Un miliardo di incentivi per sostenere l’auto elettrica da un lato, e, dall’altro, un impegno (piuttosto vago) a produrre il milione di auto annue necessario per garantire la sopravvivenza degli stabilimenti italiani di Stellantis. Questo, in sintesi, il succo dell’incontro di questa mattina tra l’azienda automobilistica, presente al tavolo dopo molto tempo, i sindacati e il governo, riuniti al Mimit. Stellantis era rappresentata da Davide Mele, responsabile Corporate affairs, che ha ribadito puntigliosamente “il forte impegno” dell’azienda nei confronti dell’Italia, ma ha chiesto che “la demagogia resti fuori dalla porta”, affermando che “serve una soluzione per la sostenibilità delle nostre attività in Italia”. Il tutto mentre il Ceo di Stellantis, Carlos Tavares, in una intervista a Bloomberg affermava che in Italia potrebbero chiudere diversi stabilimenti, a partire da Mirafiori e Pomigliano, a causa delle politiche dell’attuale Governo che non sostiene sufficientemente la diffusione della mobilità elettrica in Italia. Nel frattempo, al tavolo del governo, Davide Mele, a nome di Stellantis, spiegava la posizione dell’azienda a governo e sindacati, parlando di un “obiettivo comune” per “sostenere la produzione di veicoli in Italia nei prossimi anni”, e accennando all’ “ambizione” di raggiungere “anche il famoso milione di veicoli” tra auto e commerciali.
“Noi non ci tiriamo indietro – ha detto Mele – ma riteniamo fondamentali alcuni specifici fattori abilitanti in questo cammino verso l`elettrificazione del parco auto italiano: gli impatti delle normative sulla continuità della produzione attuale a prezzi accessibili, il proseguimento a lungo termine di incentivi adeguati alla vendita di veicoli elettrici e del rinnovamento del parco, lo sviluppo della rete di ricarica per sostenere i clienti e la competitività dei costi industriali, incluso il miglioramento del costo dell’energia, che è chiaramente messo in discussione dall’offensiva cinese con un vantaggio competitivo del -30%”. La produzione, ha sottolineato, “è strettamente correlata alla domanda di mercato e quindi se vogliamo puntare a determinati obiettivi dobbiamo tenere in grande considerazione non solo il produttore, ma anche il cliente. In base alla domanda dei clienti, noi produciamo le auto e non il contrario. Ecco perché è fondamentale stimolare la domanda con auto a prezzi accessibili”. Per Mele, il succo è che i clienti “possano acquistare le nostre auto, fornendo così attività e posti di lavoro ai nostri stabilimenti. Ed è possibile, come hanno dimostrato, per esempio, i nostri colleghi di Atessa, con una qualità migliorata di 7 volte e costi ridotti del 30%. Ecco perché Atessa è la pietra miliare mondiale della business unit Pro One LCV di Stellantis, che esporta l’85% della sua produzione”.
“Oggi – ha aggiunto Mele – abbiamo raggiunto un nuovo traguardo per avere gli strumenti adeguati ad aiutare un mercato che da troppo tempo non riusciva ad imboccare la giusta strada della transizione energetica, relegando l’Italia a fanalino di coda europeo nello sviluppo dell’elettrificazione a quattro ruote. Ora possiamo metterci tutti ai nastri di partenza, per ottenere il miglior risultato e per rilanciare anche la produzione delle vetture elettriche e Hybrid che già produciamo a Mirafiori, Melfi e Pomigliano”.
Poi, quasi in risposta alle polemiche politiche di cui è stata oggetto Stellantis nelle ultime settimane, Mele ha ricordato che “l’Italia sta beneficiando delle dimensioni di Stellantis e del suo portafoglio di 14 marchi iconici. Il gruppo contribuisce attivamente alla bilancia commerciale italiana: oltre il 63% dei veicoli prodotti lo scorso anno negli stabilimenti italiani di Stellantis sono stati esportati all’estero. In particolare, lo scorso anno sono stati prodotti oltre 752 mila veicoli (auto + veicoli commerciali), in crescita del 9,6% rispetto al 2022, di cui oltre 474 mila sono stati commercializzati all’estero. Possiamo migliorare? Certamente, è un nostro obiettivo perché, come ho già detto, Stellantis è fortemente impegnata in Italia e lo ha fatto in modo concreto negli ultimi anni per soddisfare la domanda del mercato. L’azienda ha investito diversi miliardi di euro nelle attività italiane per nuovi prodotti e siti produttivi, tra cui la gigafactory di Termoli e il Battery Technology Center di Mirafiori”. Ciò che conta, per Mele, è “la proiezione verso il futuro che intendiamo sostenere in tutti gli stabilimenti, lasciando la demagogia fuori dalla porta. È necessario concentrare le nostre energie per trovare una convergenza per una soluzione che porti alla sostenibilità delle nostre attività in Italia, nel contesto dell’offensiva cinese sul mercato automobilistico europeo. Questa è la posta in gioco, niente di più e niente di meno. Stellantis, infatti, fin dalla sua costituzione ha lavorato con determinazione e velocità per anticipare e supportare la transizione energetica di tutti i suoi siti industriali italiani”.
