Il diario del lavoro ha intervistato il segretario generale della Fim Cisl, Roberto Benaglia, in merito alla firma per il rinnovo del contratto collettivo specifico di lavoro con Stellantis Italia. Per il segretario, l’accordo ha raggiunto il miglior risultato possibile e sarà apripista per i prossimi rinnovi dei contratti nazionali.
Benaglia, come siete giunti a questo accordo e soprattutto: siete soddisfatti?
Si, siamo molto orgogliosi e contenti. Abbiamo presentato una piattaforma in un momento dell’economia, della vita delle imprese e dell’automotive molto complicato, tra inflazione, caro energia, mancanza di microchip e in piena transizione ecologica. Il sindacato non deve fare altro che contrattare e rappresentare gli interessi dei lavoratori. La trattativa è durata solo quattro mesi, ma ‘ stata molto intensa, con incontri quasi settimanali, raggiungendo un’efficacia pari ai livelli europei, dove i confronti negoziali sono molto stringenti. Nel nostro ambito è normale a volte tenere i contatti aperti un anno o più, infatti, purtroppo, abbiamo molti contratti nazionali che sono fermi da anni. Rinnovare i contratti è il principale mestiere del sindacato, e con questo contratto ci abbiamo messo impegno, abbiamo lavorato con convinzione.
Qual è stato il vostro rapporto con le controparti?
Abbiamo trovato una controparte che non ha fatto resistenza o melina, non ha cercato di utilizzare dei diversivi. Noi, a nostra volta, non abbiamo fatto scioperi, bracci di ferro o picchetti. Abbiamo discusso insieme e ci siamo concentrati sul fatto che le persone devono essere meglio motivate e remunerate, a maggior ragione con l’aumento di produttività che stiamo registrando in questi settori. Siamo entrati subito nel merito, cioè su come aggiornare l’impianto del contratto, migliorandolo in tema di salute e sicurezza, diritto allo studio, sistema partecipativo, smart working. Nel contratto è presente anche una estensione del diritto di congedo per le donne vittime di violenza.
Tra i vari capitoli qual è in punto che ritenete di maggior peso e importanza?
Diciamocelo chiaro: questo contratto è essenzialmente salariale. Il tema del potere d’acquisto e dei salari è il principale per i lavoratori e per il sindacato. Inoltre, mi permetto di dire che questo è il contratto che raggiunge il massimo e migliore risultato possibile. Un aumento in due anni dell’11,3% dei salari, 6,5% quest’anno e 4,5% l’anno prossimo, più 400 euro una tantum e per finire un aumento dei premi di produttività. Tutto questo è sicuramente il risultato più consistente nel panorama dei contratti di tutta l’industria, un accordo storico che deve fare da pilota. Il potere d’acquisto si difende soprattutto con la contrattazione. Poi ci dev’essere un governo che interviene e che abbassa il cuneo fiscale, che detassa gli aumenti se possibile.
Quindi un contratto che riesce a recuperare l’inflazione
Si, questo 11,3% di aumento sui minimi tabellari, più i 400 euro una tantum, permettono di avere il pieno recupero dell’inflazione, a differenza di altri contratti dove spesso questo recupero è parziale. Qui non adottiamo il meccanismo IPCA, come succede in Confindustria. Un risultato forte insomma, dato che il montante salariale generato dai minimi, dall’una-tantum e dai flexible benefit che i lavoratori incasseranno nel biennio, sarà pari a oltre 4.300 euro medi; questa massa di risorse non la muove nessun contratto.
Sul fronte dell’unità sindacale, questo contratto non è stato firmato dalla Fiom Cgil. Cosa è successo e perché si è tenuta la trattativa su due tavoli separati?
La trattativa si è tenuta su due tavoli perché la Fiom non ha mai firmato e riconosciuto i contratti precedenti. È chiaro che sono i firmatari di un contratto quelli che ne possono chiedere il rinnovo. La Fiom per alcuni mesi ha trattato e poi ha smesso di farlo. Mi lasci dire questo: il mestiere del sindacato è produrre risultati, non è fare interviste o declamare belle opinioni. Se un sindacato non tratta sui salari e non li difende, soprattutto in questo momento, non capisco per quali obiettivi ci si debba alzare dal letto la mattina. Voglio essere netto da questo punto di vista: si è parlato in passato di una Fiom esclusa, isolata, qui però non siamo di fronte un accordo separato, ma superiore. Perché questo è il miglior accordo possibile in chiave italiana sul tema dei salari. Un accordo che si può paragonare ad altri accordi fatti dai sindacati europei nello stesso settore. Sono sorpreso di come la Fiom non abbia capito che stare a fianco a noi e condividere questo percorso fosse importante. Non faccio polemiche, ma non voglio più sentire di accordi separati perché nessuno è stato separato. C’è qualcuno che è rimasto fermo e questo, soprattutto in questo momento, significa lasciare i lavoratori senza copertura salariale.
In passato, un contratto difficile come quello nazionale metalmeccanico, vi ha visto uniti nel 2016 prima e 2021 poi, ma in questo è mancata l’unità; certo è difficile comparare due realtà così diverse, però ha sorpreso.
Esatto, ci sono esperienze politiche diverse e congiunture storiche diverse, non si possono fare paragoni. Ovviamente siamo ben contenti di essere uniti, non solo nel tavolo di Federmeccanica ma in tutti i tavoli aziendali dove spesso i rinnovi sono quasi completamente unitari, anche per quanto riguarda il secondo livello. Trovo assurdo che nell’anno 2023 si pensi di trattare ideologicamente con uno scontro nelle relazioni industriali con Stellantis o Ferrari.
Quindi su cosa si dovrebbe concentrare un sindacato?
Il tema è portare qualcosa di concreto ai lavoratori. Il sindacato nasce per questo. Quando c’è bassa inflazione possiamo anche permetterci di fare polemiche sul risultato salariale relativo, sul welfare, su altri temi. In questo caso aver risposto alle aspettative salariali non è scontato, è nei momenti di difficoltà che bisogna essere capaci di portare a casa risultati. Questo accordo è apripista anche per quanto riguarda la partecipazione: adesso è il momento di capire che i lavoratori non sono più persone da pagare il meno possibile, bisogna riconoscere il lavoro, che porta produttività alle imprese.
La partecipazione è una parola cara alla Cisl. Come si manifesta in questo accordo?
Il tema non è quante volte scriviamo questa parola in un testo ma come riusciamo a farla vivere partendo dal basso, dai reparti, dalle aziende, azionando meccanismi in cui imprese e lavoro migliorano i risultati proprio grazie alla partecipazione. Abbiamo una architettura molto forte di relazioni industriali, soprattutto a livello aziendale. Le commissioni dei delegati e Rsa hanno potere di confronto su molti capitoli, come la sicurezza sul lavoro, smart working, organizzazione del lavoro. La partecipazione è importante solo se incide sulla vita concreta dei lavoratori.
Sulla formazione, un’altra parola che spesso rimane vuota, in questo accordo avete fatto dei passi avanti
Si, già avevamo dei sistemi di fusione della formazione con l’Accademy aziendale molto forte e coinvolgenti per i lavoratori. Adesso abbiamo fatto dei passi avanti con il diritto allo studio, perché le persone vogliono crescere mentre lavorano, e riaprire questa possibilità ai lavoratori è fondamentale. Infine, il tema delle competenze è centrale, anche per le imprese; quindi sviluppare più formazione e coinvolgimento, non tanto misurando le ore spese di studio, ma individuando che tipo di formazione serve realmente, è il nuovo paradigma che stiamo cercando di sviluppare insieme a Stellantis.
Emanuele Ghiani