sempre meno culturale (studenti come cittadini) e sempre più professionalizzante (studenti come consumatori). Presso l’Università Parigi 1, viene appena istaurato un mumero chiuso all’accesso nel secondo anno di laurea magistrale in filosofia. Lì in applicazione (secondo il Senato accademico) delle istruzioni ministeriali.
Da Francese, sono ancora più dubbioso: in Francia, una parte dell’Università le “grandes écoles” pubbliche o private sono iperselettive e progressivamente i risultati diventano deludenti, fino a produrre élites mostruose: autoreferenziali, arroganti e mediocri, ma decisamente rapaci..La selezione si legittima della “meritocrazia”: borse di studio ieri (les boursiers de la République) e prestiti bancari oggi (all’americana) non garantiscono una uguale opportunità sociale di accesso, ma soprattutto il titolo di studio selettivo come ticket de mantenimento (o d’ingresso) nei ceti medi-alti della gerarchia sociale è un fattore di riproduzione della società oligarchica contemporanea.
Da un decennio, i giovani trader francesi partivano a Londra e oggi dopo il Brexit lasciano la City e tornano in Francia, ma rimane comunque il potere dell’economia finanziaria sulla società. Ci servirebbero meno élites e più cultura diffusa, come anche l’insegna in Francia il numerus clausus agli studi medici e le “quote” (come il latte) agli studi infermieristici: oggi e ancora di più domani scarseggiano i medici di diverse specializzazioni rimpiazzati da medici del Sud del mondo e vengono importate con successi limitati infermiere spagnole o dell’Est. Chiusura delle élites e mancanza di professionisti: non sempre il malthusiano numero chiuso dà buoni risultati!
Già difficile da manipolare per le professioni regolamentate (medici, infermieri) oppure giustificabile per motivi di mercato (traders, anche se la speculazione finanziaria autorizza una offerta in inflazione), il numero chiuso è poco adatto a studi umanistici, che sboccano su diversi mestieri e occupazioni o che costituiscono spesso una formazione “culturale” integrativa per ragazzi impegnati in un indirizzo formativo principale, ma con voglia di riflessione e di apertura sul mondo sociale. Per non parlare di tanti adulti già occupati (oppure in ricerca di occupazione) che sentono il bisogno di una formazione non solo professionalizzante ma anche culturale a un momento della carriera.Co numero chiuso ovunque, l’Università potrebbe diventare meno universalistica?
JOM31Pisa