In questo quadro, i Contratti di Sviluppo, concordati il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, sono parte integrante ed essenziale del processo di transizione: “per questo riteniamo – dice Mele – sia importante portare a termine velocemente quelli in fase più avanzata per non rallentare l’attività produttiva”. In sintesi, Stellantis è più che mai convinta “che se ogni stakeholder farà la sua parte l`automotive potrà tornare a recitare il ruolo che merita in un panorama europeo sempre più incerto ma che deve avere nell’Italia e nelle sue politiche industriali un esempio a cui guardare”. Dunque, ha concluso, “Adesso è il momento di agire e fare capire a tutti gli automobilisti che l’auto elettrica è una strada su cui non è più possibile tornare indietro e bisogna crederci veramente, visto che abbiamo già stanziato ingenti investimenti in Italia per localizzare le nostre nuovissime piattaforme STLA Medium (autonomia di 700 km) e STLA L (autonomia di 800 km) installata quest’ultima solo in ITALIA. Queste piattaforme sono le più avanzate e costituiscono un punto di riferimento e l’Italia è l’unico Paese Stellantis al mondo ad averle entrambe”.
La risposta del governo arriva per bocca del ministro Urso: “se Stellantis e Tavares ritengono che l’Italia debba fare come la Francia, che recentemente ha aumentato il proprio capitale sociale all’interno di Stellantis, ce lo chiedano. Se è quello, se vogliono una partecipazione attiva possiamo sempre discuterne e possiamo ragionare insieme”. Per l`automotive, ha ricordato, il governo ha messo sul tavolo “un piano straordinario di incentivi di quasi un miliardo di euro”. Ma, ha avvertito il ministro, il 2024 è un “anno sperimentale” per gli incentivi al settore auto: “se l’obiettivo dell’aumento della produzione di veicoli nel nostro paese (il famoso milione) non fosse raggiunto, dal prossimo anno le risorse del fondo automotive saranno indirizzate non più a incentivare i consumi, ma a sviluppare nuovi investimenti produttivi nel nostro paese, anche di riconversione produttiva”.
Insoddisfatti i rappresentanti dei sindacati. Sia Fim che Fiom e Uilm ritengono infatti che incentivi ed ecobonus siano utili, ma non sufficienti. Quello che occorre e’ una politica industriale per l’auto che dia garanzie al settore e ai lavoratori. Ma la Fiom accoglie intanto con soddisfazione l’apertura di Urso relativamente all’ingresso nel capitale di Stellantis: “Il Ministro ha aperto ad una valutazione, come da noi richiesto, rispetto all’opportunità dell’ingresso del capitale pubblico in Stellantis in modo da rafforzare la presenza della multinazionale nel nostro Paese”, hanno commentato Simone Lodi e Maurizio Oreggia al termine dell’incontro. Per i metalmeccanici Cgil tuttavia “un piano di soli incentivi non basta. Incentivare la domanda dovrebbe essere l’atto finale di una politica industriale sul settore dell`automotive nel suo complesso. Ad oggi non abbiamo avuto alcuna garanzia sull’occupazione e sulla produzione nei siti italiani di Stellantis e nelle aziende della filiera della componentistica”. Per la Fiom-Cgil sono anche necessari interventi legislativi specifici come la cassa per transizione che garantisca continuità occupazionale e salariale “ragionando anche in termini di riduzione dell’orario di lavoro”. A sua volta Palombella, per la Uilm, si dichiara “insoddisfatto”: “non c’è stata nessuna azione del governo nei confronti di Stellantis sui vincoli che deve rispettare. Ci è stato detto che sui tavoli monotematici cercheranno di vincolare Stellantis, e non solo, al rispetto di questi impegni. Il tema non è il numero di vetture da produrre, si parla di un milione. Il punto è come si riesce ad avere produzione a Mirafiori, Cassino, Melfi e Termoli”.
E Roberto Benaglia, segretario generale della Fim Cisl, osserva che “Il tema degli incentivi è sicuramente importante perché il settore sta soffrendo, ma esiste un tema legato alla questione industriale che il tavolo non ha affrontato. Nel nostro Paese siamo davanti più che a una transizione a una torsione del settore automotive che rischia di spezzarsi. Per questo le risorse del fondo automotive devono essere rivolte al sistema della componentistica che deve adeguarsi rispetto all’elettrificazione e incentivare la riqualificazione dei lavoratori, ma anche siglare un patto con Stellantis che confermi la sua permanenza e rafforzamento di tutti i siti in Italia, soprattutto che questa riempia di volumi produttivi i plant del nostro Paese che attualmente lavorano poco. A partire da Mirafiori. Nelle prossime settimane bisognerà accelerare il confronto con Stellantis per attuare gli impegni sui siti produttivi e l’occupazione e garanzie di progettualità che diano futuro ai lavoratori di Stellantis in Italia visto che oggi rappresenta il principale produttore del nostro Paese”.
Nunzia Penelope