Ricominciamo, come cantava Antonio Pappalardo. Ricominciamo da Sergio Mattarella e da Mario Draghi. Come se non fosse successo niente in tutte queste settimane e soprattutto negli ultimi giorni? Non sarà esattamente così, tuttavia…
Tuttavia il Presidente resta al suo posto, grazie a un plebiscito di quasi tutti i Grandi elettori. E al suo posto resta anche il premier, fino alla fine della legislatura si immagina. Si tratta dell’ennesimo fallimento della politica? Può darsi, soprattutto si tratta del fallimento dell’attuale leadership dei nostri partiti. Che non sono stati capaci di trovare un accordo per eleggere un nuovo Presidente al Quirinale, costringendo gli italiani a passare giornate intere su un’altalena fastidiosa, di quelle che ti fanno venire la nausea. Alla fine tuttavia è uscita fuori la soluzione migliore, grazie al Parlamento che in un crescendo rossiniano ha votato per Mattarella. Spesso non seguendo le indicazioni dei rispettivi leader ma rispecchiando, una volta tanto, il sentimento prevalente della maggioranza dei cittadini.
Dunque, tutto è bene quel che finisce bene? Non tutto, forse. Per esempio non finisce bene per Matteo Salvini e per il centrodestra. Il leader della Lega si è arrogato il diritto di essere il king maker del nuovo Capo dello Stato ma non ne ha azzeccata una. Passando da una rosa di tre nomi, mai messa in votazione, alla prova di forza sulla Presidente del senato Elisabetta Casellati, uscita a pezzi dalle urne di Montecitorio. Per finire con l’uscita serale davanti alle telecamera di venerdì scorso in cui ha annunciato che una donna sarebbe stata eletta Capo dello Stato, facendo chiaramente capire che quella donna era Elisabetta Belloni, attuale capo dei servizi segreti, persona stimata da tutti ma che non era affatto la candidata dal vertice precedente con Enrico Letta e Giuseppe Conte. Il quale Conte, subito dopo, ha rilanciato la stessa proposta. Ovviamente Letta si è imbufalito, visto che non era questa la strada che avevano deciso di seguire, o almeno non era il nome da rendere pubblico. Anche perché nel suo partito non tutti erano d’accordo con questa soluzione. Considerando che non fosse democraticamente ortodosso eleggere come Presidente della Repubblica la responsabile dei servizi segreti. Stessa idea l’ha espressa molto chiaramente Matteo Renzi, così come Forza Italia, centristi vari e pure Leu di Roberto Speranza. E non finisce bene neanche per Conte, che ha oscillato come un pendolo dimostrando per l’ennesima volta la sua indole trasformistica. Un po’ stava con Letta, un po’ con Salvini, soprattutto con se stesso: ma alla fine è rimasto solo, abbandonato anche da molti suoi parlamentari capeggiati da Luigi Di Maio, che per giorni li ha incoraggiati a votare Mattarella. Ovviamente non ne esce bene neanche Giorgia Meloni, che si è dichiarata fermamente contraria al bis di Mattarella (e soprattutto alla continuazione del governo di Draghi). Però Meloni può restare tranquilla all’opposizione per un altro anno, lucrando giorno dopo giorno consensi ai suoi (ex?) alleati.
In ogni caso, le due coalizioni ne escono disgregate, in particolare il centrodestra che si è addirittura diviso sul voto per Mattarella (Fratelli d’Italia ha votato per Carlo Nordio), per non parlare degli scontri furibondi tra la Meloni e i suoi alleati accusati anche di tradimento. E delle stesse divisioni profonde all’interno della Lega, con il ministro Giancarlo Giorgetti e i governatori del nord schierati compattamente contro Salvini e i suoi contorcimenti totalmente improduttivi. Ovviamente anche dall’altra parte non mancano i problemi: la fragilità del famoso campo largo invocato da Letta, con i Cinquestelle e Leu, ha dimostrato di non essere affatto solido. Tutt’altro.
In ogni caso, dopo l’ennesima notte di riunioni, telefonate, vertici, sfuriate, alla fine, la mattina di sabato è spuntato l’accordo: tutti per uno, uno per tutti. Mattarella for president per la seconda volta, Draghi resta al governo con la sua eterogenea (chiamiamola così) maggioranza. Ma nulla sarà come prima, come dicevano qualche anno fa i no global nelle loro manifestazioni in giro per il mondo. I rapporti tra e nei partiti ne escono piuttosto logorati, nel centrodestra come nel centrosinistra. Difficile pensare che si ricominci come se non fosse successo niente. Lo stesso governo Draghi, e lo stesso premier, saranno scossi dall’ondata quirinalizia. Oltretutto tra poco più di un anno ci saranno le elezioni politiche, dunque non bisogna essere dei profeti per immaginare che la vita dell’esecutivo verrà funestata da una lunga e rabbiosa campagna elettorale. Ogni partito della maggioranza farà il diavolo a quattro per ottenere provvedimenti legislativi favorevoli alla sua parte, sarà una battaglia fino all’ultimo miliardo in arrivo dall’Europa.
Servirà tutta la capacità, tutto il carisma, il prestigio e tutta la pazienza di Draghi per evitare un terremoto che a quel punto sarebbe irrecuperabile. Ce la farà, Super Mario? Ai posteri l’ardua sentenza.
Riccardo Barenghi